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Data: 31/01/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Di Stefano alza la posta: «Fermo un giro ma sono pronto per guidare la Regione»

L'AQUILA In attesa di conoscere il verdetto sull'ammissibilità delle liste presentate, probabilmente oggi dopo il lavoro di verifica andato avanti ieri tutta la giornata, sono ancora le scorie delle scelte dei partiti a infiammare il dibattito politico. I casi più clamorosi sono certamente quelli del centrodestra: la rottura di Gianni Chiodi con Forza Italia, l'esclusione di Fabrizio Di Stefano, lo sfogo di Antonio Martino, accusato di essere un renziano paracadutato dai vertici nazionali azzurri al collegio uninominale aquilano della Camera. Clima, insomma, da resa dei conti.
L'operazione più clamorosa l'ha messa a segno Noi con l'Italia e ha un retroscena gustoso. Lo ha rivelato lo stesso Chiodi ieri, che prima ha accusato i forzisti («Forza Italia non ha ritenuto di darmi l'opportunità di rappresentare in Parlamento i territori ai quali ho dedicato oltre dieci anni della mia vita, affrontando disastri naturali, una crisi economica devastante, problemi grandi e piccoli. Sarebbe stata una scelta legittima se avesse ritenuto di candidare al mio posto uomini e donne del territorio, in posizione che consentisse almeno una probabilità di elezione. Cosi non è stato!» e poi ha rivelato l'sms ricevuto in piena notte da Mauro Di Dalmazio: «Gianni so che è una follia, ma ha la sua logica. Sono appena stato designato come capolista di Noi per l'Italia per il collegio Camera dell'Aquila-Teramo. È una grande opportunità per i nostri territori, rispetto ai quali c'è stata assoluta disattenzione nella scelta dei candidati da parte di Forza Italia. Non me ne frega un ciufolo se perdo io questa opportunità, ma è giusto che sia tu ad averla». Da qui, poi, il clamoroso cambio di casacca.
Ieri è stato anche il giorno di Fabrizio Di Stefano, escluso all'ultimo. L'ex senatore ha parlato, su Web e sui social, prefigurando una candidatura in Regione: «Non ho mai perso nessuna sfida elettorale, per cui saltare un giro, non per una sconfitta ma per una mancata candidatura, ci può stare, così come ci può stare la valutazione di un mio prossimo impegno in altri ruoli, ivi compreso quello per la presidenza della Regione. Per me il miglior candidato rimane Febbo, quindi la mia disponibilità non è limitata alla corsa alla presidenza; sono disponibile anche a un sostenere Mauro Febbo, ma solo lui».
Infine, si diceva, il caso legato ad Antonio Martino, che addirittura ha valicato i confini della regione. «Sono stato alla Leopolda tre anni fa invitato dall'allora premier Renzi insieme a grandi aziende come Tre e Prada per raccontare la mia esperienza ed esprimere le mie idee per cambiare. Non ho la tessera del Pd», si è schermito l'imprenditore al centro delle polemiche perché ritenuto renziano. Una posizione emersa individuando su internet gli interventi alla Leopolda del 41enne originario di Torre dé Passeri, presidente della holding del gruppo Dynamin, che nel settore dell'innovazione e delle nuove tecnologie dà lavoro a circa 600 dipendenti con un fatturato di 108 milioni di euro. «Quando mi hanno chiesto di partecipare ha spiegato Martino - mi sono sentito lusingato e ho partecipato per dire la mia in un contesto di grandi imprenditori. Internet è una grande risorsa ma anche uno strumento che può far maturare pensieri mal interpretati. E poi se devo essere di qualcuno, non sono di Renzi ma di Antonio Martino». In riferimento alle polemiche, Martino ha contrattaccato: «Sono dell'entroterra abruzzese, dove per il terremoto vado a messa in un prefabbricato; sono partito da zero e sono riuscito a fare qualcosa non perdendo mai l'umiltà. Credo che all'Aquila si possa vincere la sfida perché è soprattutto nel capoluogo che c'è da fare, oltre alla fase della ricostruzione. All'Aquila c'è bisogno anche di imprenditori e le idee di sviluppo non hanno colore politico».

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