ROMA Il mercato del lavoro in Italia offre segnali di forte ripresa. Ma il prezzo da pagare, per molti italiani che finalmente trovano un posto, è l'insicurezza. Bene invece l'industria che nel 2017 ha fatto registrare la più alta crescita del fatturato dal 2011: +5,1%. L'osservatorio Inps sul precariato snocciola numeri che rimandano l'immagine plastica di un Paese nel quale il posto fisso batte in ritirata lasciando il campo a forme sempre più flessibili. Alla fine del 2017, nel settore privato, si registra un saldo, tra i flussi di assunzioni e cessazioni di contratto, pari a +488 mila, superiore a quello corrispondente del 2016 (+326 mila) ma inferiore a quello del 2015 (+613 mila). E quando si entra nel dettaglio, il dilagare del precariato si materializza chiaramente. Le statistiche parlano di una diminuzione di 117 mila contratti a tempo indeterminato, alla quale si contrappone una crescita di apprendistato (+58 mila), stagionali (+10 mila) ma soprattutto contratti a tempo determinato, in salita di 537 mila unità. Insomma, annota l'Inps nella sua indagine, «scende ancora l'incidenza dei contratti a tempo indeterminato sul totale delle assunzioni, che si ferma al 23,2% nei dodici mesi del 2017 contro il 42% del 2015, quando era in vigore l'esonero contributivo triennale per i contratti a tempo indeterminato». Praticamente, quindi, meno di un'assunzione su quattro è fissa e rispetto a picchi del 2015 si registra quasi un dimezzamento.
Nell'intero 2017 sono stati attivati, comprese le trasformazioni, 1.547.370 milioni di contratti a tempo indeterminato con un brusco calo del 9,8% sul 2016. Tra le assunzioni a tempo determinato appare significativo l'incremento dei contratti di somministrazione (+21,5%) e ancora di più quello dei contratti di lavoro a chiamata che, con riferimento sempre all'arco temporale gennaio-dicembre, sono passati da 199 mila (2016) a 438 mila (2017), con un incremento del 120%. Questo aumento, con tutta evidenza, è collegato alla necessità per le imprese di ricorrere a strumenti contrattuali sostitutivi dei voucher, improvvidamente cancellati dal governo a partire a marzo dell'anno scorso e sostituiti, da luglio e solo per le imprese con meno di 6 dipendenti, dai nuovi contratti di prestazione occasionale.
I NUMERI
In questo quadro contraddittorio, l'Istat, come detto, ha certificato che nel 2017 il fatturato dell'industria, corretto per gli effetti di calendario, è aumentato del 5,1%, mentre gli ordini sono saliti del 6,6%. Il risultato è trainato sia dal mercato interno (+2,9%), sia da quello estero (+1,9%). Tra l'altro, nel solo mese di dicembre 2017, l'indice destagionalizzato del fatturato ha raggiunto il livello più elevato (110) da ottobre 2008. Come a dire che, anche se per un solo mese dell'anno, l'Italia è tornata su livelli pre-crisi. Anche in termini tendenziali il fatturato è salito del 7,2%, con incrementi del 7,3% sul mercato interno e del 7,1% su quello estero. Tutti i settori registrano incrementi tendenziali, ma quello maggiore del comparto manifatturiero si rileva nella fabbricazione di prodotti di elettronica ed ottica (+17,6%). Intanto, ancora l'Istat rivede al rialzo l'inflazione di gennaio: l'indice nazionale dei prezzi al consumo, al lordo dei tabacchi, aumenta dello 0,3% su base mensile e dello 0,9% su base annua come a dicembre 2017 (la stima preliminare era rispettivamente 0,2% e 0,8%). Quanto al cosiddetto carrello della spesa, vale a dire l'andamento prezzi dei prodotti ad alta frequenza di acquisto, a gennaio salgono dello 0,7% in termini congiunturali e dell'1,3% rispetto all'anno precedente (dall'1,5% del mese precedente).