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Data: 19/02/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Verso il voto del 4 marzo - Impegni dei partiti un buco che vale decine di miliardi

ROMA Sono scoperti per decine di miliardi i programmi economici dei partiti che chiedono il voto degli italiani il 4 marzo. Le ricette sono diverse, anche se non mancano punti di contatto. Alcune sono più dettagliate, altre meno: ma per quanto riguarda in particolare le coperture la quantificazione è generalmente piuttosto approssimativa. Nel caso del centro-destra una voce molto importante è la riduzione delle attuali agevolazioni fiscali: viene indicata una cifra anche sovrabbondante, i 175 miliardi stimati come minor gettito tributario a fronte di detrazioni e deduzioni, senza però precisare quali singole voci potranno essere eliminate. In generale, la prosecuzione della spending e della lotta all'evasione fanno parte del programma di tutti i partiti, ma anche in questo caso le indicazioni sono scarsamente analitiche e anche per questo risultano insufficienti. Un altro filone a cui si fa ricorso è l'allentamento degli attuali vincoli europei di bilancio. Il Pd, che originariamente aveva ipotizzato il ritorno a Maastricht, ovvero lasciar correre il rapporto deficit/Pil fino alla soglia del 3%, ragiona ora su obiettivi meno ambiziosi per l'avanzo primario (il saldo di bilancio che non tiene conto degli interessi sul debito pubblico). Molto più vago sul punto il programma di M5S che il 3% si dice intenzionato a superarlo. Ma al di là dei vincoli europei il governo che ci sarà dovrà tenere d'occhio il debito pubblico, sul quale si scaricherebbe il peso delle promesse.

CENTRODESTRA - Piano da dieci punti di Pil tagli e condoniper finanziarlo
La principale proposta elettorale del centrodestra è la flat tax, l'aliquota unica per tutti i redditi. Forza Italia e Lega ne hanno due versioni diverse: la prima propone una tassa piatta al 23%, la seconda al 15%. Il costo della proposta del partito guidato da Silvio Berlusconi, secondo alcune simulazioni, è di circa 65 miliardi di euro. E questo al netto già di alcune coperture individuate: l'abolizione degli 80 euro per i redditi fino a 26 mila euro introdotta dal governo Renzi (vale circa 10 miliardi), e della cancellazione di tutte le detrazioni fiscali sui redditi da lavoro, da attività autonome e da pensioni, che valgono più di 30 miliardi. La restante parte delle coperture dovrebbe arrivare dallo shock positivo che l'abbattimento delle tasse avrebbe sull'economia: più crescita, più consumi, più gettito fiscale, minore evasione. Siccome però le regole Eurostat non consentono di coprire misure di spesa con future entrate, e considerando anche che dall'entrata in vigore di una riforma del genere fino alla produzione dei suoi effetti passerebbe qualche anno, il centrodestra propone una «pace fiscale», una maxi sanatoria per chiudere tutte le liti con il Fisco e finanziare con il gettito la riforma. Che nella versione della Lega avrebbe un costo più alto, di circa 90 miliardi di euro. La flat tax, tuttavia, è solo una delle proposte che drenano risorse. Vanno aggiunti anche il reddito di dignità da mille euro al mese, l'aumento delle pensioni minime, sempre a mille euro, l'azzeramento della legge Fornero, l'eliminazione dell'Irap, l'abolizione del bollo auto e altre proposte minori. Secondo alcune stime, nel complesso, il programma del centrodestra, se attuato per intero, avrebbe un costo che potrebbe oscillare tra i 160 e i 300 miliardi di euro a seconda di come vengono declinati i provvedimenti. In pratica da 10 a 20 punti di prodotto interno lordo.

MOVIMENTO CINQUE STELLE - Rispolverata la spending draconiana di Cottarelli
Il Movimento Cinque Stelle ha presentato un programma nel quale indica i costi delle misure e le relative coperture. Secondo le stime dei grillini, attuare le loro promesse elettorali costerebbe 78,5 miliardi di euro, mentre sarebbero già state individuate coperture per 79 miliardi. Insomma, secondo il Movimento l'attuazione del programma genererebbe addirittura un avanzo di 500 milioni. Ma è così? In realtà alcune spese sembrerebbero essere sottostimate e alcune entrate sovrastimate. La principale proposta dei Cinque Stelle è il «Reddito di cittadinanza», un assegno che può arrivare fino a 1.700 euro per una famiglia con due figli. Per i grillini la proposta costa 15 miliardi di euro come, dicono, ha confermato l'Istat nel 2015. In realtà diversi economisti, come Massimo Baldini e Francesco Daveri, hanno calcolato in 29 miliardi l'esborso necessario per garantire il reddito di cittadinanza. Una stima che coincide sostanzialmente con quella fatta anche dall'Inps. Così come il superamento della Legge Fornero, che secondo i grillini costerebbe 11 miliardi, secondo altri, come l'economista Roberto Perrotti, di miliardi ne richiederebbe almeno 15. Il Movimento Cinque Stelle per le coperture fa molto affidamento sulla «Spending review» alla quale aveva lavorato Carlo Cottarelli con il governo Letta. Ritengono di poter riprendere in mano il lavoro dell'ex commissario per recuperare 30 miliardi di tagli. Più facile a dirsi che a farsi. Primo perché 10 miliardi di quel programma sono già stati attuati. Ne restano dunque 20 ancora da implementare, ma furono messi da parte perché ritenuti politicamente sensibili. Come, per esempio, gli 85 mila esuberi nella Pubblica amministrazione, le pensioni di reversibilità legate al reddito o l'accorpamento delle altre forze di polizia.

CENTROSINISTRA - Meno vincoli sul deficit e lotta all’evasione
Il costo del programma del Pd è stato quantificato da Tommaso Nannicini, ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio che dell’elaborazione del programma è ora coordinatore, in 35 miliardi di euro nell’arco di 5 anni. La principale voce di spesa è rappresentata dall’introduzione di un unico assegno per le famiglie con figli, al posto degli attuali strumenti di sostegno dispersi su più canali. Questa proposta contiene già in sé una parte della copertura, nel senso che si attingerebbe proprio ai fondi attualmente impegnati per detrazioni fiscali, assegni al nucleo familiare, bonus legati alla maternità ed alla nascita ed altri ancora. Resterebbero però circa dieci miliardi da finanziare, data la maggiore generosità della proposta del Pd. Più contenuto il costo di un’altra misura chiave, ovvero la riduzione strutturale del cuneo contributivo sul lavoro stabile (un punto all’anno per quattro anni): il meccanismo sempre secondo Nannicini produrrebbe oneri limitati nei primi anni, data la sua natura graduale, mentre a regime dovrebbe essere finanziato per poco meno di 2 miliardi l’anno. Sul fronte fiscale le riduzioni promesse riguardano sia le imprese (con un ulteriore calo dell’aliquota Ires) sia i lavoratori autonomi che beneficerebbero di un bonus simile agli 80 euro percepiti dai lavoratori dipendenti. Il piano dello stesso Pd per le coperture si affida in buona parte ad un allentamento dei vincoli di finanza pubblica, in termini di minor avanzo primario: questo saldo (la differenza tra entrate e uscite al netto della spesa per interessi) resterebbe al 2% del Pil con un beneficio stimato in mezzo punto l’anno (8-9 miliardi). Il resto delle coperture dovrebbe arrivare da revisione alla spesa e lotta all’evasione fiscale. Nell’ambito del centro-sinistra +Europa si distingue proponendo invece il congelamento della spesa al suo livello nominale.

LIBERI E UGUALI - Una tassa patrimoniale per i nuovi investimenti
Una nuova tassa impostata sostanzialmente come patrimoniale e ben 30 miliardi da ricavare con nuove misure di lotta all'evasione. Sono due punti forti del programma di Liberi e Uguali, messo a punto da tra gli altri anche dall'ex ministro Vincenzo Visco. Le risorse servirebbero anche a finanziare una forte ripresa degli investimenti pubblici i quali a loro volta grazie ad un elevato moltiplicatore permetterebbero - nelle intenzioni del partito guidato da Pietro Grasso - di dare una buona spinta alla crescita.
La patrimoniale dovrebbe di fatto sostituire alcuni degli attuali tributi che hanno una base imponibile di questo tipo: si parla dell'Imu sugli immobili, ma anche dell'Irap delle ritenute sui redditi da capitale. Il prelievo avrebbe un'aliquota variabile tra lo 0 e l'1 per cento - dunque con un livello medio dello 0,5 - e sarebbe di tipo progressivo, con esenzione corrispondente ad un patrimonio familiare standard. Elementi di maggiore progressività verrebbero inseriti anche nell'imposta sul reddito: l'aliquota massima dell'Irpef sarebbe posta al 50 per cento per la quota di reddito che supera i 300 mila euro, mentre verrebbe ridotto il prelievo a carico dei redditi medio-bassi. Quanto alla lotta all'evasione, il programma di Leu guarda da una parte alle multinazionali, con strumenti quali la web tax ed un prelievo alla fonte sui trasferimenti interni ai grandi gruppi, dall'altra alle transazioni Iva che rientrerebbero in un meccanismo di fatturazione elettronica ulteriormente potenziato, con il collegamento diretto dei registratori di cassa all'Agenzia delle Entrate.
Sul fronte della spesa pubblica, viene giudicata ormai esaurita, perché non più in grado di produrre risultati, la logica della spending review; si propongono invece piani industriali per i singoli settori della pubblica amministrazione.

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