ROMA Matteo Salvini sin dall'inizio non si è curato dell'appello a non strumentalizzare la vicenda xenofoba di Macerata fatto dal presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, poche ore dopo il raid xenofobo ed è andato subito all'attacco anche per cercare di scrollarsi di dosso il marchio di fabbrica leghista che è nel curriculum del giovane razzista maceratese.
I CONSENSI Silvio Berlusconi si era invece adeguato, insieme a Renzi e Di Maio, ai toni cauti di condanna. Ma la prudenza del leader dei moderati è durata ventiquattrore. Poi deve aver fiutato l'aria e, nel timore di cedere consensi alla destra di Lega e FdI, è comparso ieri sera sugli schermi del Tg5 per dire che occorre mandare via «600 mila immigranti» perchè «vivono di reati e sono una bomba sociale». Non una parola sul raid razzista del fascio-leghista, che sabato ha mirato alla pelle scura, ma la promessa di una mega deportazione che dovrebbe avvenire con l'ausilio dell'Europa. Se non fosse, sostiene il Cavaliere, che «a Bruxelles non contiamo niente». Delle difficoltà a stringere accordi di rimpatrio ne sa qualcosa uno che in Europa conta, come Antonio Tajani, presidente del parlamento Europeo, ma nel tritacarne della campagna elettorale finisce tutto e tocca a Riccardo Magi (+Europa) ricordare che «i governi Berlusconi, con due sanatorie, regolarizzarono in tutto oltre 800 mila persone». Un po' più dei 600 mila che ora il Cavaliere dice di voler espellere. Numeri che non coincidono con quelli del Viminale secondo il quale meno di un terzo di quelli indicati dal Cavaliere sono clandestini.
«I dati di Berlusconi servono solo a fare allarmismo sociale - sostiene Mario Giro, sottosegretario agli Esteri - basti pensare che coloro che hanno ricevuto protezione umanitaria hanno diritto di restare secondo le leggi internazionali (circa 100 mila ndr). Strumentalizzare ciò che è accaduto a Macerata non è degno della nostra civiltà». Più duro Pietro Grasso secondo il quale il gesto di Macerata è qualificabile come «fascista e razzista» ed è un errore strumentalizzare la vicenda sulla quale sono tanti coloro che vanno a caccia di motivazioni e distinguo per giustificare l'atto xenofobo.
Anche la visita del presidente turco Tayyip Erdogan che da ieri sera è a Roma e che oggi incontra il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e Papa Francesco.
Prima di partire verso l'Italia Erdogan non ha trovato di meglio che intervenire anche lui nella vicenda di Macerata: «L'attacco in Italia a Macerata, che ha preso di mira degli stranieri, mostra quanto grande sia diventata la minaccia della xenofobia. Non c'è differenza tra gli attacchi di un'organizzazione terroristica e attacchi razzisti di questo genere. In questa situazione si deve prendere una posizione decisa». Da qualche tempo il presidente turco si erge a paladino del mondo arabo musulmano, ma la frase non piace a Giorgia Meloni che riassume a modo suo il pensiero di Erdogan dicendo che per il presidente turco «quello che è successo a Macerata è un attacco razzista contro l'Islam. Il presidente turco è un bieco incantatore di serpenti. Finora gli unici che hanno sparato e ucciso in Europa in nome della religione sono i terroristi islamici. Il Governo e il Presidente della Repubblica pretendano le scuse dal nuovo sultano turco».
GLI AMICI Ovviamente Erdogan non ha mai pronunciato la parola Islam ma ha parlato di «stranieri». Tantomeno la Meloni ricorda che «il sultano» tiene - pagato dall'Europa - nei suoi campi quasi tre milioni di profughi che premono ai confini del Vecchio Continente, e che senza la Turchia sarebbero già a spasso anche nelle strade della Garbatella. Ma nel centrodestra la corsa a chi soffia di più sulle paure non fa prigionieri e la Meloni calpesta non solo antiche scelte dei governi di centrodestra ma anche sbandierate amicizie. Come quella del suo alleato Berlusconi con Erdogan che al telefono chiamava Tapyyp, e che portò il Cavaliere anche a fare da testimone di nozze ad uno dei quattro figli del presidente turco.
La linea del rigore attrae Sul piatto il 25% dei voti
ROMA Un elettore su quattro è attratto dalla linea dura sui migranti ed è favorevole allo slogan fermare gli sbarchi. Una quota leggermente più ampia, pari al 30%, considera invece l'immigrazione un problema, ma è favorevole a modalità di intervento meno spigolose preferendo lo slogan prima gli italiani. Più in generale il tema migranti è il secondo più sentito dagli italiani dopo quello del lavoro. Sono gli elementi più interessanti di un sondaggio SWG dedicato al monitoraggio dei possibili effetti del fenomeno dell'immigrazione sulle prossime elezioni politiche.
Effetti che, come si vede, sono notevoli e non sono nati certo con la sparatoria di Macerata (i cui riflessi sull'orientamento elettorale degli italiani emergeranno solo nei prossimi giorni). Tutti i sondaggisti concordano sul fatto che l'immigrazione è considerato dagli italiani un nodo rilevante.
La cifra magica che accomuna tutti i carotaggi è il 30%. «Anche secondo i nostri dati poco meno di un italiano su tre è preoccupato per il dossier immigrazione - spiega Carlo Buttaroni della Tecné - Non a caso si tratta della stessa quota di popolazione che non percepisce gli effetti positivi della ripresa economica che pure, gradualmente, si sta insinuando nelle pieghe dell'economia italiana».
IL NODO WELFARE Secondo Buttaroni gli italiani in allarme per i migranti sono gli stessi che negli ultimi anni hanno visto ridurre il livello delle prestazioni dell'assistenza previdenziale o sanitaria o della distribuzione delle case popolari. E dunque non sono più disposti a dividere qualcosa che ritengono proprio con comunità che vengono da oltre confine. «Questi segmenti di elettorato - aggiunge Buttaroni - sono concentrati nelle periferie delle grandi città e in alcune aree del Nord. Avvertono l'invasione anche perché il flusso degli ultimi migranti, pur molto rallentato, si aggiunge agli insediamenti già presenti e distribuiti sul territorio».
«La molla anti-immigrati è molto robusta - aggiunge il sondaggista Antonio Noto - E' molto più sentita al Nord che al Sud ed è un argomento vincente nelle periferie delle grandi città. Più in generale si può dire che questo elemento sia uno dei collanti della coalizione del centro-destra anche se viene articolato in modo diverso da Forza Italia rispetto ai partiti sovranisti».
IL GOVERNO E' interessante notare che il contrasto all'immigrazione è un tema che tocca anche il 20% dell'elettorato di sinistra, quindi grosso modo due milioni di elettori vicini ai Democrat e a Liberi e Uguali. «Il fenomeno - spiega Enzo Risso, direttore SWG - riguarda soprattutto i ceti medio-bassi della popolazione italiana».
Non a caso è proprio l'efficace contrasto ai flussi migratori sta determinando l'aumento della popolarità del ministro dell'Interno, Marco Minniti che ha più che dimezzato gli sbarchi negli ultimi mesi. «Le nostre rilevazioni - assicura Risso - collocano il grado di popolarità di Minniti al 25%, praticamente alla pari con il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, che da sempre è su quote molte alte».