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Data: 28/01/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Ferrovie nella bufera, ombre sui controlli `

MILANO Quattro uomini camminano accanto ai binari dai quali giovedì è deragliato il regionale dei pendolari. Uno ha un misuratore a ultrasuoni del metallo, un altro una cartelletta su cui prende appunti. Sono dipendenti di Rete ferroviaria italiana, che fa capo alle Fs guidate da Renato Mazzoncini, e lì non ci dovrebbero proprio stare: gli oltre due chilometri di rotaie percorse dal treno, che ha ondeggiato tra le scintille prima di schiantarsi contro un palo dell'elettricità, sono stati messi sotto sequestro dalla Procura. Eppure il quartetto era chino proprio sul giunto del binario che ha ceduto. Cosa stavano facendo gli uomini di Rfi? Al momento sono indagati per violazione dei sigilli, ma si valuta l'ipotesi di inquinamento delle prove. Potrebbero aver alterato la scena dell'incidente, compromettendo le indagini.
«VOGLIAMO UN AVVOCATO»
Il quartetto indossava le giacche arancioni fosforescenti e i caschetti protettivi d'ordinanza. Quando sono stati bloccati dagli agenti della Polfer non sono apparsi particolarmente stupiti e non hanno fornito alcuna spiegazione: «Arriverà il nostro responsabile», hanno detto. Ma non si è visto nessuno. Dopo di che hanno chiesto di essere assistiti da un avvocato, comportamento che non collima certo con la descrizione di lavoratori un po' sprovveduti descritti da Rete ferroviaria italiana in un comunicato ufficiale. «Gli operai, non avendo la percezione dei confini dell'area sequestrata, non visibilmente segnalati, li hanno superati inavvertitamente - spiega l'azienda -. In ogni caso, i tecnici non hanno mai invaso luoghi o aree recintate e non avevano alcuna volontà o intenzione di superare i limiti imposti dalla magistratura». Ma non è quello che hanno visto gli agenti della Polfer: gli uomini di Rfi hanno percorso meticolosamente il tratto che va dal luogo dell'incidente, alla stazione di Pioltello fino al «punto zero», il pezzo di rotaia di 23 centimetri che si è staccato. E stavano analizzando il giunto con il misuratore a ultrasuoni del metallo, strumento che serve a verificare lo stato di usura o corrosione. Tra l'altro lascia delle marcature nelle zone in cui viene applicato, quindi gli investigatori potranno identificare tutti i pezzi esaminati dai quattro nel loro blitz.
MANUTENZIONE INSUFFICIENTE
Ormai pare chiaro che a far deragliare il treno su cui sono morte tre persone siano state carenze nella manutenzione. E le irregolarità che i pm titolari del fascicolo stanno mettendo in fila sono numerose: c'è il pezzo di ferro saltato via dai binari al passaggio della locomotiva, una traversina distrutta, l'anomala presenza di una tavoletta di legno infilata proprio sotto la giuntura del binario in quel punto così usurato da aver fatto registrare la mancanza non solo di un bullone (che non si trova), ma anche di due dei quattro perni che fissano la cosiddetta «piastra di giunzione». Su queste falle si concentrerà la super perizia disposta dalla procura nell'indagine per disastro ferroviario colposo, mentre Rfi da parte sua precisa che «l'utilizzo di spessori in legno» - come quello con cui è stato rattoppato il binario nel «punto zero» - non è previsto «dalle normative tecniche e dai protocolli operativi». Le attività di manutenzione, afferma la società, «devono essere eseguite secondo procedure e metodologie operative di lavoro codificate all'interno del sistema di gestione della sicurezza di Rfi» e «l'utilizzo del legno, materiale che ha accompagnato la storia delle ferrovie fin dalla nascita, è stato sostanzialmente abbandonato in Italia e limitato a pochissimi casi comunque codificati». Non secondo un agente della Polfer che lavora sul luogo del disastro: «Nel tratto in cui è avvenuto l'incidente ce n'era una sola, ma le tavolette in legno per sistemare i binari sono la prassi. Sono migliaia sistemate lungo tutta la rete».

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