«Dobbiamo prepararci allo scenario peggiore: un governo non operativo in Italia». Il Presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, a dieci giorni dal voto, irrompe bruscamente nella campagna elettorale scatenando lo scontro politico. Un'instabilità, incalza l'ex premier lussemburghese, che potrebbe provocare «una forte reazione dei mercati nella seconda metà di marzo». Frasi che provocano subito un rallentamento della Borsa di Milano, maglia nera in Europa con una chiusura in calo dello 0,84%, e la reazione del governo e dei partiti italiani che, tranne Emma Bonino, danno l'altolà a Juncker, costretto alla fine a frenare. L'uscita, ruvida, del presidente della Commissione Ue spiazza quasi tutti. «Le elezioni non sono un salto nel buio, non temo il baratro» assicura il premier Paolo Gentiloni che in serata vola a Bruxelles in vista del vertice informale dei 27 di domani. Palazzo Chigi, a quanto si apprende, fa sentire la sua voce, con una serie di contatti con Bruxelles. E anche il Presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani chiede chiarimenti. Così, al termine di un serrato confronto politico-diplomatico, arriva il netto dietrofront: «Qualunque sarà l'esito elettorale - osserva Juncker in una nota - sono fiducioso che avremo un governo che assicurerà che l'Italia rimanga un attore centrale in Europa e nella definizione del suo futuro». Cauti anche gli analisti della banca d'affari internazionale, Jp Morgan, secondo cui dopo il 4 marzo c'è sì un rischio di stallo, ma nessun rischio sistemico. Tuttavia lo scontro s'era ormai già consumato. L'intervento a gamba tesa di Juncker viene accolto, tranne pochissime eccezioni, con freddezza e irritazione da tutte le forze politiche. Le parole del presidente della Commissione vengono lette con attenzione anche dal Colle e accolte con sorpresa. Freddo anche il premier, Paolo Gentiloni che in modo pacato, ma determinato, assicura che «i governi, governano» e sono «tutti operativi». Sulla stessa linea, magari con toni più accesi, le reazioni delle forze politiche. Il Movimento cinque Stelle accusa apertamente il capo dell'esecutivo Ue di aver fatto «un'ingerenza nella vita politica di uno dei Paesi fondatori dell'Unione». «Meritiamo rispetto. La politica dei moniti e dei diktat di Bruxelles - protesta l'europarlamentare 5 stelle Fabio Massimo Castaldo - è morta e sepolta». Netta anche la posizione del ministro dem Graziano Delrio che ricorda come quello che accadrà il 5 marzo «lo decideranno i cittadini italiani». Dura anche la reazione di LeU: «Invece di parlare a ruota libera sarebbe bene che il presidente della Commissione Ue si occupasse dei disastri combinati anche sotto il suo mandato», attacca Nicola Fratoianni che esorta Juncker a «tacere». Irritato anche il centrodestra. L'azzurro Renato Brunetta definisce «strane e paradossali» le parole di Juncker. «L'alto burocrate Ue - rincara l'ex ministro - sbaglia: il centrodestra è in vantaggio, lo scenario che abbiamo davanti è un governo stabile poco dopo il voto». Cauto Silvio Berlusconi, secondo cui l'unica preoccupazione del Presidente della Commissione Ue «è fermare i populisti e i pauperisti», e solo il centrodestra, aggiunge, «è in grado di farlo». Di fronte a tante critiche, si distingue la posizione più comprensiva di Emma Bonino. «Juncker - osserva la leader di +Europa - dice quello che dicono tutti i commentatori. Del resto, è intervenuto anche su Brexit e sulla Catalogna. Non è che stiamo facendo una grande figura di serietà...».