L'AQUILA - Da 681 milioni a 765 milioni di euro, questo è il passivo che risulta dal riaccertamento contabile dei debiti e crediti pregressi, approvato in Giunta pochi giorni fa. Una nuova voragine si apre dunque nei conti abruzzesi, ad aggravare già un pesante disavanzo che andrà coperto a rate in vent’anni? Niente affatto, assicurano dagli uffici contabili di Palazzo Silone: in realtà il disavanzo, che è il dato che conta, continua a scendere, ed è stato in base all’ultimo riaccertamento inferiore di 29 milioni di euro rispetto il 2014.
A incidere sul peggioramento del risultato di amministrazione sono in realtà 114,4 milioni di euro che la Regione, a partire dall'esercizio 2015, è stata obbligata per legge ad accantonare per istituire un articolato fondo rischi.
Per l'esattezza: 27,2 milioni di euro accantonati per istituire un fondo rischi dei crediti di dubbia esigibilità, 26,4 milioni di euro per il fondo rischi relativo a spese legali, 4,8 milioni per il fondo rischi in caso di eventuali perdite delle società partecipate. Soldi congelati, ma comunque in cassa.
E di conseguenza non c’è il rischio che aumenti la consistenza delle rate da 25,5 milioni di euro, con cui ripianare il disavanzo, che gli abruzzesi dovranno onorare nei prossimi 20 anni, e non più in 10 anni, grazie alla norma salva-Abruzzo approvata a fine 2017 dal governo.
La partita dei rendiconti però non è ancora finita: bisogna recuperare ancora l’annualità 2016, e la delibera è attesa per il 28 febbraio prossimo.
A quel punto dopo anni di finanze allegre, la regione avrà fatto finalmente pulizia nei suoi bilanci, e chiuderà finalmente una partita affannosa che ha causato nei mesi scorsi le continue prese di posizione e bacchettate da parte della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti, che a imposto il blocco dei contratti e delle assunzioni, ovvero l’impossibilità per Palazzo Silone di far arrivare a comando dipendenti da altri enti, dai Comuni in primis, per rimpiazzare postazioni sguarnite, la necessità di nominare direttori vicari pro tempore che devono mettere una pezza, in attesa che si possano firmare i contratti di quelli che hanno vinto i concorsi.
E ancora dipendenti a tempo e con contratto scaduto che non possono essere riconfermati né rimpiazzati, come pure quelli che vanno in pensione. Una situazione di impasse che si è inevitabilmente riverberata sul buon funzionamento della macchina amministrativa.
Non ci si potrà però più cullare sugli allori: entro il 30 aprile di quest’anno, andrà approvato il rendiconto del 2017, e questa scadenza dovrà essere rispettata ogni anno, finalmente in un regime di normalità. Con la Corte dei conti che attende minacciosa al varco.