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Data: 31/01/2018
Testata giornalistica: Il Centro
Chiodi accusa Forza Italia «Cancella mezza regione». L'ex governatore svela il retroscena della sua candidatura con "Noi per l'Italia" e spara sul suo ex partito: «Ha negato la rappresentanza a Teramo e L'Aquila». Nel Pd si accende lo scontro per il rinnovamento. L'asse Pezzopane-Cialente-Lolli si presenta rafforzato alla vigilia delle elezioni Ma nella base Dem cresce il malumore degli esclusi. E a destra D'Eramo spera

TERAMO «Non sto in un partito che non dà rappresentanza al territorio». L'accettazione della candidatura con "Noi per l'Italia" come capolista nel collegio proporzionale Teramo-l'Aquila per Gianni Chiodi con l'addio polemico a Forza Italia. L'ex governatore ed ex sindaco, che fino all'ultimo era stato in corsa per un posto nella griglia degli aspiranti parlamentari del partito di Silvio Berlusconi, se ne va sbattendo quella porta che gli era stata chiusa in faccia nella corsa verso Roma. Alla sua pagina Facebook, con un messaggio aperto da uno slogan che suona quasi come una vendetta: «...e invece io ci sarò!», Chiodi ha affidato la ricostruzione dei fatti e dell'interlocuzione notturna con il fedelissimo Mauro Di Dalmazio che l'hanno portato a schierarsi con lo schieramento entrato di recente sulla scena politica nazionale come "quarta gamba" del centrodestra. «Quello che è accaduto non ha precedenti», sottolinea l'ex governatore, "e non è successo da nessun'altra parte». Nessun esponente teramano né aquilano di Forza Italia è stato collocato in posizione eleggibile. «Vuol dire distruggere la rappresentanza territoriale», fa rilevare Chiodi, «mezza regione resta fuori». A pagare l'assenza di voci ai massimi livelli istituzionali sarà proprio quella parte di Abruzzo che negli ultimi anni ha patito le sofferenze inflitte dai terremoti. Chiodi le ricorda, nel sottolineare i dieci anni d'impegno in Comune e poi alla presidenza della Regione, insieme alla crisi economica, al commissariamento della sanità e ad altri «problemi piccoli e grandi». Tutto questo non gli è valsa la possibilità di affrontare una nuova sfida in nome di quelle aree per cui ha tanto lavorato. Lo avrebbe anche accettato se il suo partito «avesse ritenuto di candidare al mio posto uomini e donne del territorio in posizione che almeno consentisse una possibilità di elezione, ma così non è stato». La permanenza in Forza Italia allora diventa insostenibile e alle 4,37 arriva per messaggio la proposta di Mauro Di Dalmazio. Gli è stato offerto il posto da capolista al proporzionale con "Noi per l'Italia" ma secondo lui dovrebbe essere Chiodi a ricoprirlo. L'ex governatore rivela di essere rimasto «commosso per una cosi forte dimostrazione di disinteresse personale, oltreché di amicizia». Era frastornato per le scelte di Forza Italia che «avevano umiliato le comunità teramana e aquilana», ha riflettuto e alla fine ha deciso: «Ho gettato il cuore oltre l'ostacolo, quindi ci sarò». La sua candidatura è considerata una variabile imprevista dal Pd, che ieri ha riunito la segreteria provinciale per analizzare le forze in campo. Chiodi drenerà consensi, anche se con un partito non di primo piano, ma i Dem ritengono di poter vincere la partita nel maggioritario alla Camera eleggendo Sandro Mariani. Qualche malumore resta per l'esclusione di Anna Marcozzi dal secondo posto nella lista proporzionale al Senato e per la decisione di Manola Di Pasquale di accettare il quarto, nonostante il partito teramano fosse orientato a tenere fuori dalla corsa i propri rappresentanti. Ruggini i Dem se le porteranno dietro anche per l'influenza del governatore Luciano D'Alfonso, ritenuta eccessiva da una parte della dirigenza, nella scelta dei candidati. Non è il momento delle polemiche, però, né delle rese dei conti.


Nel Pd si accende lo scontro per il rinnovamento. L'asse Pezzopane-Cialente-Lolli si presenta rafforzato alla vigilia delle elezioni
Ma nella base Dem cresce il malumore degli esclusi. E a destra D'Eramo spera

L'AQUILALa triade è viva e lotta insieme a noi. «Anzi, a loro», come dicono i malpancisti a liste ormai chiuse. Le candidature del centrosinistra hanno rafforzato l'asse Cialente-Pezzopane-Lolli che da un trentennio almeno è sulla breccia. «Neppure sotto la segreteria nazionale del rottamatore per eccellenza c'è stato il ricambio generazionale», commenta sottovoce uno degli esclusi, che mantiene l'anonimato per timore di ritorsioni. CAPOLAVORO. Tatticamente parlando, le candidature di Pezzopane e Cialente, e la reggenza di Lolli alla Regione in attesa che si voti anche lì - tutti pezzi da novanta di un Pd aquilano che ha archiviato in fretta la débacle delle Comunali a beneficio della destra - sono da considerarsi un capolavoro politico. Cialente, cuperliano, apparso defilato e fuori dai giochi persino al congresso comunale che ha incoronato il giovane Stefano Albano segretario, deve aver fiutato l'aria in tempo e si è spostato, nell'ultimo anno, verso l'asse D'Alfonso-Lotti-Renzi. Quindi è entrato nella lista di nomi del "pacchetto Abruzzo" con D'Alessandro, Pezzopane, Panei, dalfonsiani di ferro. E ha superato il capocorrente. Cuperlo fuori, Cialente dentro. E ora ha avviato la caccia ad almeno 20mila voti. I GIOVANI. La giovane classe dirigente del Pd, a parte i richiami inascoltati della mozione Orlando e una riunione convocata in tutta fretta a giochi ormai compiuti, appare come la vera sconfitta della girandola delle candidature. Americo Di Benedetto, renziano della prima ora, e i suoi fedelissimi sono infuriati. I giovani Pd, che bocciarono Lolli come candidato sindaco, ma che ora può riproporsi per le Regionali, sono costretti a rinviare l'annunciato rinnovamento. Giuseppe Di Pangrazio fa il pompiere: «Le candidature non siano terreno di scontro, il Pd vince se riesce a fare squadra». In mezzo c'è un elettorato disorientato. Se Cialente è convinto di recuperare pezzi dell'ex giunta e fuoriusciti vari, non si esclude, in città, un travaso di consensi verso Liberi e uguali che schiera Fabio Ranieri, Guido Iapadre (Senato); Luigi Fabiani e Gamal Bouchaib (Camera). Saranno essenzialmente loro a intercettare il voto di protesta area Pd. A sinistra marca le distanze anche Potere al popolo. COMUNE, VIGILIA DI TENSIONE.Le candidature non porteranno, per ora, dimissioni in Comune. Ma riposizionamenti sì. A partire dagli oppositori Di Benedetto, Albano e Palumbo. A destra, ha qualche chance in più di farcela Luigi D'Eramo, che dall'incrocio tra candidati schierati in più collegi potrebbe trarre beneficio. A quel punto lascerebbe il posto in giunta. In Comune, alla vigilia di una girandola di dirigenti, funzionari e posizioni organizzative da assegnare (quindi soldi in più), c'è una certa tensione. Alcuni uffici hanno perso dirigenti e funzionari e sono quasi dimezzati. Se a questo si aggiunge che il vicesindaco Guido Quintino Liris e due assessori come D'Eramo e Carla Mannetti sono in campagna elettorale, il quadro è completo. In tutto questo, il sindaco Pierluigi Biondi ha protestato coi vertici nazionali della coalizione per la candidatura «offensiva e irricevibile» di Antonio Martino sull'Aquila. Ma il suo stesso partito, Fratelli d'Italia, agli aquilani ha riservato due secondi posti. REGIONALI, SECONDO ROUND. Comunque vada, alle Regionali lo scenario è destinato a ripetersi. Tutti i contendenti, e altri, si ritroveranno contro: Liris, De Matteis, Imprudente, Masciocco, Pietrucci. Una battaglia all'ultimo voto. E, prima ancora, con un eventuale esecutivo di larghe intese, caccia ai posti di sottogoverno.


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