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Data: 06/03/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Grasso prova a resistere Leu è alla resa dei conti

ROMA Arriva nella piccola sala stampa allestita da Leu a Trastevere trafelato, con gli occhi visibilmente arrossati dalla stanchezza, affiancato da Roberto Speranza e Nicola Fratoianni. Dalla guida del Senato giù giù fino all'elezione per un soffio con un 3 per cento e spicci, il volo è stato lungo e l'atterraggio di fortuna. Ringrazia gli elettori, «che hanno superato la cifra del milione». E, stando attentissimo alle parole, annuncia che «con Di Maio c'è un confronto aperto e il luogo è il parlamento».
Il futuro prossimo dell'organizzazione nata per mordere i polpacci al Pd e finita nella polvere come l'ex leader, comincia con alcuni passaggi chiari: la sconfitta nella sconfitta, della parte che include i fuoriusciti dal Pd, a partire dal devastante 5,37% di Massimo D'Alema; una netta apertura ai pentastellati, senza più tentennamenti; la ridefinizione della leadership di Grasso, che non abbandona, ma è già ridimensionato dalla crudele frase «si apre un percorso» pronunciata da diversi esponenti.
SORRISI AI CINQUE STELLE
Per il momento, l'apertura alle richieste di Di Maio è la più gravida di conseguenze. La sinistra-sinistra, passata la notte più brutta di sempre (3,39% alla Camera, 3,28% al Senato) sembra intenzionata a tentare il sostegno a un governo di scopo e scommette - ancora - sull'ipotesi che all'operazione possa partecipare un pezzo di Partito democratico. La pattuglia da impegnare sulla manovra è ridotta.
Anche se i conteggi col calcolo dei resti sono gli ultimi ad essere determinati, dovrebbe contare 14 eletti alla Camera e 4 al Senato, il che vuol dire che a Montecitorio un gruppo parlamentare autonomo «in deroga» dovrebbe essere consentito. «Il ciclo del riformismo europeo si chiude», spiega Fratoianni, «bisogna intraprendere una strada alternativa». Se davvero questi voti saranno utili a costruire l'alleanza guidata da Di Maio, per quanto questo è da vedersi.
GRASSO
La sconfitta è talmente pesante che pochi hanno voglia di recriminare e spingere sull'acceleratore della scissione puntata verso l'irrilevanza. I flussi elettorali dicono molto chiaramente che, eccezion fatta per uno zoccoletto duro e rosso, la strabordante maggioranza degli elettori che ha abbandonato il Pd non ha pensato a Leu. Per dirla con Miguel Gotor - al momento tra gli esclusi - «gli elettori preoccupati per l'aumento delle diseguaglianze sociali hanno pensato che quando bisogna fare una rissa serve uno bello grosso, un Bud Spencer». E l'effetto Bud Spencer ha lasciato nell'angolo la magrolina, e a lungo incerta, Leu. L'elenco degli errori è ampio: «Dovevamo scegliere un simbolo subito, appena usciti dal Pd, e non cambiarlo mai», dice Roberto Speranza che porta in dote l'unico risultato davvero fuori linea, un 10% tutto personale nel collegio di Potenza. Se Grasso fosse davvero la persona giusta per guidare la svolta a sinistra non si sbilancia: «Valutatelo voi», dice solo. E tanto basta: «Sicuramente darà una mano». Nessuno gli ha chiesto formalmente il passo indietro, ma non sarà più lui a dettare la linea.
Anche perché i numeri, sebbene piccoli parlano chiaro. D'Alema è uscito malconcio, Pierluigi Bersani passerà ma nel suo collegio è stato travolto e i nomi a lui più vicini per ora sono fuori: vacilla Nico Stumpo, Guglielmo Epifani passa, ma per il resto del gruppo, da Laura Boldrini a Stefano Fassina, è sbilanciato verso sinistra ben più di quello uscente, visto che da Sinistra Italiana, oltre a Fratoianni provengono Erasmo Palazzotto, Peppe De Cristofaro ed ex movimentista è l'avvocata anti referendum Anna Falcone.
Tra gli esclusi Filippo Civati (ieri il più esplicito nel dire «non mi è piaciuto come sono state costruite le liste e secondo me qualche elemento di criticità c'è stato, anche se non avrebbe risolto») fermate sulla porta le new entries indicate da Grasso. Naturale che un gruppo parlamentare così composto - che avrà anche un capogruppo nella medesima area - tenda ad escludere qualunque accordo con la destra e più in generale voglia spingere l'organizzazione verso il «movimentismo»: «Non dialogheremo mai con la destra»,è stato costretto a scandire Grasso ieri, memore del qui pro quo sulle larghe intese che certo non gli ha giovato.
Dunque, la scissione di Leu è rinviata in attesa di sviluppi in parlamento. La scommessa è ancora una volta che il Pd si rompa o metta in un angolo Matteo Renzi. Sebbene lui abbia fatto una conferenza stampa in cui dice che lascia per non lasciare, sono tanti gli esponenti di peso del Nazareno che lo contestano apertamente.
Dal bonario Luigi Zanda - «La decisione del rinvio delle dimissioni è incomprensibile» - all'amareggiato Gianni Cuperlo sono tanti ad attaccarlo. L'ironia della sorte vuole dunque che proprio ora che i numeri sono risicatissimi, il Pd sia davvero ad un passo dalla rottura. E sebbene le forze siano poche e il morale basso, a Leu non resta che scommettere ancora.

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