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Pescara, 24/11/2024
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Data: 08/02/2018
Testata giornalistica: Il Centro
La ricerca di un lavoro - Centro per l’impiego, caos e attese di ore agli sportelli. Esasperati gli utenti, ma anche i dipendenti: lasciati soli da Provincia e Regione

«Sono qui dalle nove. È mezzogiorno, ma siamo ancora al numero D76 e io ho l’E24. Non lo so quando mi tocca». I.S., 48 anni, è arrivata al Centro per l’Impiego di via Passolanciano per chiedere l’aggiornamento dello “storico”, l’elenco dei lavori ottenuti e svolti finora. «A ottobre ci avevano rimandato al Patronato, ma dal Patronato ci hanno detto che devono farcelo qui, e qui sono tornata». Come lei sono tanti gli affamati di lavoro che affollano la sala d’attesa al terzo piano del palazzone in cemento che al piano terra ospita anche le Poste. Sono uomini e donne, giovani e meno giovani, stranieri e disabili abituati a mettersi in gioco ogni volta che se ne presenti l’occasione. Sia un bando, un tirocinio o qualsiasi altra possibilità, come il concorso bandito dal Comune di Pescara che scade proprio oggi: nove posti a tempo indeterminato per fabbri, idraulici, giardinieri, muratori e manutentori di strade. Una corsa contro il tempo. Sempre. Loro ce la mettono tutta a presentarsi in regola con quello che gli impone la burocrazia, e altrettanto fa chi sta dall’altra parte dello sportello. Ma almeno da un paio di mesi non basta più. Non basta la perseveranza di chi cerca un lavoro, e non basta l’abnegazione degli impiegati agli sportelli che, come ieri, dovevano chiudere a mezzogiorno e mezzo e invece hanno finito alle 14. Non basta perché è tutto il resto che manca, a cominciare dal direttore del dipartimento Sviluppo economico e Politiche del lavoro della Regione che da dicembre, da quando è scaduto il contratto di Tommaso Di Rino non è stato sostituito se non con un incarico temporaneo assegnato al funzionario dello stesso dipartimento Piergiorgio Tittarelli, coadiuvato dal dirigente Piero De Camillis. Una provvisorietà dovuta al mancato passaggio dei centri per l’impiego dalla Provincia alla Regione. «Un passaggio previsto a gennaio e invece prorogato al prossimo giugno», raccontano gli impiegati, «nel frattempo siamo in un limbo, abbandonati, sempre di meno e senza neanche la carta per la fotocopiatrice. Per farci accendere i termosifoni abbiamo dovuto scrivere alla Asl». Una situazione di disagio aggravata dall’entrata in funzione, lo scorso 5 dicembre, della piattaforma che per conto dell’Anpal, la nuova agenzia nazionale per le Politiche Attive del Lavoro introdotta dal Jobs act, unifica la rete nazionale degli enti che si occupano di lavoro. Compresi i centri per l’impiego. «Ma la piattaforma funziona a singhiozzo, o non funziona per niente, com’è successo il 2 febbraio», vanno avanti gli addetti ai lavori, «i cittadini che dovrebbero fare da soli, online, l’iscrizione alla Did, la dichiarazione di disponibilità al lavoro, non ci riescono e vengono qui a chiedere aiuto. Ma siamo noi che lo chiediamo, perché nessuno ci ha formati a gestire questo sistema». Il risultato è la totale confusione a discapito dei cittadini che dopo aver aspettato ore il proprio turno, pronti a esibire tutta la documentazione richiesta, spesso se ne devono tornare a casa con un nulla di fatto e la frustrazione di aver perso l’ennesima occasione. «Noi ce la mettiamo tutta», vanno avanti i dipendenti, «ma più di aprire quando dovremmo stare chiusi, come è successo ad esempio martedì, non possiamo». Ma non basta neanche questo. «È mezzogiorno sono arrivato alle dieci ma con questo numero non so se ce la farò ad arrivare allo sportello prima della chiusura», confida il 47enne A.D.M. tra la folla della sala d’attesa, «ma tanto non possiamo fare altro che aspettare, perché non c’è neanche una persona a cui chiedere. È la seconda volta che vengo, la prima, dieci giorni fa, ci ho rinunciato. Era anche peggio di oggi. Ma devo aspettare per forza, devo fare domanda come invalido civile per un posto e mi hanno detto che comunque devo fare l’iscrizione». Su tutte le furie U.E., pittore romeno di 43 anni: «Io devo mettere solo un timbro a questo foglio per ottenere la disoccupazione, ma niente. Mi hanno detto che devo fare la fila. Per una cosa da tre secondi ci sto passando la giornata». Mentre all’ingresso c’è chi neanche varca la soglia: «Qua è un macello», dice il ragazzo al telefonino, «ci torno»

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