PESCARA Sono 4458 le piccole imprese artigiane che negli ultimi cinque anni, in Abruzzo, hanno abbassato le saracinesche. Per sempre. Di queste, 600 hanno chiuso nel 2017, dopo aver resistito per anni alla crisi che dal 2008 imperversa sui mercati mondiali. E per resistere hanno dato fondo ai risparmi di una vita. I dati provengono dal sito di Movimprese, ma sono stati rielaborati per la Cna abruzzese (confederazione nazionale artigiani) da Aldo Ronci. A illustrarli alla stampa, ieri mattina, oltre a Ronci, il presidente e il direttore regionale della Cna, Savino Saraceni e Graziano Di Costanzo.
IL CROLLO. «La caduta, pur con andamenti differenti», ha detto Ronci «si è registrata in tutte le province abruzzesi». Quella più provata è stata Chieti (con 221 unità in meno), seguita da L'Aquila (160), Pescara (138), Teramo (81). A fine dicembre, le imprese artigiane attive erano poco più di 30mila, cioè circa 4500 in meno del 2012, che in percentuale corrisponde al 12,77%. Un dato quasi doppio al 7,73% della media nazionale.
LE PIÙ COLPITE. A guidare la classifica dei settori più penalizzati, e sembra un paradosso nella regione messa a dura prova dai terremoti, e che è ancora alle prese con la ricostruzione, è l'edilizia, con 345 imprese chiuse; seguono l'industria manifatturiera (161), i trasporti (42), la ristorazione (28). E, curiosamente, è proprio L'Aquila la provincia che ha subito il "crollo" delle imprese edili (117), seguita da Chieti (110). A Chieti difficoltà si registrano anche nel manifatturiero, mentre Pescara ha perso 36 imprese di trasporti.
IL MANIFATTURIERO. I segmenti più colpiti risultano le industrie alimentari, l'abbigliamento, gli articoli in pelle. In crescita, la pulizia e il giardinaggio a Pescara (17), i servizi alla persona all'Aquila (11) e Teramo (10).L'ALLARME. «È da sei anni che il nostro settore subisce una caduta», ha detto Saraceni, «facendo perdere all'Abruzzo un grande patrimonio di esperienze e conoscenze imprenditoriali, che si traduce in un dramma sociale per famiglie costrette a reinventarsi un futuro. Non cerchiamo colpevoli, ma è anche vero che la Regione si mostra sorda alle nostre ragionevoli richieste, fatte di misure che avrebbero potuto dare sostegno al settore». Dal 2009, «gli ha fatto eco Di Costanzo, «la legge regionale 23, la legge quadro sull'artigianato, è rimasta del tutto inapplicata, senza alcuna previsione di stanziamento nel bilancio. Insieme alle altre associazioni di categoria, a dicembre, in sede di approvazione dello strumento finanziario della Regione, avevamo proposto un pacchetto di misure che con 7 milioni avrebbe avuto un impatto determinante su circa 3mila imprese, generando 500-700 posti di lavoro. Senza risposta. La realtà è che si presta molta attenzione alla grande e media impresa, dimenticando che in Abruzzo il 54% degli occupati lavora in aziende che hanno tra zero e 9 dipendenti»».
DICE LA REGIONE. Pronta la replica della Regine, affidata ad Andrea Catena, consigliere per le relazioni politiche e sindacali del presidente della Giunta regionale, che parla però di imprese in generale. «Durante il III trimestre 2017», dice citando dati del Cresa, «i registri delle Camere di commercio abruzzesi hanno rilevato la nascita di 1.589 imprese e la cessazione di 1.390 (considerando anche le cancellazioni d'ufficio) cosicché il saldo è risultato positivo (+199) e diventa ancora più consistente (+425) al netto delle cancellazioni d'ufficio. Sono 221,8 milioni di euro le risorse attivate per i programmi di sostegno alle imprese (contratti di sviluppo, poli di innovazione, internazionalizzazione, innovazione, automotive) che hanno sostenuto complessivamente 2.447 imprese. Che ci siano problemi da risolvere è a tutti evidente, altrettanto evidente è che molto si è fatto e molto di più si farà con l'attuazione del Masterplan, che porterà alla realizzazione di oltre 20mila occasioni di lavoro e che già il prossimo 22 febbraio avrà l'avvio di una delle sue opere più strategiche, con l'avvio dei lavori per il completamento della Fondovalle Sangro».