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Pescara, 24/07/2024
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Data: 06/03/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
M5S, undici eletti. Ecco i grandi sconfitti. La pattuglia pentastellata e il centrodestra escludono Chiavaroli, Castricone e Cialente. Verso Roma D’Alfonso, D’Alessandro e Pezzopane. Forza Italia secondo partito, La Lega arriva a un passo da Fi. Malissimo Leu, tutti i risultati. M5S al massimo. Per il Pd addio sogno di Governo

L’AQUILA Boom del Cinque Stelle, tiene il centrodestra, crolla il centrosinistra. Anche l’Abruzzo si divide in due, come l’Italia: i grillini trionfano nell’area costiera, nelle aree interne Forza Italia e gli alleati fanno da argine. Il Movimento sfiora il 40 per cento in regione, percentuali ancora maggiori tra Chieti e Pescara. La sfida dei collegi uninominali finisce 5-2: reggono solo Antonio Martino e Gaetano Quagliariello, Forza Italia e Noi per l’Italia, nei collegi L’Aquila e Teramo. Eletto al Senato il governatore Luciano D’Alfonso: «Sorrido perché amo affrontare le difficoltà, mi confronterò con la coalizione sul da farsi, ma chi governa paga» ha detto commentando gli esiti del voto. Ma il presidente è già sotto attacco. Nazario Pagano, coordinatore di Forza Italia, ha rivendicato il risultato del partito («Siamo la seconda forza») e ha chiesto le dimissioni di D’Alfonso. Stessa cosa, ma dal fronte opposto, ha fatto l’assessore regionale Donato Di Matteo, esponente di spicco della maggioranza: «E’ il risultato di chi ha governato con arroganza». E intanto l’ex presidente della Provincia dell’Aquila, Antonio Del Corvo, forzista, si porta avanti: «Spetta a noi indicare il candidato governatore». Riflettori già puntati sull’Emiciclo e sulle prossime elezioni, dunque: il rischio immediato è che il voto politico possa definitivamente far deflagrare la crisi. Tra gli esclusi eccellenti ci sono l’ex sottosegretaria Federica Chiavaroli e l’ex sindaco dell’Aquila Massimo Cialente. Flop clamoroso di Liberi e Uguali, fermo al 2.5%. Il tutto nella prospettiva che, tra un anno, si tornerà alle urne per le votazioni regionale e, per molti, c’è davvero tanto da fare.

M5S al massimo

PESCARA Qui sono nati i primi circoli di Beppe Grillo, al tempo dei “vaffa”. Qui il M5S di Luigi Di Maio, dopo avere indossato il doppiopetto, ha confermato il suo feeling con l’Abruzzo. Uno dei migliori risultati d’Italia, con il40%superato in alcuni collegi; quasi tutti gli scontri diretti vinti con gli avversari del centrodestra, eccezione fatta per il collegio uninominale del Senato L’Aquila-Teramo, dove a spuntarla è stato Gaetano Quagliariello e per quello della Camera, sempre all’Aquila, dove Martino ha sbaragliato il campo con oltre il 42% e si è portato a casa il seggio. Il Pd di Luciano D’Alfonso è invece rimasto a guardare tutti dai piani bassi. Il modesto 13,35% strappato nel proporzionale della Camera (Pescara- Chieti) trascina verso l’ignoto anche il governo della Regione, che D’Alfonso avrebbe invece voluto portare al governo della Nazione. Un crollo dalle proporzioni allarmanti, uno choc ancora tutto da valutare nelle sue immediate conseguenze. C’è chi dice che il presidente della Regione potrebbe ripensarci e restare alla guida di Palazzo Centi, anziché andare a scaldare lo scranno di Palazzo Madama con il Pd mortificato da un risultato che ne muta bruscamente il dna: da partito di governo a forza di opposizione. E c’è chi invita alla calma, ricordando che adesso i tempi supplementari si giocano sul Colle, dove sarà il presidente Mattarella a dare le carte.
LE CARTE Insomma, un governo di larghe intese con dentro il Pd non è ancora scartato da tutti. Intanto i numeri sono questi: M5S primo partito in Abruzzo, centrodestra rinato, forte della ritrovata compattezza che ha il suo talismano nella città dell’Aquila: la straordinaria vittoria in rimonta al ballottaggio delle amministrative, il passaggio chiave che ha convinto gli alleati di Forza Italia a mettere da parte i dissapori interni per tornare al gioco di squadra. Poi c’è la Lega di Matteo Salvini, l’altro fatto sorprendente del voto di domenica. Perché il sorpasso su Forza Italia, fisiologico nelle regioni del Nord, era meno scontato in Abruzzo. Nel collegio L’Aquila-Teramo della Camera è invece accaduto anche questo, con il partito di Salvini al 15,81% e quello di Berlusconi fermo al 14,53. Nell’altra sinistra, quella di Piero Grasso e Massimo D’Alema, si vivonomomenti non meno drammatici. In Abruzzo Liberi e Uguali non raggiunge neanche la soglia di sbarramento del 3%, dopo essere stato dato da tutti i sondaggi tra il 5 e il 7. A condizionare il risultato è stata, probabilmente, anche la scelta di paracadutare nella regione due esterni in posizione eleggibile. Oltretutto, in un partito dove sarebbe già stato oro colato portare a Roma un solo parlamentare. L’uscente Gianni Melilla e i suoi l’hanno presa malissimo, condizionando una fetta consistente dell’elettorato, spinta evidentemente al disimpegno. Sempre a sinistra va registrato il buon risultato di Potere al Popolo, il partito di Maurizio Acerbo, che in proporzione alle forze in campo ha buoni motivi per tenersi stretto il suo 1,3% raggiunto in alcuni collegi. Praticamente la metà di voti di Liberi e Uguali che aveva però come bandiera il presidente del Senato e non le facce di un po’ di bravi ragazzi. Adestra c’è invece da registrare il dato di Fratelli d’Italia (quasi il 5% nel collegio Chieti- Pescara della Camera), mentre la galassia di centro, distribuita tra le due grandi coalizioni: da Noi con l’Italia-Udc a Civica popolare, a +Europa, ha dovuto accontentarsi di passare la borraccia a chi correva per la volata. Diciassette simboli alla Camera, sedici al Senato per contendersi il voto di oltre un milione di elettori. Molti sono destinati a sparire, come avviene in ogni tornata elettorale. Altri preparano già il ritorno in vista delle regionali.


D'Alfonso la spunta battuta la Chiavaroli

L'AQUILA Nell'Italia spaccata in due tra il nord destrorso e il sud grillino, con il centrosinistra in tracollo, l'Abruzzo rappresenta una sua perfetta metafora, pur iscrivendosi a pieno titolo nel club delle regioni a forte trazione Cinque Stelle. Un ciclone, quello del Movimento, che in controtendenza nazionale, riesce a mettersi alle spalle anche l'intera coalizione del centrodestra con percentuali da brivido: quasi il 40% alla Camera, 39.29% al Senato. La scelta di Di Maio di fare di Pescara un centro di riferimento nazionale, con la grande convention per la presentazione del programma, ha dato i suoi frutti, anche se nel capoluogo adriatico le sfide all'uninominale sono state contrassegnate poi da un certo equilibrio. La aree interne, l'Aquilano e in particolare, hanno costituito l'unico argine all'avanzata dilagante del Movimento, così come accaduto nell'Italia del Nord. Alla fine i confronti all'uninominale si sono chiusi 5-2 per i grillini, con Martino e Quagliariello che hanno tenuto a galla il centrodestra, entrambi nei collegi L'Aquila, Marsica, Teramo. Risultato, questo, che ha fatto esultare Nazario Pagano, il coordinatore di Forza Italia che qui è riuscita a non farsi scavalcare dalla Lega (attestandosi come secondo partito assoluto), il quale ha invocato immediatamente le dimissioni del governatore Luciano D'Alfonso, peraltro eletto nel listino del Senato. Stessa cosa ha fatto l'assessore alle Opere pubbliche Donato Di Matteo, esponente di spicco della maggioranza dalfonsiana: «Credo che il presidente abbia un'unica strada che è quella delle dimissioni per lanciare un segnale di serietà dopo la sconfitta, dando dimostrazione di umiltà e di coerenza di fronte a questi risultati. Questo è il risultato figlio - ha detto ancora Di Matteo - di chi ha governato con arroganza la Regione». Secca la replica: «Ho il sorriso perché mi piace da morire affrontare le difficoltà e iniziare questo percorso nazionale».
E' proprio palazzo dell'Emiciclo, ora, lo sviluppo più immediato: è evidente che il voto acuirà la frattura già esistente, con il rischio di una crisi imminente. In questo senso bisognerà anche capire cosa deciderà di fare D'Alfonso, che almeno nelle dichiarazioni ieri non si è sbilanciato («Valuterò con la coalizione, chi governa paga pegno») e che potrebbe ora recedere dalla volontà di ricandidarsi, espressa a più riprese. D'altronde le grandi manovre sono già cominciate. Ieri Del Corvo (Fi) ha già messo le mani avanti: «Il prossimo governatore lo dovrà esprimere Forza Italia».
Il centrosinistra, d'altronde, è stato letteralmente spazzato via: Pd sotto il 14% alla Camera e al Senato, Liberi e Uguali addirittura attorno al 2,5%, un flop clamoroso, risultato che è meno della metà di quanto atteso (anche rispetto ai voti di Sel) e che ha fatto sbottare il deputato uscente di Art.1-Mdp, Gianni Melilla: «E' una caporetto, ci sono responsabilità evidenti in chi ha gestito e deciso il profilo programmatico, le candidature e la campagna elettorale, con rara miopia politica e maleducazione personale».
Dei 21 parlamentari eletti ben 11 sono Cinque Stelle: Zennaro, Colletti, Del Grosso, Grippa, Corneli, Berardini, Vacca, Torto, Di Nicola, Castaldi, Di Girolamo; sette vanno al centrodestra, Martino, Rotondi e Pagano di Forza Italia, Quagliariello in quota quarta gamba, Bagnai, Bellachioma e Comaroli della Lega; Pd ridotto all'osso, con i soli D'Alfonso, D'Alessandro e Pezzopane. L'ultimo posto ballerebbe proprio tra Pezzopane, Pelino e D'Eramo.
Il gran successo dei Cinque Stelle ha una precisa matrice geografica: si è alimentato ed è stato costruito nell'area costiera, tra Pescara, Chieti, Vasto e anche Teramo. Qui, alla Camera le percentuali hanno sfiorato il 42%, con il centrodestra staccato di più di otto punti. Nell'Aquilano e nella Marsica, invece, il centrodestra ha stravinto, con Antonio Martino che ha preso oltre 13 mila voti in più di Fedele, quasi dieci punti percentuali. Questa è stata l'unica barricata. Maggiore l'equilibrio al Senato, con circa tre punti di vantaggio per i grillini, la vittoria di Di Nicola sulla Di Nino (netta, quasi trentamila voti di differenza) e quella di Quagliariello sulla Papola (circa 7 mila voti). Alla fine, insomma, l'Aquilano non ha risentito dell'effetto paracadutati, su cui tanto si era dibattuto alla vigilia, anche se Quagliariello si è sempre ritenuto aderente al territorio.
In questa area si è confermata una certa inconsistenza dei Cinque Stelle che hanno retto in Marsica, ma faticano terribilmente nel capoluogo, dove non è mai avvenuta una strutturazione adeguata e dove si scontano faide e divisioni ormai datate. Basti pensare che all'Aquila città Martino ha stravinto alla Camera (43,25% contro 27,62%), con Forza Italia al 19,07% e Lega al 17,31% (gran risultato); stessa cosa è avvenuta al Senato, con Quagliariello al 43%, Papola ferma al 27,38% e azzurri complessivamente sopra il 20% (risultato raddoppiato rispetto alle amministrative che pure hanno visto trionfare Biondi).
Tra i vinti di questa tornata, nonostante l'elezione dello stesso Quagliariello, c'è sicuramente Noi per l'Italia, quarta gamba del centrodestra che ha finito per essere solo una piccola stampella per Forza Italia e Lega, relegata a poco più dell'1,5% (2,66% nel collegio Camera L'Aquila-Teramo, 6% a Teramo), con l'ex governatore della Regione Gianni Chiodi che non è riuscito a trovare soddisfazione dal passaggio in extremis dopo l'esclusione da Forza Italia: «Si poteva fare molto meglio su L'Aquila e Avezzano, non è andata benissimo».
Delude anche Fratelli d'Italia, che all'Aquila era riuscito ad esprimere il sindaco in primavera: troppo poco aggirarsi attorno al 5%, anche se la Meloni ha esultato per il «raddoppio dei voti». Fuori anche l'ex sottosegretaria Federica Chiavaroli, in quota civica Lorenzin, l'ex sindaco dell'Aquila Massimo Cialente, Antonio Castricone, Enrico Di Giuseppantonio, Guerino Testa (pur in una sfida equilibrata) tanto per fare altri nomi di peso.

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