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Data: 07/02/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Verso il voto del 4 marzo - FI e Pd escludono intese Renzi: «Senza numeri si torna subito al voto»

ROMA Che succede il 5 marzo se nessuno ottiene la maggioranza? «Si torna al voto, ovvio». Lo annuncia Matteo Renzi, gli fa eco l'altro Matteo, Salvini, lo conferma Gian Carlo Padoan, e l'aveva detto Silvio Berlusconi mentre una sospettosissima Giorgia Meloni ha organizzato una manifestazione anti-inciucio per il 18. Su una cosa i partiti in lizza hanno raggiunto l'intesa: che non ci sarà alcuna intesa tra loro dopo il voto, caso mai si tornerà alle urne al più presto, subito.
«Su questo sono d'accordo con Berlusconi», ha aggiunto il leader del Pd, rimarcando la tesi «mai al governo con estremisti e populisti». Tutto chiaro, tutto limpido e trasparente? Le enunciazioni certamente sì, quanto all'effettiva praticabilità, bisognerà poi vedere la situazione economica e finanziaria, gli equilibri europei (il governo Merkel-Schulz sarà già partito o ancora no?), come dare un seguito alle voci che invocheranno una qualche stabilità per il Paese, e il governo, e i mercati, e come si fa a tornare a votare in queste condizioni, e vediamo cosa deciderà Mattarella, e via elencando.
Lo ha anche fatto capire Padoan, il ministro che più di tutti conosce le dinamiche dei mercati legate a quelle della politica: a domanda ripetuta e insistita su un possibile o auspicabile governo Pd-FI per far fronte a tutte quelle esigenze, il ministro ha risposto: «Francamente non lo so, ma non c'è rischio sui mercati se vincono le forze non populiste».
Chi al momento è rimasto spiazzato dagli enunciati a base di «subito al voto se non c'è maggioranza», sembrano quelli che hanno cominciato la campagna elettorale, e intendono proseguirla, al grido di «Renzi e Berlusconi preparano l'inciucio». In prima fila la formazione di Leu, con Alfredo D'Attorre che punta il dito: «Il Pd lancia la cortina fumogena per nascondere quello che anche le pietre hanno capito», che i due «preparano l'intesa per il dopo voto». Quanto al leader, Pietro Grasso, che aveva sostenuto la proposta dalemiana di un governo del Presidente, sia pure solo per approvare una nuova legge elettorale, si limita a dire che «Renzi e Berlusconi trovano una reciprocità tra loro, ma noi no».
LO SCONTRO A SINISTRA
Sicché il quadro si fa imbarazzante: poiché per un governo del presidente, sia pure solo per le regole elettorali, occorre il convergere di forze diverse che devono fornire i ministri e soprattutto l'appoggio dei numeri in Parlamento, allo stato risulta pronta e favorevole la sinistra sinistra di Leu, piuttosto che le altre forze pure indicate di stare tramando nell'ombra per l'esito inciucista.
Una questione destinata a ripresentarsi in questa campagna elettorale, soprattutto perché sondaggi e previsioni in effetti annunciano come molto alta la possibilità che dalle urne non escano maggioranze. La polemica a sinistra non si placa. «Mai con questo Pd», proclama Pierluigi Bersani, che oltre ad accusare Renzi per la Buona scuola, il Jobs act e il referendum (in questo applaudito da Nicola Fratoianni, suo alleato in Leu), adesso vi aggiunge un altro punto negativo: «Renzi vuole staccare Berlusconi da Salvini», e questo per l'ex leader dem non va bene: «Renzi pensa più a staccare Berlusconi dalla Lega che alla sinistra».

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