ATESSA La decisione del prefetto di Chieti di chiudere ai mezzi pesanti, per due giorni, tutte le strade extraurbane e le autostrade della provincia ha decretato, secondo la Fim-Cisl, «la paralisi della più grande zona industriale del centro-sud». È una critica dura quella del sindacato metalmeccanico della Cisl che cita, tra gli altri, «il fermo di produzione di due giorni della Sevel (il turno notturno solo ieri ha ripreso regolarmente a lavorare, ndc) e di quasi tutta la Val di Sangro». Per la fabbrica dei furgoni commerciali Fiat, Peugeot e Citroen il fermo improvviso ha decretato la perdita produttiva di 1.600 furgoni, un danno che si aggiunge anche alla difficoltà del recupero, visto che la Sevel si trova di fronte ad una eccezionale salita produttiva con un quantitativo di veicoli da consegnare nel 2018 di oltre 293mila pezzi. «Le ripercussioni», critica la segreteria Fim-Cisl di Abruzzo e Molise, «ricadranno tutte sui lavoratori che dovranno recuperare queste giornate nei sabato extra oltre i 15 già previsti nel contratto collettivo specifico». E in effetti il calendario dei turni lavorativi straordinari è già molto fitto se si pensa che, solo a febbraio, sono state cinque le giornate di lavoro extra. «Sono bastati pochi centimetri di neve e qualche grado sotto lo zero», stigmatizza il sindacato, «per paralizzare l'intera area industriale della Val di Sangro. Non si può basare la sicurezza stradale con il blocco del traffico ai mezzi pesanti, soprattutto se l'ondata di maltempo è annunciata da oltre una settimana. Se il rimedio al freddo è bloccare le strade, nelle nazioni del nord e in Germania le aziende si bloccherebbero per quattro mesi l'anno. Non tenere conto della vocazione industriale del nostro territorio, non munendoci di mezzi idonei per fronteggiare simili situazioni che nella stagione invernale sono normalissime», prosegue la Fim, «significa non dare garanzie valide di agibilità industriale alle tante multinazionali presenti nella nostra regione. Su questo le istituzioni, ad ogni livello, hanno il dovere, oltre alla responsabilità, di dare risposte concrete alle aziende e ai lavoratori. Sono le stesse istituzioni che poi quando le aziende decidono di delocalizzare, come la Honeywell, fingono di scandalizzarsi. Vorremmo più fatti e meno chiacchiere da campagna elettorale, vorremmo che la nostra regione diventasse un riferimento per chiunque voglia investire. Basterebbero le infrastrutture idonee». La Fim Cisl precisa di non voler fare «polemica sterile», ma di «stimolare, in chi di dovere, una seria riflessione per prendere le dovute contromisure prima che sia troppo tardi e che altre multinazionali, dopo la Honeywell, decidano di delocalizzare». (d.d.l.)