PESCARA - “Il 22 maggio si terrà udienza su un ricorso che noi abbiamo attivato come Regione Abruzzo, con grande autonomia di valutazione, contro una legge che stabilisce che i canoni di concessione della Regione Abruzzo debbano finire nella fiscalità generale”.
Così il presidente della giunta regionale abruzzese Luciano D’Alfonso, in conferenza stampa a Pescara, ha illustrato la strategia dell’amministrazione regionale, per contrastare l’aumento dei pedaggi, del 12,89%, applicato da Strada dei Parchi, lungo A24 e A25, a partire dal 1° gennaio scorso.
“Io invece sostengo che i canoni di concessione sono degli abruzzesi e devono servire a favore degli abruzzesi per comprimere gli aumenti delle tariffe autostradali”, ha detto.
“Noi siamo la Regione che attivò per prima, tra le regioni italiane, il ricorso per la normativa riguardante le trivelle e poi dicemmo che quel ricorso ci serviva per ottenere una norma nuova - ha ricordato D’Alfonso - In questo caso, se non avremo una norma nuova avremo una sentenza della Corte Costituzionale che ha forza anche di innovazione normativa”.
Il presidente della Giunta regionale abruzzese ha poi spiegato che la Regione agirà su tre fronti.
“Il primo riguarda il ricorso davanti alla Corte Costituzionale, per riprenderci i 56 milioni di euro l’anno dei canoni di concessione autostradale, rispetto ai quali affermiamo con forza che non possono finire nella fiscalità generale”, ha elencato.
“Il secondo è la determinazione di una norma che faremo in Parlamento, per rivedere l’assurdità di quel contratto conseguente all’assurdità di un bando di gara - ha proseguito - fissando un limite invalicabile all’aumento di tariffa, che per quanto mi riguarda è del 2% più inflazione”.
Il terzo e ultimo punto, ha concluso, “ci vedrà determinare una spinta in avanti di un piano economico finanziario, che consenta di rendere sempre più sicura l’infrastruttura autostradale, essendoci un grande rischio che sta sulle spalle dei pendolari, quello che diminuiscano le utenze e non si facciano le manutenzioni necessarie”.