ROMA Prima gli attacchi sui rimborsi, con il caso Bruxelles e quello delle restituzioni degli stipendi mancate di due parlamentari, Andrea Cecconi e Carlo Martelli, che porta alla rinuncia da parte di entrambi, poi quelli sul programma elettorale «copiato». Il M5s si sente asserragliato, sferra il suo attacco alla stampa che considera complice di una campagna elettorale «inquinata», e chiama in causa Sergio Mattarella. «Noi facciamo un appello al presidente della Repubblica perché sia garantita una informazione equa in questa campagna elettorale che così non è ad armi pari», tuona Luigi Di Maio. Gli fa eco la candidata alla presidenza del Lazio, Roberta Lombardi: «Vorremmo che fosse più incisivo in questa sua funzione di garanzia», afferma e poi lo attacca: «Mattarella appartiene a quella classe politica che ci ha lasciato il Paese nelle condizioni in cui è». Ma l'indice, ancora una volta, è puntato sui media. «Rai e Mediaset facciano informazione, non propaganda! Non è più tollerabile che la campagna elettorale sia inquinata in questo modo osceno. Così non è campagna ad armi pari!», si lamenta il leader M5s, che chiede a «direttori e giornalisti di fare un passo indietro rispetto agli ordini di scuderia dei partiti, a cui non sono tenuti a obbedire».A far infuriare il M5s è l'eco data dalle tv all'articolo di Repubblica sul caso dei rimborsi della responsabile comunicazione del Movimento a Bruxelles: «Come diavolo è possibile - dice Di Maio - che un giornale inventi una bufala come quella e tutti i tg la rilancino, e non c'è un solo tg che abbia parlato dell'assessore indagato, candidato del Pd per corruzione, e di Berlusconi per cui è stato richiesto il rinvio a giudizio per corruzione». Il M5s però non starà a guardare e si rivolgerà all'Ufficio europeo per la lotta antifrode. Intanto, Di Maio prosegue la campagna, difende il suo programma elettorale dalle accuse di plagio («ce l'hanno sempre copiato loro») mentre il deputato marchigiano Andrea Cecconi, deferito dal M5s ai probiviri per irregolarità sulle restituzioni degli stipendi, annuncia un passo indietro: «Decideranno sul procedimento disciplinare. Sono sereno e accetterò ciò che stabiliranno», ma «ho già deciso di rinunciare alla mia elezione». E scoppia pure un nuovo caso sulle liste in Sardegna, dove spunta un ex candidato con i Comunisti Italiani, Mario Perantoni Satta, tra i 5 Stelle in corsa per un seggio.