PESCARA Non più interpellanze e interrogazioni. Sono il brocardo e la locuzione latina, ora, le nuove armi sulle quali si combatte la sfida politica tra Luciano D'Alfonso e il centrodestra. Al "Dies a quo" del presidente-senatore (il giorno a partire dal quale scatta il conto alla rovescia per le sue dimissioni dalla Regione), rispondono i consiglieri regionali di Fi, Lorenzo Sospiri e Mauro Febbo con "In claris non fit interpretatio" (nelle questioni chiare non si fa luogo a interpretazione), sfidandolo sul suo stesso terreno: il giurista Costantino Mortati.
L'APPIGLIO. «Troviamo irriguardoso», hanno detto ieri in conferenza stampa, «cercare tra le pieghe del pensiero di un Maestro del diritto costituzionale un appiglio, una sfumatura, una qualsivoglia parola che avvalori ciò che, in fatto di incompatibilità tra la carica di presidente della Giunta regionale e quella di senatore della Repubblica, è per il diritto assolutamente chiaro. L'assunzione della qualità di membro elettivo del Parlamento» ricorda Sospiri citando Mortati, «ha luogo con la proclamazione dell'avvenuta elezione. E il regolamento del Senato dichiara che i Senatori acquistano le prerogative della carica e i diritti inerenti alle loro funzioni, per il solo fatto dell'elezione o della nomina, dal momento della proclamazione se eletti, o dalla comunicazione della nomina se nominati».
LA COSTITUZIONE. L'articolo 112 della Costituzione (secondo comma), recita: "Nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio o a una Giunta regionale e ad una delle Camere del Parlamento, ad un altro Consiglio o ad altra Giunta regionale, ovvero al Parlamento europeo". Da tutto questo, secondo Sospiri e Febbo si ricavano due cose semplici: «Che si è senatori a partire dall'atto della proclamazione; che dal momento dell'assunzione della qualità di senatore è fatto divieto di cumulare due cariche elettive: quella di senatore e di presidente della Giunta». LA PARALISI. Sospiri e Febbo invitano D'Alfonso a decidere da quale parte stare, e farlo in fretta perché in questa situazione «l'ente può provvedere solo all'ordinaria amministrazione. Da un mese e mezzo la Regione è ferma. Se continua così arriveremo a ottobre, e l'Abruzzo non può permettersi lo stallo istituzionale. In questa campagna elettorale D'Alfonso ha continuato a dispensare promesse per 3 miliardi e 121 milioni di euro. Il centrosinistra non si permetta di bloccare per altri otto mesi la Regione che per colpa dei capricci dalfonsiani continua a registrare segnali allarmanti in settori strategici come agricoltura, turismo, artigianato e comparto produttivo industriale. Le imprese continuano a chiudere, la disoccupazione aumenta e vediamo collocare l'Abruzzo penultima tra le regioni d'Italia nella spesa del Fondo europeo di sviluppo regionale». (a.bag.)