PESCARA L'industria abruzzese annaspa. Calano gli investimenti, il fatturato resta immobile, sale a livelli impressionanti il ricorso ai contratti di solidarietà e l'unica occupazione che cresce a ritmi sostenuti è quella precaria fatta di contratti a termine, stagionali, di apprendistato, di incertezza dunque. Il quadro, impietoso, è fornito dalla Cisl Abruzzo e Molise che, tramite il segretario generale aggiunto e responsabile delle politiche del settore industria, Riccardo Gentile, traccia un'analisi lucida anche di ciò che si deve fare per reinnestare un po' di linfa vitale al tessuto produttivo abruzzese, un sistema capillare di piccole e medie imprese che sta vivendo l'anno zero della crescita. LO STATO DELLE COSE. Secondo gli ultimi dati di Movimpresa-Unioncamere, la nascita di nuove imprese rallenta. Un ritardo che è accompagnato per giunta da un tasso di crescita basso rispetto alla media delle altre regioni italiane, in modo particolare di quelle del Mezzogiorno e che si verifica nonostante gli incentivi e i fondi pubblici erogati.Nel 2017 il tasso di crescita delle aziende abruzzesi si attesta infatti sullo 0,38 % rispetto ad un incremento del tasso nazionale del +0,75%. L'anno scorso gli addetti alle imprese erano 423.096, un dato che non è ancora rientrato in quelli pre-crisi, ovvero i 425.523 addetti del 2012. Ma a preoccupare è soprattutto lo stato di salute delle aziende. Lo riporta il Check-up Mezzogiorno, il rapporto curato da Confindustria e centro studi Srm: alla riduzione del numero delle unità locali (-13,1%), le aziende abruzzesi hanno risposto con un calo degli investimenti del 42,2% e un indice del fatturato fermo a quasi 42 miliardi. Se da un lato il numero delle imprese che hanno aperto una procedura fallimentare si è abbassato, dall'altro, come segnala l'Osservatorio Cerved Group, è aumentato dello 0,2 per cento in controtendenza con la media negativa nazionale (-6,2%), il numero delle imprese che hanno scelto di chiudere volontariamente l'attività.IL CASO CHIETI. Una drammatica cartina al tornasole è rappresentata dal caso provincia di Chieti, traino dell'economia abruzzese negli ultimi anni, che da sola copre oltre i due terzi dello scambio commerciale regionale e che però attualmente arranca.«La fragilità di Chieti si coglie dall'andamento delle esportazioni nell'ultimo anno - riporta Gentile - Il valore delle esportazioni cresce in tutto l'Abruzzo del 2,3%, ma rallenta soprattutto a Chieti (0,8%)".GLI AMMORTIZZATORI. Secondo i dati comunicati dall'Inps nel 2017 il ricorso alle ore autorizzate di cassa integrazione si è leggermente abbassato (-13%), ma è aumentato in modo esponenziale il ricorso ai contratti solidarietà. L'unico dato con segno più riguarda l'aumento del lavoro precario. L'industria ha inoltre meno manodopera rispetto ai primi nove mesi del 2016 per il tracollo del settore edilizio che segna -16mila lavoratori. CHE COSA FARE. L'Abruzzo, secondo l'analisi della Cisl, «non è competitivo, non ha un sistema formativo e un mercato del lavoro efficiente, le infrastrutture sono scarse ma soprattutto non investe in innovazione e ricerca, generando così anche una forte instabilità macroeconomica». C'è bisogno quindi di «una rete di politiche attive per accompagnare e tutelare la persona dalla scuola al pensionamento».«Bisogna investire su orientamento, istruzione, formazione continua - conclude Gentile - accelerare i percorsi di alternanza scuola-lavoro e investire in innovazione e ricerca attraverso, ad esempio, il piano nazionale Impresa.4 teso ad incentivare la nascita di nuove imprese innovative e a favorire l'avanzamento tecnologico del sistema produttivo. Gli interventi infrastrutturali, priorità per il rilancio delle attività imprenditoriali, scontano l'immobilismo del MasterPlan. E bisogna ripartire dalla contrattazione: le organizzazioni sindacali possono favorire il dialogo tra imprese e Regione».