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Data: 16/02/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Rimborsi, salgono a 14 i grillini sotto accusa Altri massoni in lista. «Della Valle a Casablanca». Ma lui nega Lombardi lo scarica: poco trasparente

ROMA Nella lotta alla revoca del bonifico M5S i vertici mostrano il pugno, che può essere piuma o ferro. Sotto sotto c'è la volontà irrefrenabile di chiudere tutto con una sanatoria tombale. E ci sono tante domande ancora senza risposta in questa Rimborsopoli M5S. Intanto Le Iene vanno avanti e ieri hanno pubblicato la seconda puntata dell'inchiesta in cui sostengono che i parlamentari infedeli sono quattordici e non dieci e che riveleranno se la lista di soli otto coinvolti stilata da Di Maio è esatta oppure no.
GHIGLIOTTINA
Perché Di Maio ha salvato dalla gigliottina delle espulsioni, con ampia discrezionalità , la senatrice Barbara Lezzi e la deputata Giulia Sarti. Nota bene: la prima è candidata all'uninominale contro Teresa Bellanova e Massimo D'Alema, e capolista in Puglia. La seconda idem: schierata all'uninominale di Rimini e tra le più votate, è pure capolista nel collegio plurinominale romagnolo. Insomma saranno rielette con certezza. Il lodo Lezzi, così è stata ribattezzata la sanatoria, prevede un trattamento di cortesia. Lezzi, in sostanza, è dentro, perché è stata beccata con un unico bonifico respinto di 3.500 euro che la senatrice ha provveduto a eseguire di nuovo. Giulia Sarti non è chiarissimo perché è stata salvata. Lei non ha restituito 23 mila euro. Quei bonifici avrebbe dovuto farli, con il suo consenso, l'ex fidanzato Bogdan Andrea Tibusche che ora lei ha denunciato in questura. Sarti è stata fidanzata con Bogdan «per circa 4 anni» e nonostante il rapporto fosse finito da circa un anno, «la nostra convivenza è continuata». Sarti spiega che Bogdan, consulente informatico si «occupava, con il mio consenso della gestione della contabilità», incluse le restituzioni al fondo del microcredito. E se ne è accorta solo martedì sera. Così ha bonificato i 23 mila euro mancanti. «Voglio precisare - dice Sarti nella denuncia - che Bogdan mi aveva avvisato che non avrebbe fatto i versamenti in maniera puntuale perché quelle somme di denaro gli servivano urgentemente per curarsi, ma ero convinta che avrebbe fatto i versamenti in un secondo momento».
Persino Luigi Di Maio è costretto a smussare i contorni spigolosissimi di questa vicenda. Un po' come Manlio Di Stefano che dice che il 99% dei versamenti è ok. Significa che va tutto bene e si metterà una pietra tombale anche su questo vago 1% di truffe? Di Maio non ha inserito Lezzi e Sarti nella lista degli espulsi ma ammette (abbuonando?) che in alcuni casi si tratta di poche decine di euro. E allora perché se Benedetti e Cozzolino non hanno restituito 23 mila euro, come Sarti, e 13 mila euro, sono fuori? Non avevano giustificazioni convincenti?
Su Massimiliano Bernini, il capocannoniere delle restituzioni che ha donato 334 mila euro, Di Maio dice che aveva «segnalato in tempi non sospetti errori sui propri bonifici che poi ha ripianato». Possibile che quegli errori commessi da un convinto donatore come Bernini non abbiano sollevato dubbi e quindi necessità di verifiche puntuali?
Le Iene, intanto, promettono di svelare «un altro giochino» diverso dai bonifici annullati che permetteva di trattenere soldi. Allora: chi sono i più impresentabili? I vecchi o i nuovi pentastellati? Perché si profila una bella gara. Dopo il caso di Lello Vitiello a Castellammare di Stabia, ieri sono stati scoperti altri due massoni nelle liste del M5S. A Lucca, alla Camera, hanno candidato Piero Landi, iscritto alla loggia Francesco Burlamacchi. E poi, in Calabria, è candidato Bruno Azzerboni. Sono stati espulsi dal M5S «Per me la massoneria é un capitolo chiuso e credevo che il passato non contasse», si è giustificato Bruno Azzerboni. «Faccio un esempio: se io mi fidanzassi adesso con una signorina - aggiunge Azzerboni, ordinario di Elettrotecnica all'Università di Messina - lei sarebbe interessata al futuro e non al mio passato».

«Della Valle a Casablanca». Ma lui nega Lombardi lo scarica: poco trasparente

ROMA L'unica certezza, al momento, è che non farà parte della prossima giunta regionale del Lazio, in caso di vittoria di Roberta Lombardi e del Movimento 5 stelle: la zarina ieri lo ha scaricato, dopo averlo preso in considerazione per il ruolo di assessore alle attività produttive. Per il resto, è giallo sui movimenti di Ivan Della Valle, uno degli otto parlamentari pentastellati messi alla porta da Luigi Di Maio dopo il caso delle mancate restituzioni per il fondo del microcredito.
I FONDI
O meglio a creare un clima da film di 007, con improbabili fughe extraeuropee, è stato il padre del deputato, non ricandidabile per il regolamento interno del M5S perché reduce da due mandati elettivi. A Della Valle junior il candidato premier pentastellato contesta di non aver restituito 270 mila euro, anche se per il diretto interessato sarebbero meno, circa 190 mila.
IL VIAGGIO FANTASMA
«Ivan l'ho sentito ieri o l'altro ieri, quando è scoppiato il caso, e allora io gli ho consigliato vai a farti un giro - ha detto Mauro Della Valle, il genitore, al Corriere Tv - Ora è a Casablanca, o giù di lì. È ospite dei genitori della sua ex moglie». Magari, ipotizzava, «aprirà lì un'attività, tanto ormai in Italia chi se lo prende: chi potrebbe dargli un incarico o del lavoro dopo quello che è successo». Con una postilla, non di scarso rilievo, sulle scelte parlamentari del figlio: «Lo posso condannare però perché è stato un imbecille a non dare le dimissioni quando si è reso conto che non condivideva nulla con i Cinque stelle», ha aggiunto il padre dell'esponente grillino. Quei soldi, insomma, «poteva tenerseli ugualmente» lasciando il Movimento «e stare tranquillo, pacifico e beato come tutti quelli che sono usciti».
LA SVOLTA
Quando ormai si pensava a un Della Valle emigrato in Marocco, in attesa che passasse la bufera e il clamore della vicenda rimborsi (magari dopo le elezioni del 4 marzo), da Ivan in persona arriva la sorpresa: «Non sono in Marocco, non ho fatto nulla, non devo fuggire da nulla - sottolinea il parlamentare uscente - Mio padre oggi è stato assalito dai cronisti, è un uomo di 80 anni che vuole proteggermi, ha fatto una battuta che è stata male interpretata». Niente Casablanca, quindi, ma solo una fuga temporanea, tra Roma e il Piemonte, per riordinare le idee.
LO STOP
A bocciarlo, intanto, ci pensa Roberta Lombardi, che aveva pensato a Della Valle «come assessore alle attività produttive della Regione Lazio, vista l'esperienza maturata alla Camera dei deputati nella medesima commissione - dice la candidata governatrice - Ma nei giorni del servizio delle Iene e dei casi di Cecconi e Martelli, oggi fuori dal M5S, mi è venuto lo scrupolo di contattarlo e chiedergli se lui era in ordine. L'ho sentito tentennare, la cosa non mi è piaciuta e gli ho detto che poteva ritenere nullo quello di cui avevamo parlato nelle settimane precedenti: per me la trasparenza e la coerenza valgono più di ogni cosa». L'eventuale giunta pentastellata nel Lazio ha un'altra casella vacante.

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