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Data: 10/03/2018
Testata giornalistica: Il Centro
Contratti, intesa Confindustria-sindacati. Al via la stagione delle nuove relazioni industriali. Si parte col trattamento economico minimo e salari in aumento

ROMA Parte la stagione all'insegna del nuovo modello contrattuale e di relazioni industriali, che va dall'introduzione del Trattamento economico minimo alla rappresentanza anche per le imprese. L'accordo è stato firmato dal presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, e dai segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo, dopo la sigla del testo condiviso nella notte del 28 febbraio. Una firma che chiude un lungo percorso ed un confronto partito circa un anno e mezzo fa, rimarca il ruolo e l'autonomia delle parti sociali e mette un paletto ad un'eventuale legge sul salario minimo: i minimi salariali sono definiti nel contratto nazionale, è la risposta delle stesse parti, che dicono no ad invasioni di campo. Il testo punta alla crescita dei salari, all'aumento della produttività e a forme di partecipazione dei lavoratori. Conferma i due livelli di contrattazione (nazionale e aziendale o territoriale), indica i criteri di calcolo degli aumenti salariali. E ancora: definisce per la prima volta la misurazione della rappresentanza anche datoriale (dopo quella per i sindacati definita nel 2014), con l'obiettivo di fermare il dumping contrattuale.Soddisfatti sia Confindustria che i sindacati. «In un momento delicato per il Paese, le parti sociali si compattano, non si dividono» sottolinea Boccia parlando del Patto della fabbrica che aveva lanciato ad ottobre 2016, sostenendo che l'accordo è un esempio di come si possa «passare dalla stagione del conflitto al confronto nell'interesse di tutti». Rappresenta, dice ancora, «un appello al mondo esterno, a fare le cose con responsabilità», come quella che si chiede in questo momento dopo il voto e per la formazione del nuovo governo. Tra l'altro, rimarca, rimette la «questione industriale al centro, tra gli attori della fabbrica». L'accordo «è un investimento che facciamo sulla funzione della contrattazione e sull'autonomia delle parti sociali. Veniamo da una stagione in cui è stata messa in discussione», dice Camusso, tornando ad evidenziare che «bisogna rafforzare nel Paese la centralità del lavoro». E che, proprio in ragione della «forte autonomia», «non abbiamo bisogno di legislazioni che intervengano sulla sfera contrattuale». Furlan rimarca l'importanza e l'unitarietà del risultato: «Abbiamo assistito ad una campagna elettorale non bella sul lavoro, noi pensiamo che questo accordo concorra alla crescita del Paese e del valore sociale del lavoro. Abbiamo lavorato tanto, oltre un anno di confronti serrati e nemmeno un minuto del lavoro fatto è stato un minuto perso». Chiaro sul no ad una legge sul salario minimo anche il leader della Uil: «Abbiamo i minimi salariali nel contratto nazionale che, senza il dumping contrattuale, copre il 99% dei lavoratori». Oggi l'economia è «in leggera ripresa e con questo accordo dobbiamo favorirne il decollo», aggiunge Barbagallo, «come sindacati abbiamo l'esigenza di far crescere i salari e insieme la produttività».

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