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Data: 15/02/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Lo scandalo dei rendiconti. Di Maio: otto non in regola il buco è di 800 mila euro. Giungla dei rimborsi: non solo affitti e cene c'è chi presentava pure la polizza sanitaria

ROMA Forse era una forma di dissenso non restituire quanto promesso. Come spiegare infatti che l'elenco dei parlamentari infedeli proclamato ieri da Luigi Di Maio è pieno zeppo di ortodossi che facevano le pulci a tutto? Tra gli otto messi fuori dal M5S, per il caso delle mancate restituzioni delle indennità parlamentari, c'è, novità, Mimmo Pisano, nel M5S dal 2006, quello che diceva: «Per Casaleggio siamo solo pedine». Il deputato campano non si è ricandidato e, secondo Di Maio che ha operato l'incrocio di dati del Mef e quelli a disposizione del M5S, si è tenuto 200 mila euro. Pisano ha reagito così: «Prendo atto della volontà di violare la mia privacy e quella di tutti gli altri parlamentari coinvolti, sbattendoli in prima pagina senza raccontare le tante verità che per troppo tempo sono state nascoste ad arte sulle dinamiche interne M5S e dei gruppi. Io non reagirò come un cane bastonato. Chiarirò tutto».
Poi ci sono i già noti Andrea Cecconi (28 mila euro di mancati bonifici), Carlo Martelli (81 mila euro e niente liberatoria) e il capocannoniere, per così dire, Ivan Della Valle con 270 mila euro di mancati bonifici (anche lui non ha firmato liberatoria). Tutti e tre hanno chiuso il profilo Facebook e se ne vanno così, con una storia alle spalle di duri e puri. Ma ci sono anche la pizzarottiana Elisa Bulgarelli che si scagliava ferocemente contro i cerchi magici. Secondo Di Maio non ha bonificato 44 mila euro. Fuori dal M5S, senza appello, anche l'avvocato leccese Maurizio Buccarella. Non avrebbe restituito 137 mila euro. A dire addio è anche Emanuele Cozzolino che non ha restituito la modica cifra di 13 mila euro. Prima, con 186 voti, è risultata invece la biologa padovana Silvia Benedetti. Diceva che le mancava solo un bonifico come Barbara Lezzi, perdonata dal M5S come pare anche Giulia Sarti, ma invece il M5S ha contato 23 mila euro di bonifici non versati. A tutti è data la possibilità di replicare («il margine di errore è del 2%», ha detto Di Maio), soprattutto quelli con cifre piccole di mancate restituzioni. Ed è quello che intende fare Benedetti che controbatte e dice di portare in dote 150 mila di euro di versamenti effettuati regolarmente. C'è poi la classifica delle migliori restituzioni: Massimiliano Bernini che ha fatto e segnalato errori nei bonifici passati ma ha totalizzato 334 mila euro di donazioni, Luigi Gallo (279 mila euro), Giovanna Mangili (268 mila euro), Paola Carinelli (261 mila euro) e Vincenzo Caso (258 mila euro).
L'ANALISI
Le analisi sui tabulati recuperati dal Mef ieri mattina continuano a ritmo serrato. M5S annaspa perché quelle promesse di restituzione erano il loro vanto. E quindi per uscire dall'angolo picchiano duro sugli altri, sul Pd. Ieri sul blog sono stati pubblicati «i bonifici con cui Buzzi ha finanziato il Pd in tutte le sue diramazioni, dalla federazione romana, alle associazioni, fino al partito centrale e alla Leopolda di Renzi che nel giugno 2015, ha detto li avrebbe restituiti, ma in merito non ci sono notizie». Roberta Lombardi sostiene che in Regione Lazio su 3,2 milioni di fondi Ue, 2,4 sarebbero stati spesi in altro modo. Renzi soffia sul fuoco: «A Di Maio dico: se sei davvero sicuro delle tue idee e delle tue azioni, perché non ti presenti in tv in un dibattito pubblico? Adesso accetti la sfida o la revochi come fosse un bonifico qualsiasi?». Gli risponde Di Maio: «Renzi è il capo dei boomerang: sequestrato il conto di Vattuone, capolista Pd al Senato in Liguria, gli vengono contestate spese non istituzionali per circa 7000 euro». Sul faccia a faccia, però, no comment.

Giungla dei rimborsi: non solo affitti e cene c'è chi presentava pure la polizza sanitaria

Francescani lo sono stati. Ma il voto di povertà è durato poco. Lo spartiacque arriva nell'aprile del 2014, quando Grillo sbarca a Roma d'urgenza. Insofferenti per le restituzioni a piccole e medie imprese che limano di molto i loro guadagni, senatori e deputati chiedono al padre superiore del Movimento di poter tenere per sé almeno la diaria mensile di 9mila euro. Nel corso di quella drammatica riunione Grillo propone una quota fissa di restituzione della diaria uguale per tutti, ma non c'è niente da fare. «Un atto di generosità che Beppe ha pagato a caro prezzo», racconta un ex parlamentare del Movimento. È proprio a partire dall'aprile 2014 che molti pentastellati cominciano a trattenere buona parte dei rimborsi.
Un'inversione di rotta che appare evidente anche su maquantospendi.it, il sito che spulcia tra i rimborsi dei Cinque Stelle. Ad aprile 2014 i grillini avevano restituito più di un milione di euro. Ma dal mese successivo i soldi della diaria destinati alla collettività crollano a 300mila euro al mese, per non andare più oltre i 600mila se non in rari casi. È proprio da allora che i grillini smettono il saio della parsimonia. E indossano la grisaglia del privilegio. Da aprile 2013 a gennaio 2017, i parlamentari del M5s hanno speso in cibo 3,2 milioni di euro. Tra i più affamati Mattia Fantinati ( 46,391.65), Silvia Chimenti ( 41,649.26) e Danilo Toninelli ( 40,659.80). Praticamente a digiuno Massimiliano Bernini con zero euro, ma tra i più gandhiani ci sono anche il deputato torrese Luigi Gallo (poco più di 6mila euro di pasti in 4 anni) e Roberta Lombardi.
GEOMETRIE VARIABILI
Maquantospendi.it mette a verbale che i parlamentari grillini hanno speso in canoni mensili 5,5 milioni di euro in tre anni. Ma la somma è a geometria variabile. Ad esempio, la deputata uscente Marta Grande certifica da aprile 2013 a gennaio 2017 spese d'affitto per 108mila euro. «Un lusso, dato che vive a Civitavecchia: a un'ora di treno da Roma», commenta l'ex parlamentare del M5s». Ma a un'ora di treno da Roma vive anche il parsimonioso Bernini, che però preferiva rientrare a Viterbo tutte le sere, ed è quindi costato alle casse pubbliche zero euro. Tra le sistemazioni più esose, figurano quelle di Nicola Bianchi ( 73,601.14), Barbara Lezzi (quasi 67mila euro) e Nicola Morra (61mila), mentre Luigi Di Maio si è limitato a spendere 16mila euro. Il leader M5S guida però la classifica delle missioni non ufficiali: 42mila euro in tre anni. E quella della cancelleria: 7mila e 500 euro in penne e matite.
Nella hit delle consulenze (spese complessive per quasi 2,5 milioni di euro fino a gennaio 2017), spiccano invece i 136mila euro di Lello Ciampolillo. Lo stesso che fino a ottobre 2017 ha speso anche 90mila euro in hotel e 70mila euro di trasporti, di cui quasi 30mila in taxi. Ma differenze e contraddizioni emergono anche alla voce spese sanitarie. Nel 2017 il deputato grillino Riccardo Fraccaro cantò vittoria perché l'assistenza sanitaria non sarebbe più stata a carico dei contribuenti. Ma il mese precedente il collega Danilo Toninelli aveva fatto in tempo a farsi restituire 5.480 euro di assicurazione sanitaria integrativa, proprio mentre il più morigerato Di Battista ne chiedeva indietro soltanto 90. Il big grillino ha tuttavia speso parecchio in consulenze: 56 mila euro, di cui 40mila in avvocati. Molto gettonati i anche i trasporti, che ammontano a un totale di 1 milione e 633mila euro. Federico D'Incà, ricandidato dal M5s, ha speso in mobilità 39.772 euro, di cui 32mila per rimborsi chilometrici.
«Le regole sono chiare: deputati e senatori sono obbligati a conservare tutti gli scontrini. Perché non li tirano fuori?», si chiede un fuoriuscito del Movimento. Ma se alcuni ne parlano protetti dall'anonimato, altri hanno deciso di uscire allo scoperto. È il caso del senatore Giuseppe Vacciano, rottamato dal M5S nel 2015 dopo aver protestato contro le espulsioni di molti colleghi. «Chissà ha scritto - se qualcuno dopo tutto questo fracasso sulla quantità delle restituzioni vorrà soffermarsi sulla qualità delle spese».

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