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Pescara, 24/07/2024
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Data: 30/01/2018
Testata giornalistica: Corriere della Sera
Milano, dipendenti Atm stampavano biglietti in nero: scoperta maxi truffa

A metà pomeriggio del 12 gennaio, una donna entra all’Atm Point di piazza del Duomo, si avvicina al banco vendite e chiede: «Due carnet da 10 viaggi». L’impiegata sorride, prende il denaro, porge i biglietti e, cordiale, augura: «Buon viaggio signora, e buona giornata». Non sa di aver appena servito un «ispettore sotto copertura». La finta cliente ha infatti notato un gesto che sarebbe sfuggito a qualsiasi altro passeggero: l’impiegata, al contrario di quel che prescrivono le regole aziendali, non ha stampato i biglietti al momento della richiesta, ma li ha presi da una sua scorta «privata», che teneva lì a portata di mano.


«La cricca»
Quei tagliandi venduti il 12 gennaio rientrano in un giro molto più vasto di biglietti autentici, venduti secondo canali legali (gli Atm Point), ma stampati e smerciati in nero da una decina di impiegati infedeli: che nel giro di 6 mesi ha lucrato una somma che dovrebbe aggirarsi sui 60/70 mila euro. La storia di questa «cricca» è raccontata in una denuncia depositata la settimana scorsa negli uffici del Comando provinciale dei carabinieri di via della Moscova. L’Atm ha notato l’anomalia, ha indagato, ha incrociato i dati, alla fine ha messo insieme tutte le «impronte» della truffa disseminate nei propri sistemi informatici. L’intero dossier è finito negli uffici dei carabinieri: i dipendenti verranno indagati dalla Procura; il Corriere può però fin da ora raccontare i dettagli della vicenda, in quanto gli impiegati sono stati già sospesi dall’Atm, e sono dunque a conoscenza del procedimento a loro carico.

Le «formiche»
In tema di malaffare, esistono di solito due categorie di approfittatori, distinte dall’approccio psicologico: c’è il dipendente che per anni prepara «il colpo» (una grossa truffa) e poi scompare; esiste poi l’impiegato che scopre un «baco» nel sistema e inizia a sfruttarlo senza strafare, una sorta di parassita che prova a imboscare piccole somme con regolarità, sperando di passare inosservato. Ecco, a quanto sembra, i dipendenti protagonisti di questa storia apparterrebbero al secondo gruppo, quello delle «formiche». L’Atm, grazie alle proprie procedure di analisi interna, può datare le prime tracce della truffa tra luglio e agosto 2017. Le prove del malaffare sono rimaste «archiviate» nel meccanismo di vendita dei biglietti.

Gli «scarti»
Funziona così: circa l’1,1 per cento dei biglietti Atm, dunque una quota piuttosto bassa, viene venduta nei sei Atm Point (alle fermate Duomo, Cadorna, Centrale, Loreto, Garibaldi e Romolo). La procedura aziendale prevede che gli addetti allo sportello stampino i biglietti «in diretta», nel momento in cui il cliente li chiede. In questo modo, ogni singolo biglietto viene emesso e (automaticamente) contabilizzato, già nel momento in cui esce dalla stampante. A fine turno, l’addetto compila il rendiconto di ciò che ha venduto e l’intero sistema si chiude. Ma cosa succede se la stampante si inceppa o ha un piccolo guasto? (qui stava il «baco»). In caso di malfunzionamento, la stampante emette uno o più biglietti, che di solito vengono però poi considerati «scarti», perché magari in quel momento la stampante ha perso il collegamento con la rete centrale e non li ha contabilizzati correttamente. I «furbastri del ticket» avrebbero fondato la loro truffa proprio su questo passaggio. Di fatto, sospetta l’azienda, i dieci impiegati avrebbero con regolarità provocato dei piccoli inceppamenti alle stampanti, creando così una provvista di biglietti autentici, ma non registrati dal sistema centrale. Sono i biglietti che hanno poi rivenduto in proprio e in nero: i clienti compravano i tagliandi in Atm Point e il pagamento, invece che finire in cassa, entrava direttamente nelle tasche degli impiegati, in un canale di vendita personale e parallelo.

Il danno
Quei biglietti «scarto» erano una cifra fisiologica, intorno ai 2-300 al mese, fino all’estate: la spia, in Atm, si è accesa quando, a ottobre, quel numero è schizzato sopra 1.700. E allora, siccome ogni impiegato lascia traccia quando usa le stampanti, l’azienda è andata a esaminare i dati dell’ultimo semestre. E ha scoperto, ad esempio, che il signor X. (il più pervicace tra gli stampatori abusivi) ha emesso 1.868 titoli di viaggio «fuori busta» (per una valore di oltre 23 mila euro), che sono stati poi venduti e utilizzati dai passeggeri. La signora Y. ha stampato 1.075 biglietti per un valore sopra i 13 mila euro. Il signor Z. ha totalizzato 840 biglietti per 11 mila euro. Il danno economico per l’azienda è irrisorio: i titoli di viaggio «clandestini» scoperti in questa truffa sono in totale 6.497, praticamente nulla se messi in relazione col milione e passa di biglietti venduti dagli Atm Point in un anno, che sono poco più dell’1 per cento rispetto al totale dei biglietti venduti dall’Atm. I dipendenti, per ora, sono stati sospesi. È l’inizio di una procedura che potrebbe portare al licenziamento

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