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Data: 28/01/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Disgelo Di Maio-Grillo E via la candidata no vax. Il sondaggio: per il 22% il fattore Roma può essere un freno a votare 5Stelle

ROMA «Se volete continuiamo a starci ancora un po' sul ....». Il sempre misuratissimo Luigi Di Maio si lascia andare e cerca di allentare la tensione davanti all'obiettivo della telecamera che deve immortalare il momento del disgelo tra lui e Beppe Grillo. Succede ieri sera a Cesena, nel teatro dove sta per andare in scena Fake, lo spettacolo di Grillo a cui Di Maio ha voluto assistere soprattutto per restaurare l'immagine di unità affettuosa con l'ex comico che la politica ora la farà completamente slegato dai server di Casaleggio.
VIDEO
«Io non lo sopporto», recita Di Maio in primo piano nel video pubblicato in diretta streaming su Facebook. E sempre parlando di Grillo dice. «Poi continua a fare spettacoli nonostante sia il Garante del M5S. Io glielo dico, tu sei il Garante, non puoi fare solo spettacoli ci devi dare una mano». Solo in quel momento compare Grillo che rifila uno sguardo e parole gelide nei confronti della stampa e con la stessa rigidità riceve l'abbraccio di Di Maio. «Beppe Grillo è fondamentale e nelle prossime settimane faremo questa campagna elettorale insieme», aveva detto Luigi Di Maio entrando a teatro dopo una giornata in giro per l'Emilia-Romagna, dove ha incontrato anche gli esponenti della Confindustria modenese.
Lo scouting per gli uninominali intanto continua. Tra gli esterni spunta il campione Domenico Fioravanti, due volte oro nel nuoto alle Olimpiadi di Sidney, che scenderà in campo in Piemonte. In Calabria ci sono due testimoni di giustizia Gaetano Saffioti e Pino Masciari. Continua l'ingaggio di docenti universitari come Mauro Coltorti e imprenditori come il trevigiano Franco Storer, presidente di Casartigiani Veneto, che correrà nell'uninominale al Senato. C'è anche l'avvocato Andrea Arman, consulente del coordinamento Vittime delle banche. In Sicilia sono pronti per la sfida all'uninominale l'ex assessore di Ragusa e fedelissimo di Cancelleri Salvatore Corallo e poi Giorgio Trizzino, direttore sanitario dell'ospedale civico di Palermo e Pino Pisani, ex vicesindaco nella pentastellata Augusta dove diede le dimissioni. In Sicilia il clima è rovente ieri Mauro Giulivi, già escluso alle Regionali, ha pubblicato delle chat dove si evincerebbe il sistema di cordate che avrebbe influenzato il voto online. Molti parlamentari nelle chat temono i ricorsi degli espulsi dalle liste. Ieri è stata fatta fuori anche la capolista in Veneto, Sara Cunial, famosa per il suo spirito no Vax. Motivare agli esclusi la loro esclusione non sarà semplice per lo staff. Sull'eliminazione di Gedorem Andreatta ieri su Facebook il M5S ha precisato che è stato lui a scegliere di ritirarsi. «Per il Pd che decide nelle segrete stanze è stata una nottataccia», è il contrattacco a Matteo Renzi che arriva dal M5S. Intanto, emerge sempre più chiaro il patto tra Di Maio e i parlamentari uscenti.
IL PATTO
Ieri Roberto Fico ha annunciato di voler correre anche al maggioritario. E così sarà per tanti altri parlamentari uscenti già capolista ma desiderosi di primeggiare. Non si placano le polemiche sul vincolo di residenza non rispettato soprattutto nei collegi metropolitani dove ieri, in Liguria, c'è stato l'ennesimo valzer di posti in lista che però non tocca mai i deputati uscenti anche se da Savona sono stati paracadutati a Genova. A Civitavecchia l'escluso Andrea Palmieri, braccio destro del sindaco M5S Antonio Cozzolino ha scritto stizzito: «Volevo comunicarvi che Di Maio ha deciso di non candidarmi a Cassino dopo aver dato la sua parola ad Antonio e a me che avrebbe provveduto a sistemare una situazione al limite dell'incredibile, sono schifato», scrive deluso.

Il sondaggio: per il 22% il fattore Roma può essere un freno a votare 5Stelle

ROMA Un problema di classe dirigente. Questa la riflessione che balza agli occhi dopo aver visto le rilevazioni effettuate da Swg per Il Messaggero. I tre fattori che frenano un quinto degli elettori indecisi se votare o meno i Cinquestelle sono la mancanza di democrazia interna al Movimento (25%), l'amministrazione pentastellata di Roma (22%) e infine il leader Luigi Di Maio (20%). E qui Enzo Risso, direttore scientifico di Swg, sottolinea che sono gli stessi elettori M5S a voltare lo sguardo altrove quando si parla di Roma.
CAPACITÀ DI GESTIONE
Solo un 6% degli intervistati che si dichiarano elettori del M5S darebbe il proprio voto al partito fondato da Grillo per la «capacità di gestione delle città in cui il Movimento sta governando». Gli indecisi sono addirittura più indulgenti degli elettori M5S ma comunque pochi: l'8%.
«Roma non è un driver di voto», spiega Risso che fa notare come per gli elettori M5S sia più grave politicamente l'esperienza Raggi (15%) rispetto al caos parlamentarie valutato al 12%. Per gli indecisi invece Roma frena un 20% il voto a M5S mentre il 25% è più frenato dalla mancanza di democrazia interna che caratterizza il M5S che a 9 anni dalla sua fondazione delega ancora le sue decisioni a uno staff senza nomi e ruoli definiti. Roma, Torino, Livorno dove non a caso non si sta facendo campagna elettorale. A proposito ieri nella grillina Chioggia, hanno annunciato le dimissioni due assessori. Sui cambi di squadra la Roma targata Raggi ha il primato assoluto. E dopo un anno e mezzo di mandato, mentre fuori brulicano 1500 candidati al Parlamento con i nomi altisonanti dei collegi uninominali, il Campidoglio rimane ancora senza un capo di gabinetto. Ed è in questo enorme gap tra capacità amministrative e corsa al seggio in Parlamento che si annidano i sospetti degli elettori.
FUTURO
«I cittadini stanno cercando di capire come sarà l'Italia del futuro e chi voterà M5S lo farà al 75% con la generica speranza di cambiamento», spiega Risso. «Speranza che si abbassa al 42% se si interpellano gli indecisi», conclude.
Anche la presenza/assenza di Grillo viene valutata come un fattore di inaffidabilità per il 20% degli indecisi. Di conseguenza, il sentiment su Di Maio non è alle stelle. Non convince la sua svolta moderata. «Il 28-29% degli elettori ha cambiato partito perché spera in un cambiamento, in una novità radicale, lo dimostra anche che il maggior punto di forza, il tema del colpire la casta, non scalda più gli animi e si ferma al 26 e al 34%. Questi nuovi e potenziali elettori si aspettano che Di Maio dia segnali forti ed è per questo che tra i fattori che frenano c'è la sua linea moderata, governista, che rinuncia alla battaglia sull'euro che delude più quegli indecisi (12%) che stanno valutando se votare o no M5S rispetto agli elettori del M5S (7%)», spiega Risso.
In totale, sommando tutti i principali talloni di Achille, più della metà degli indecisi (il 60%) si dice frenato dalla classe dirigente M5S. Pur essendo la prima forza politica secondo i sondaggi, il M5S ha delle zavorre che rendono il voto un incognita e sono i suoi sindaci, il suo capo politico e soprattutto il metodo piuttosto oscuro di selezione dei parlamentari.

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