ROMA Walter Veltroni scende in campo a sostegno del Pd e di Paolo Gentiloni a pochi giorni dalle elezioni. Dopo Romano Prodi, anche l'altro padre nobile dei Democratici irrompe nella campagna elettorale salendo sul palco del Teatro Eliseo, anche fisicamente a fianco del presidente del Consiglio, che più tardi, da Barbara D'Urso su Canale 5, lancia un'ennesima proposta per il dopo voto: un bonus fiscale per anziani che hanno bisogno della badante. Da Veltroni un intervento non elettoralistico, politicamente significativo, in cui rilancia il carattere riformista del partito, avverte che «il Pd è un approdo e non un passaggio nella storia della sinistra» e lancia un chiaro altolà a ogni ipotesi di cedimento nei confronti della destra. L'ex sindaco, applaudito in platea da Luigi Zanda, Marianna Madia e Anna Finocchiaro, chiarisce che Silvio Berlusconi resta «il principale esponente dello schieramento a noi avverso» e che il Pd deve evitare ogni trasformismo. Intervistato da Repubblica, anche Gentiloni aveva messo in chiaro che il «voto è una scelta di campo».Veltroni non cita esplicitamente la formula delle larghe intese, tuttavia la sua contrarietà sembra evidente. Il governo, osserva tra gli applausi, «non può essere luogo di pasticci». Dopo il 4 marzo, «se non ci dovesse essere una maggioranza chiara, si deve fare una legge elettorale con premio di maggioranza, costruire coalizioni coese su un programma e poi far decidere gli italiani». In poche parole, Veltroni rivendica la vocazione maggioritaria del Pd e il valore dell' alternanza, osservando che l'Italia «ha bisogno di una democrazia che decide». «Alleanze spurie e improvvisate sono pasticci che gli elettori non capirebbero». Quanto al ruolo della sinistra, in una Roma che vede il Pd in grande difficoltà, Veltroni ricorda come ai suoi tempi i Dem avessero la maggioranza nelle periferie. Per lui, il Pd deve tornare dove c'è «il disagio», altrimenti «lascerà il campo alla destra, quella estrema, fascista». Cita Berlinguer e i suoi «pensieri lunghi». Quindi, cade in un lapsus quando, per lodare l'esecutivo Gentiloni, dice che «il Pci al governo ha fatto bene». Brusio divertito in platea, raccolto dallo stesso premier che lo interrompe. E lui chiosa sorridente: «Sarebbe stato difficile, il Pci non è mai andato al governo, noi invece apparteniamo alla generazione che ha portato la sinistra al governo». Segue Gentiloni che apre il suo intervento con un «grazie Walter» e tanti applausi. Ammette che il Pd è in ritardo, non nasconde le difficoltà, ma spiega che, con «credibilità, cura delle persone e speranza», i Dem possono ancora vincere. «Non è il tempo dei voti per ripicca nè di stare a casa», sottolinea rivolto a LeU e all'astensione. Quindi, in tv, esclude ogni intesa «con estremisti e populisti». Parole che non convincono Pier Luigi Bersani, secondo il quale sul governo Renzusconi, c'è chi «è già avanti con il lavoro...». L'ex segretario si augura la creazione di una grande area progressista su contenuti di «sinistra di governo». Mentre Civati, Fratoianni e Speranza annunciano ufficialmente la nascita, dopo il voto, di un «nuovo soggetto politico della sinistra in Italia». Intanto, dallo studio di Che tempo che fa, il segretario Dem Matteo Renzi taglia corto sulle alleanze: «Io preferisco vincere. E che il Pd sia il primo partito».