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Data: 05/03/2018
Testata giornalistica: Il Centro
M5s a valanga, Pd ko. Centrodestra avanti. Ora Di Maio punta a Palazzo Chigi. Si prepara la partita delle alleanze: «Noi pilastro della legislatura». Per Berlusconi l'incubo Carroccio. Il Cavaliere teme il sorpasso dei lumbard: «Di più non potevo fare»

ROMA Il M5s primo partito e centrodestra prima coalizione in questa tornata elettorale che consegna all'Italia la conferma delle previsioni della vigilia, comprese quelle sui timori di una prevedibile ingovernabilità. Con due corollari: un Pd marginale e una guerra all'ultimo voto tra Matteo Salvini, al momento vincente, e Silvio Berlusconi. È la fotografia che consegnano le prime proiezioni e gli exit poll di questa difficilissima partita elettorale che per ora sembra indicare chiaramente solo il deciso ribaltamento dei rapporti di forza tra gli schieramenti ma insufficiente, tuttavia, a delineare una chiara maggioranza in grado di tradursi in forza di governo. Stando a questi sondaggi l'Italia che si sveglierà domani dal voto del 4 marzo si troverà a fare i conti con un deciso exploit del Movimento 5 Stelle e con una netta rimonta del centrodestra che supera ampiamente la coalizione di centrosinistra. È una vittoria molto ampia per entrambi. Luigi Di Maio porta il Movimento, che nel 2013 aveva raccolto il 25,6 dei consensi, fin dove si era prefisso e anche oltre. Il suo obiettivo era raggiungere il traguardo del 30% e non solo l'ha centrato ma lo ha anche superato: stando alla seconda proiezione realizzata da SWG al proporzionale per il Senato M5s è il primo partito con il 33,6%. L'exit poll Opinio per la Camera lo stimava tra il 29,5 e il 32,5%. Ma un'intention poll di Tecné vede il M5s arrivare fino al 34%. Complesso per Di Maio ora trasformare questo suffragio in un progetto che lo porti a palazzo Chigi. Anche se questa sarà la sua richiesta al Capo dello Stato: con un pacchetto di voti che supera il 30% dirà che intende guidare lui quella che sarà la futura squadra di governo.Anche l'alleanza di centrodestra ha fatto centro. La coalizione, stando alla seconda proiezione Opinio per il Senato è al 36%. E a cantare vittoria è Matteo Salvini. La sua Lega ha quadruplicato i voti dal 2013. E, soprattutto, sta superando Silvio Berlusconi. La proiezione per il Senato la vede al 17,4% contro il 14,1% di Forza Italia. Tendenza confermata anche dal secondo exit poll Opinio per la Camera dove con una forbice del 13-16% il Carroccio è sopra gli azzurri (12,5-15,5%). Anche Fratelli d'Italia cresce: pure Giorgia Meloni ha raddoppiato i suoi voti dal 2013 (quanto ottenne meno del 2%) portandosi nelle proiezioni per il Senato al 4. Sul filo di lana Noi con l'Italia che al Senato è data al 1%. Per il centrosinistra, invece, i presagi più neri si sono avverati compreso il pericolo di crollo del Pd sotto la soglia psicologia del 20%. Il Pd è con il fiato sospeso, sulle montagne russe: gli exit poll lo fotografavano tra 20,5-23,5%. Ma la doccia fredda arriva con le proiezioni al Senato: 18,3%. Anche una intention poll di Tecné per la Camera parla di una forbice tra 17,5-21,5. Nell'alleanza l'unica che potrebbe sopravvivere sarebbe +Europa di Emma Bonino, che naviga negli exit poll tra il 2,5 e il 4,5%: la proiezione al Senato però la indica al 2,3%. Insieme, Civica Popolare e Svp potrebbero anche non raggiungere l'1%, facendo disperdere nel nulla anche quei pochi voti raccolti: le proiezioni al Senato lo confermano. Anche per Liberi e Uguali gli exit poll non sono confortanti: la forchetta di Opinio li vede tra il 3 e il 5%, un risultato al di sotto delle aspettative. La proiezione al Senato li conferma sulla fascia bassa: 3,3%.Nel voto per le Regionali, in Lombardia Attilio Fontana del centrodestra va verso il successo, mentre nel Lazio è una corsa a tre con il governatore uscente Nicola Zingaretti in testa.

Ora Di Maio punta a Palazzo Chigi. Si prepara la partita delle alleanze: «Noi pilastro della legislatura»

ROMA«È una notte storica». La prima reazione del M5S, al diffondersi dei primi exit poll, non può che essere di cauto entusiasmo. Poco champagne, larghi sorrisi e l'incognita delle alleanze squarciano la notte elettorale di Luigi Di Maio. Una notte dalla quale il M5S manda un chiaro messaggio non solo agli altri partiti, ma anche al Colle: «il M5S sarà il pilastro della prossima legislatura», sentenzia Alfonso Bonafede. «Ora tutti dovranno venire a parlare con noi, seguendo i nostri metodi. E sarà una garanzia per gli italiani», incalza Alessadro Di Battista poco dopo. Un concetto, questo, che testimonia l'obiettivo post-voto del M5S: essere il perno del futuro governo, ovvero, avere la premiership di un esecutivo che non potrà essere monocolore. All'hotel Parco dei Principi, adibito a enorme e gremito (473 i giornalisti accreditati) comitato elettorale i pentastellati arrivano pochi minuti prima della chiusura delle urne: da Alessandro Di Battista a Gianluca Paragone e Emilio Carelli, fino a Davide Casaleggio e Di Maio, che passa davanti ai cronisti sorridente e limitandosi a un saluto. «Lo sapevo che andava così, abbiamo fatto una grande campagna elettorale», è il commento che Di Battista scambia con i cronisti. I dati, tuttavia sono «in fieri», e nel Movimento non si ha ancora la certezza matematica di aver superato quella soglia del 30% che Di Maio e i suoi considerano come decisiva per la sfida dei prossimi giorni. «È difficile eliminare dai giochi di governo una forza votata da un elettore su tre», era il refrain che rimbalzava nei giorni scorsi. Giorni nei quali, si rifletteva nel quartier generale pentastellato, il Movimento avrebbe individuato anche la squadra «inamovibile» da cui partire per il gioco delle convergenze: Di Maio, Bonafede e Fraccaro, ovvero i tre candidati ministri «politici» del M5S. Perché è al governo che il M5S guarda, forte della preponderanza dell'ala dimaiana al suo interno. Un'ala che non sopporterebbe una nuova vittoria di Pirro. Certo, c'è da tener conto degli equilibri interni. E c'è da rispettare la posizione del garante Beppe Grillo. Che, non a caso, sabato in un atipico post lanciava quasi un avvertimento sulla natura del M5S: un movimento «biodegrabile», che, a dispetto degli altri partiti, non cambia nome ma, una volta terminata la sua missione, si scioglie.

Per Berlusconi l'incubo Carroccio. Il Cavaliere teme il sorpasso dei lumbard: «Di più non potevo fare»

ROMAChiuso ad Arcore ad attendere i risultati elettorali, Silvio Berlusconi d'accordo con i fedelissimi ha deciso di aspettare che il quadro sia certo prima di dettare la linea ufficiale al suo partito. Più di quello che ho fatto non potevo fare, è il ragionamento fatto con chi ha avuto modo di sentirlo. La possibilità che la coalizione non riesca ad arrivare alla fatidica soglia del 40% (percentuale che gli consentirebbe di avere una maggioranza autonoma) ma sopratutto il rischio concreto che la Lega Nord sorpassi Fi nella gara interna, rappresentano due «spine» con cui il Cavaliere deve fare i conti d'ora in avanti. In attesa dei risultati ufficiali Forza Italia non ha dubbi sul fatto che il «centrodestra abbia la maggioranza politica e sia il vincitore della tornata elettorale in cui è in gioco il governo del Paese e non l'affermazione dei singoli». Una presa di posizione per provare a gettare acqua sul fuoco sul nervosismo interno per il sorpasso del Carroccio rispetto al partito del Cavaliere. «La coalizione si conferma prima rispetto agli altri due competitor», mette in chiaro Paolo Romani mentre Lucio Malan si dice sicuro che il centrodestra «avrà i numeri per l'incarico». Il Carroccio preferisce aspettare e Salvini si limita a scrivere su twitter «grazie» come primo commento ai dati elettorali. Senza cifre certe e con FI al secondo posto rispetto alla Lega, per Berlusconi sfuma il progetto di vedere Antonio Tajani sulla poltrona di palazzo Chigi. Il presidente del Parlamento europeo resta a disposizione a patto che il centrodestra abbia i numeri per governare. Se questo non dovesse avvenire Tajani resterebbe in Europa. Difficile la possibilità che Salvini sia disposto a cedere la guida del governo al presidente del Parlamento Ue nel caso la Lega arrivasse prima e la coalizione avesse i numeri per governare. Se il centrodestra non dovesse farcela a raggiungere i numeri e Salvini arrivasse primo, per il leader di Forza Italia sarebbe una «sconfitta personale». L'essere sceso in campo ha avuto l'effetto di far risalire gli azzurri nei sondaggi ma non è bastato e senza la certezza di andare al governo anche il perimetro della coalizione viene messo in discussione. Berlusconi, Meloni e Salvini hanno rispedito al mittente qualsiasi ipotesi di governo che non fosse di centrodestra ma, senza avere i numeri per farlo, l'idea di una scomposizione dell'alleanza torna in primo piano.

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