«Un accordo innovativo frutto di una contrattazione finalizzata ad ottenere la massima produttività con la massima flessibilità. E che fa contenti lavoratori e datori di lavoro». Roberto Pessi, giuslavorista dell’Università Luiss di Roma, non si stupisce della storica intesa raggiunta in Germania, anzi pensa sia esportabile anche in Italia. Professore, i tedeschi hanno bruciato i tempi? «Fa parte della loro cultura. A fronte di un orario ridotto e rimodulato e a parità di salario, c’è implicitamente la garanzia della massima produttività ed efficienza. Una formula che si adatta alle esigenze del mercato». E che prevede quindi la massima collaborazione tra lavoratori e datori di lavoro? «Certo. Massima disponibilità e collaborazione». Si potrebbe fare da noi? «Direi proprio di sì. Ma anche qui l’atteggiamento dei sindacati deve essere di massima collaborazione. E’ evidente che allo slogan si “lavora tutti, si lavora meno” va aggiunto “mantenendo alta la produttività e garantendola”». Vuole dire che la Fca di Sergio Marchionne potrebbe imitare a breve Ig Metall. «Tutte le aziende manifatturiere potrebbero imitare i tedeschi. Proprio per recuperare il gap di produttività. Un modello che potrebbe essere adottato sia dai grandi gruppi che dalle aziende di medie dimensioni tecnologicamente avanzate. Del resto lavorare meno garantisce anche una maggiore attenzione da parte dei lavoratori». Lavorare tre giorni su sette sembra un sogno... «Il modello valorizza la manodopera più qualificata ed è uno strumento per evitare l’uso eccessivo dei robot». Crede che i nostri sindacati si faranno avanti? «Una certa evoluzione c’è stata. E credo ci siano spazi per valutare e studiare a fondo il modello». Immagina Confindustria e sindacati allo stesso tavolo per parlarne? «Ritengo sia più probabile trovare accordi a livello territoriale o aziendale. Ogni fabbrica ha le sue esigenze, il proprio monte ore da coprire, dei livelli di produttività da mantenere».