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Data: 19/02/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Meloni: patto anti inciucio Assenti i leader alleati, sfuma la chiusura unitaria

ROMA A casa tutti bene, dice la gigantografia (mucciniana) srotolata sulla facciata del cinema Adriano. E nella casa del centrodestra, quella che in un'altra epoca politica si chiamava per l'appunto casa delle libertà? Tutto bene, ma non benissimo, verrebbe da dire. Perché i sondaggi, almeno gli ultimi pubblicati prima del gong suonato dall'Agcom per questo scorcio finale di campagna elettorale, dicono che la coalizione è largamente in testa, ma non è sicuro che basti per controllare Camera e Senato. E allora riecco lo spettro dell'inciucio, del governissimo, quello che Giorgia Meloni ieri ha promesso di ostacolare in ogni modo, «saremo il granello che blocca l'ingranaggio».

NEL MULTISALA DI FERRERO Nella multisala di piazza Cavour a Roma - il proprietario è Massimo Ferrero, il vulcanico patron della Samp - i Fratelli d'Italia pronunciano un solenne giuramento anti-inciucio, ribadito poi davanti all'Altare della Patria. Ma giurano da soli, perché gli alleati non si fanno vedere. E a questo punto sembra sfumare definitivamente l'ipotesi di una chiusura della campagna elettorale unitaria, per il centrodestra. Ognuno andrà per sé.

FORFAIT E REAZIONI Un po' di amarezza, per i forfait di ieri, c'è. «Se venivano anche gli altri partiti avrebbero fatto un bel gesto. Sono gli italiani che hanno paura dell'inciucio, dopo il governo Monti e gli altri», ammette Daniela Santanché, in prima fila contro le (possibili) larghe intese. «L'importante è che poi non ci siano i trasformisti», dice Fabio Rampelli, capogruppo di Fdi alla Camera. «Gli alleati non ci sono? Ma noi non siamo soli», sorride Isabella Rauti, ormai separata (non solo politicamente) dal marito Gianni Alemanno, appaiato a Salvini col suo Movimento sovranista.
«La verità? Alcuni di Forza Italia e Lega avrebbero voluto venire, ma non potevano proprio, dato che i loro leader non c'erano...», confida Ignazio La Russa, comunque soddisfatto perché nella platea dell'Adriano non è rimasta vuota una poltroncina rossa, anche con gli alleati assenti.

«INIZIATIVA DANNOSA» Assenti con sfumature diverse, va detto, perché Salvini non si è presentato per «altri impegni politici», mentre il Cav ha proprio cassato l'iniziativa, ritenuta «dannosa, perché confonde gli elettori». Per la quarta gamba del centrodestra ha parlato ieri sera Maurizio Lupi, leader di Noi con l'Italia: «Non abbiamo bisogno di sottoscrivere un patto anti-inciucio in questi ultimi quindici giorni, ma di lavorare bene».
«Giudicheranno gli italiani», chiosa sul palco Giorgia Meloni, che parla dopo Guido Crosetto e altri 10 candidati di Fdi (da Lara Magoni, ex campionessa di sci, al paracadutista Giampiero Monti, ribattezzato da queste parti il «Monti» buono). «Mi dispiace - dice Meloni - perché questa iniziativa l'avevamo concordata, poi con scuse di vario genere hanno preferito non esserci e mi lascia perplessa questa assenza. La manifestazione è dannosa se vuoi fare l'inciucio..», è la prima frecciatina al Cav, incalzato subito dopo perché riveli «qual è il suo candidato premier prima del voto». Galvanizzata dagli applausi dei suoi, arrivati a Roma con i pullman da Biella, Pesaro e Catania, Meloni ne ha per tutti; boccia un ipotetico Gentiloni-bis («per prima cosa farebbe la legge sullo ius soli»), attacca il premier «che è andato da Merkel a dirle come voteranno gli italiani, mi vergogno»; sostiene che Roberto Saviano «da Manhattan non veda la mafia nigeriana»; se la prende col ministro dell'Interno Marco Minniti, che nei giorni scorsi ipotizzava un governo di unità nazionale: «Se una forza politica che arriva terza esprime il premier, è un colpo di Stato», dice la leader di Fdi. Che poi, a comizio concluso, si precipita alla Garbatella, dove la accoglie un berlusconiano doc, Davide Bordoni, luogotenente del Cav nella Capitale, che qui corre all'uninominale. E uno spiraglio di coalizione si rivede.

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