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Data: 29/01/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Lo scontro sulle liste spacca i partiti. Pd ad alta tensione. Matteo elimina le élite dem e si blinda per il dopo voto

ROMA «Ho candidato solo persone vicine a me, fedeli? Io rispondo con il fatto che a Napoli il primo candidato che abbiamo individuato è Paolo Siani, un medico, che non viene dal Pd, viene dalla lotta alla camorra. Ed è in prima fila contro la povertà educativa». All'accusa di aver composto le liste con solo persone di fiducia, Matteo Renzi replica in tv elencando i nomi di coloro che non sono assimilabili al renzismo. Dopo due nottate trascorse al Nazareno a compilare liste e a spostare candidati di collegio, il segretario del Pd inizia a Canale5 la campagna elettorale mentre nelle sezioni di partito si raccolgono le firme sulle candidature.
I VALORI
Il partito è ancora in fibrillazione per i tanti esclusi, ma il segretario del Pd ritiene «fisiologiche» le tensioni interne ed è certo che si riassorbiranno nel giro di pochi giorni. Gli orlandiani calcolano che passeranno da circa 30 senatori uscenti, ad averne tra i 3 e i 5 eleggibili. Trapelano anche voci di possibili ricorsi: una esponente orlandiana, Camilla Fabbri, starebbe infatti meditando di ricorrere al Tribunale. Per riprendere fiato, ieri mattinata in famiglia e «anzichè fare come tutti gli altri che prendono gli spin doctor - racconta Renzi a Domenica Live - sono tornato a casa e sono andato a fare un bagno di realtà, visitando le mie nonne». Un modo - dice - per rimettere «nella giusta gerarchia i valori. I nonni in questi anni hanno salvato questo Paese».
Convinto di aver messo in campo «la squadra più forte» e di avere «idee vincenti e convincenti», il segretario del Pd ringrazia «chi si candida e chi ha detto no». Pochi politici - sostiene Renzi - dicono «grazie, comunque. Proprio per questo al termini della (difficile) selezione delle candidature ho voglia di dire forte il mio grazie» specie a Yoram Gutgeld «ideatore degli 80 euro che oggi ha scelto comunque di non ricandidarsi».
C'è chi lascia il posto in Parlamento in maniera spontanea e chi invece mastica amaro. Poi c'è Gianni Cuperlo che nella notte tra venerdì e sabato si è ritrovato catapultato da Roma a Sassuolo e ha deciso di stare fermo un giro.
Tensioni interne che non smuovono il segretario dalla convinzione che «la partita è apertissima» e che il «Pd può essere il primo partito» anche grazie al mix con il quale sono state composte le liste dove si trovano candidati che non è detto abbiano l'esperienza e la competenza «di Gentiloni, Minniti e Padoan», ma tra i nuovi - ricorda - c'è «Lucia Annibali, vittima della violenza». «Uno - sostiene - può votare Pd o un altro ma mi piace l'idea che la nostra squadra abbia persone come lei». Poi il segretario del Pd parla dei grillini che «non vanno etichettati come nemici» e che «non sono pericolosi, ma governano male» come emerge a Roma dove hanno rifiutato le Olimpiadi mentre Milano ha fatto l'Expo.
Invece noi «abbiamo restituito al Paese la possibilità di provarci, uscendo da una crisi devastante». Ora «voglio discutere di proposte, senza fare Vanna Marchi» perché promettere «un reddito a tutti» è come dire «compra la pomata e poi dimagrisci». Proposte, ma con i piedi per terra, perché il reddito di cittadinanza grillino «costa 85 miliardi» e non basterebbero «i soldi del Monopoli». Sì, invece a interventi per ridurre la pressione fiscale, ma «ci vuole una sana politica dei piccoli passi. La flat tax? Mai con me». «La quattordicesima si può alzare: bisogna fare un passo in più e abbassare le tasse, ma non ai ricchi». Infine, ammette di avere «un caratterino» «ma bisogna avere un caratterino per cambiare le cose». «Penso - sostiene - che arrivino dei momenti in cui bisogna metterci il cuore, magari facendo errori».

Matteo elimina le élite dem e si blinda per il dopo voto

ROMA Affidarsi alle nonne. Sostituire lo spin doctor Jim Messina - quello vincente con Obama e perdente nel referendum del 4 dicembre - con nonna Maria (98 anni) e nonna Annamaria (88 anni), per Matteo Renzi significa riprendere a seguire il fiuto delle origini. Un modo per «ritornare con i piedi per terra» o un «bagno nella vita di tutti i giorni», ma anche occasione per sottolineare come il Pd di Renzi per vincere possa fare a meno delle sue punte e delle sue élite intellettuali. Il giorno dopo la presentazione delle liste il segretario del Pd, prima in tv e poi con un post su Facebook, liquida le polemiche sui tanti parlamentari dem di lungo corso non ricandidati. Alcuni per scelta propria, come Gianni Cuperlo, che lascia il posto a De Vincenti. Altri costretti, come Luigi Manconi o Ermete Realacci.
LE TELECAMERE
Le nonne di Renzi molto somigliano alle zie suore che Silvio Berlusconi diceva di consultare spesso nei mesi che precedettero la vittoria elettorale del 2001. E proprio a quell'area Renzi ieri si è rivolto parlando davanti alle telecamere del Biscione. Una mutazione genetica del partito che prima di diventare della Nazione ha bisogno di sfondare nell'elettorato moderato che fa vincere le elezioni e dove ormai non c'è più solo FI ma anche il pentastellato Di Maio, volto rassicurante del grillismo. Un profilo, quello del Pd, che ribalta le quote interne tra Ds e Margherita ma premia i renziani più che gli ex democristiani. Una truppa di fedelissimi, secondo i calcoli 160-170 eletti su 200, che mette il segretario al riparo da eventuali assalti qualora il risultato delle urne non fosse lusinghiero. Perché proprio di un flop elettorale avrebbero bisogno gli esclusi per ricompattarsi e fare muro - insieme alla sinistra interna - contro un segretario che prima si è impadronito della Ditta e poi gli ha cambiato i connotati.
D'altra parte non è solo del governatore della Puglia Michele Emiliano l'idea di prepararsi al congresso in caso di sconfitta o di non vittoria. Per non fare la fine del Bersani del 2013, Renzi sta mettendo insieme una corposa pattuglia di fedelissimi che in Parlamento riprodurrà le percentuali bulgare del partito. Secondo Renzi la fase di incertezza che ci sarà dopo il 4 marzo di tutto ha bisogno tranne che di un Pd che apre il congresso. Il timore di scoprirsi a sinistra non lo assilla anche se alla fine ha dovuto trovare un posto in lista per Cesare Damiano, Barbara Pollastrini e Monica Cirinnà. D'altra parte, a presidiare il fronte laico c'è anche la lista +Europa di Bonino, Magi, Tabacci e Della Vedova
LA PATTUGLIA
Il giglio magico, quello della Boschi che sarà candidata a Bolzano, di Lotti che sarà nel collegio di Empoli e di Francesco Bonifazi che sarà nel collegio Toscana2, è destinato ad ampliarsi a dismisura. Mentre ne esce ridimensionata la minoranza interna di Orlando e, sempre attraverso il gioco delle candidature, viene impedito sia a Paolo Gentiloni che a Marco Minniti di attrezzarsi con una propria pattuglia.
Spulciando tra le liste poste sul sito del partito la notte di sabato, si ha conferma della presenza di Gianni Pittella al Senato mentre la ministra Roberta Pinotti è capolista nel proporzionale di Caserta Benevento e Avellino. L'ex Sel Gennaro Migliore viene candidato ad Acerra mentre Giuseppe De Mita è nel collegio di Ariano Irpino. A Roma1 verrà candidato Paolo Gentiloni che ha anche un posto nelle Marche e in Sicilia. Nel Lazio corrono Matteo Orfini, Luigi Zanda, Monica Cirinnà ed Emma Bonino (collegio senatoriale Gianicolense). Il ministro Maurizio Martina è candidato capolista nel listino di Bergamo.
Pioggia di big in Emilia Romagna e Toscana con Dario Franceschini, Piero Fassino, Andrea Orlando e Valeria Fedeli. Collegio sicuro a Modena per il ministro Beatrice Lorenzin, a Reggio Emilia per Graziano Delrio, mentre Sandra Zampa sarà candidata al Senato a Ferrara e Pierferdinando Casini a Bologna.

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