PESCARA La Regione potrebbe arrivare alla scadenza naturale di legislatura (maggio 2019) senza dover ricorrere al voto anticipato. E questo anche nel caso in cui il governatore Luciano D'Alfonso, una volta eletto in Senato, dovesse optare per il seggio di Palazzo Madama e lasciare la guida dell'esecutivo regionale. E' un'ipotesi che si sta affacciando con sempre maggiore convinzione nelle ultime ore, supportata da alcune considerazioni lasciate, forse volutamente, fuori dalla campagna elettorale. La sorte dei presidenti e dei consiglieri regionali candidati alle politiche è infatti legata a un combinato disposto di norme nazionali e regionali. Le prime, naturalmente, prevalgono sempre sulle seconde. In ogni caso il tema è quello della incompatibilità tra alcune cariche istituzionali (governatore e consigliere regionale) con il mandato parlamentare. Una scelta che le norme attribuiscono alla volontà del candidato ma che richiede comunque alcuni passaggi tecnici rimasti sotto traccia nel dibattito politico. Dopo il voto del 4 marzo, è infatti necessario l'insediamento di una speciale commissione parlamentare (l'atto è firmato dal presidente della Repubblica) chiamata a stabilire le incompatibilità degli eletti e a fissare un termine per le opzioni.
Per esaminare i vari casi si sorteggia una lettera e si parte da lì: se dalla ruota della fortuna esce la A, si comincia dall'Abruzzo. Se viene sorteggiata la C, dalla Calabria o dalla Campania, e via di seguito secondo l'ordine alfabetico. Soltanto dopo il pronunciamento della commissione scattano i termini dei regolamenti regionali, che si esauriscono entro 60 giorni. Un iter piuttosto complesso, dunque, che secondo le previsioni più realistiche porterebbe i governatori eletti a restare comunque in carica sino a dicembre nelle rispettive Regioni. Soltanto a quel punto, una volta optato per il seggio del Senato, D'Alfonso lascerebbe la guida di Palazzo Centi per affidarla al suo vice, Giovanni Lolli. A quest'ultimo toccherebbe il compito di condurre la legislatura regionale sino al voto anticipato. Ma saremmo già a soli sei mesi dalla scadenza naturale (primavera 2019) e, proprio come avvenuto nel 2013, quando la consiliatura fu prolungata per decreto di sei mesi (in quel caso allo scopo di agganciare le regionali alle europee), potrebbe essere attuato lo stesso criterio.
Il problema, semmai, è politico per l'attuale maggioranza. Il nuovo esecutivo a guida Lolli si troverà probabilmente indebolito dalle assenze strategiche di D'Alfonso e del consigliere Camillo D'Alessandro, anche lui candidato in posizione eleggibile nelle liste del Pd. E in una giunta a sei, dove tre degli attuali assessori (Di Matteo, Sclocco e Gerosolimo) remano il più delle volte contro, sarebbe come guidare un tir col freno a mano tirato. Nel Pd questa visione viene ribaltata utilizzando lo slogan di D'Alfonso: la Regione al Governo, nell'ambizioso tentativo di riproporre, a distanza di trent'anni, l'Abruzzo di Remo Gaspari: un ministro e 4 o 5 parlamentari a fare squadra intorno a lui per portare acqua al territorio. Il fatto è che l'isola bianca non c'è più e il voto del 4 marzo si prospetta come il più incerto di sempre per avventurarsi in salti nella storia. Anche la più recente.