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Data: 26/02/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
M5S, un carabiniere ministro dell'Ambiente. Irritazione dell'Arma. L'ambientalista che combatte le ecomafie, il segnale dei grillini agli elettori del sud

ROMA Per far vedere che fa sul serio Luigi Di Maio comincia a delineare la sua squadra e fa il nome del possibile ministro dell'Ambiente. È Sergio Costa, Generale di Brigata dell'Arma dei Carabinieri, nella quale è confluito con tutto il Corpo Forestale. In Campania è conosciuto per le sue battaglie contro le discariche che hanno funestato i campi del casertano e il Parco Nazionale del Vesuvio. «Da servitore dello Stato, qualora fossi indicato, mi renderò disponibile», è la risposta di Costa .
IRRITUALITÀ
L'irritualità di una candidatura a ministro, che l'Arma apprende dai giornali mentre Costa è ancora in servizio, suscita al Comando generale sorpresa e qualche disappunto ai quali, ovviamente, non si fa cenno nella nota ufficiale diffusa in serata. Il comunicato si limita piuttosto a prendere atto della decisione del militare e a comunicare che, da ieri e fino al 6 marzo, Costa sarà in licenza. Poche laconiche righe, quasi una nota di servizio. «Il Generale di Brigata Sergio Costa, comandante della Regione Carabinieri Forestale Campania - si legge - ha fornito la propria disponibilità ad assumere un incarico di governo, qualora chiamato a farlo. Nel contempo ha richiesto di essere posto in licenza per evitare che la sua personale decisione possa condizionare le attività di servizio. Il Comando Generale dell'Arma ha autorizzato la concessione della licenza a partire da oggi, alla luce della normativa vigente». È comunque Costa il primo personaggio di una squadra di governo che Di Maio presenterà al Quirinale come gesto di «cortesia istituzionale» la prossima settimana. Il 1 marzo, al salone delle fontane a Roma Luigi Di Maio annuncerà l'intera squadra, che vedrà probabilmente tre donne ministre agli Esteri, all'Interno e alla Difesa. In pole position per la Farnesina e al netto delle smentite dettate dal riserbo preelettorale, c'è una diplomatica: Laura Mirachian.
A proposito di profili papabili non è sfuggito ieri il plauso di Di Battista alla figura del ministro Marco Minniti. Ma nel M5S imperversa ancora la polemica sugli incandidabili. Candidati come il patron del Potenza Calcio Salvatore Caiata, o come il pugliese Antonio Tasso, condannato in primo grado nel 2008 e a un passo dall'espulsione, il quale ieri mattina sottolineava, dopo aver analizzato il caso con i legali, come la sua posizione «non sia incompatibile con le regole del M5S». Da notare che Di Maio ha solo proposto la sua espulsione che però, come l'autosospensione di Caiata, rimane un'esclusione dalla corsa elettorale solo a parole.
MAGGIORANZA
«Se non avremo la maggioranza - ribadisce Di Maio - il mio appello ai partiti sarà per un confronto con tutti, per un contratto su un governo di programma». Una strategia che, a suo avviso, non può vedere il Movimento fuori dai giochi per il governo anche se il M5S sarà primo partito ma senza i seggi necessari per l'autonomia in Parlamento. Una strategia che mette alla berlina alleanze per ora sia con Fi che con Pd. E non concede poltrone perché, altrimenti sarebbe «meglio ricominciare a votare». E Grillo con le sue riflessioni sulla governabilità sarà d'accordo? Dice Di Maio: «Grillo ha detto che il M5S doveva camminare sulle gambe di chi viene eletto e così è».

L'ambientalista che combatte le ecomafie, il segnale dei grillini agli elettori del sud

ROMA Un generale militante e attivo sui social. Che Sergio Costa sia perfetto per il partito meridionalista di Di Maio lo certifica la statuina che lo vede impettito in divisa con accanto due fusti di rifiuti tossici, plasmata dal maestro del presepe napoletano Jenny Di Virgilio.
Ieri ad Afragola Di Maio ha detto che il M5S vincerà la battaglia sui collegi e sarà il primo partito.
Tifoso del Napoli, è stato anche presidente del Gruppo Sportivo Pugilato della Forestale, lettore di Gabriel Garcia Marquez, Sergio Costa è il profilo che piace alla sinistra ambientalista e legalitaria. È lui, con le sue indagini sulle ecomafie, ad aver scoperto la Terra dei fuochi, ovvero i territori campani massacrati dall'interramento criminale di rifiuti tossici. Sul suo profilo social commentando gli incendi boschivi si lascia scappare un «ce ne sono ancora tanti da arrestare». Nel 2015, Costa criticò duramente, come i Cinquestelle, la legge Madia che ha sciolto di fatto la Forestale. Firma le petizioni su Change.org, come quella per reintrodurre le preferenze e il voto disgiunto.
Nel 2013 criticava la legge di stabilità: «Mi sembra floscia». Il generale si concede pensieri e parole e anche prima della chiamata di Di Maio sapeva dove stare. Come quando confidava il suo antiberlusconismo sociale raccontando di un greco che gli diceva: «Italiani bunga bunga». E lui: «Abbasso gli occhi e mi vergogno». Nel 2013 Costa sentiva già la vocazione alla questione meridionale. Era comandante regionale, e si trovò a piangere di fronte al dissotterramento di «fusti tossici da uno splendido terreno agricolo a Caivano». «Mi sono avvicinato a padre Maurizio Patriciello (prete simbolo della Terra dei Fuochi, ndr) - continua - era silenzioso, ci siamo guardati. Nella sua meravigliosa umiltà cristiana, si è chinato e mi ha baciato le mani. Ci siamo stretti l'un l'altro e i nostri occhi si riempivano di lacrime. Non mi era mai accaduto di commuovermi sul lavoro».

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