TERAMO Doveva essere un bagno di folla corroborante, per lanciarsi al meglio nella volata verso l'appuntamento con le urne del 4 marzo, e tale è stato. La kermesse che ha dato l'abbrivio alla campagna elettorale del Pd teramano, collocata con sapienza tattica di sabato pomeriggio, a lambire l'ora dell'aperitivo, ha raccolto nella sala polifunzionale della Provincia una folla da autentica chiamata alle armi. Eppure qualche dirigente, non convinto dalla scelta delle candidature, e almeno uno dei calibri da 90 del partito non hanno risposto all'appello. È mancato soprattutto il deputato uscente Tommaso Ginoble che ha segnalato con la sua assenza fisica, prima ancora che con le parole non ancora dette, il proprio disappunto per non essere rientrato nel lotto dei candidati in quota proporzionale. In tanti, tra quelli che erano sul palco a spiegare il perché del voto al Pd e ai suoi rappresentanti, l'hanno evocato e ringraziato, suscitando ripetuti applausi dalla gremitissima platea. A spiegare il senso delle candidature Dem, tra le quali non ha trovato spazio Ginoble, è il "capitano" della squadra elettorale, il governatore Luciano D'Alfonso. «Vogliamo portare la Regione in parlamento, là si scrivono le cose che faremo qui», chiarisce, «per dare continuità all'azione portata avanti negli ultimi 44 mesi alla guida dell'Abruzzo».La provincia di Teramo ne ha beneficiato a piene mani, precisa il governatore in corsa per il Senato, essendo stata «il bersaglio della quota maggiore di finanziamenti regionali». D'Alfonso stila un elenco di progetti, con relativi milioni, che spazia dai nuovi laboratori dell'istituto zooprofilattico, al recupero dell'ex manicomio, al quarto lotto della Teramo, allo trasferimento della centrale Enel della Cona, per arrivare al miglioramento della viabilità verso la Val Fino. «Dovevamo essere noi a fare queste cose?», arringa la folla, «non c'è stata prima una continuità tra Comune, Provincia, Regione e governo?». Il candidato annuncia lo stanziamento di fondi ministeriali per l'ospedale e picchia sugli avversari, soprattutto i grillini. «A Pescara hanno dedicato una giornata a come si studia un esposto», ironizza e mette sul piatto il suo impegno e quello della squadra: «Non vado a Roma per fermarmi nel miglior bar ad assaggiare i biscotti bagnati nel miglior rum, ma a combattere e a vincere le battaglie per l'Abruzzo». Il pericolo leghista è evocato da Sandro Mariani. «Eleggere qualche sconosciuto che non conosce i problemi veri», avverte, «significa ammazzare questa provincia». Ha voluto la candidatura nel maggioritario alla Camera, spiega, «perché sono per il mortal kombat, non per le cose che cadono dal cielo». Il legame con il territorio è sottolineato anche da Dino Pepe, in corsa nel proporzionale per Montecitorio. «Tutti hanno i nostri numeri di cellulare», fa notare, «chi ha quello di Quagliariello? Cos'ha fatto in Senato per Teramo e l'Abruzzo?». Il Pd, invece, ci mette la faccia dei suoi amministratori regionali. «Parto dai box nella corsa», osserva riferendosi alla posizione di rincalzo nel gruppo degli aspiranti deputati, «ma affronto la sfida con la passione del capolista». All'unità del partito si richiama la candidata al Senato Manola Di Pasquale. «Eleggeremo i nostri rappresentanti», fa notare, «mentre il partito di Sottanelli e Chiodi non arriverà neppure al quorum per entrare in parlamento». Il segretario regionale Marco Rapino, affiancato dai candidati aquilani Massimo Cialente e Stefania Pezzopane, sorride soddisfatto: il bagno di folla è riuscito.