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Data: 10/03/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
La verità di Passamonti sull'omicidio di Moro

Una carriera vissuta sempre in trincea, ma, soprattutto, un destino che si incrocia con uno dei fatti che più di tutti ha scosso l'Italia ed è ancora circondato da diversi misteri: il caso Aldo Moro, di cui fra qualche giorno ricorre il quarantesimo anniversario. Paolo Passamonti, originario di Pineto e questore di Pescara dal 10 febbraio 2010 al 31 dicembre 2016, è stato il primo ad accorrere il 16 marzo del 1978 in via Fani, luogo in cui era stato rapito il presidente della Democrazia Cristiana. Ma non è finita qui. Sempre lui, capo del quinto Nucleo volanti di Roma, che all'epoca aveva 24 anni e comandava circa 250 persone, è stato anche il primo ad intervenire il 9 maggio del 78 in via Caetani, dove per primo ha visto il cadavere di Moro riverso nel bagagliaio della Renault 4. Due episodi che hanno segnato la vita di Paolo Passamonti, non solo per aver visto i corpi dei suoi colleghi straziati dai colpi sparati dai brigatisti durante il rapimento, ma anche per essere stato più volte testimone, e non solo nelle aule dei tribunali, del caso Moro.
LA RICOSTRUZIONE IN TVSolo lo scorso anno l'ex questore è stato sentito nel corso di un'audizione parlamentare, nell'ambito di una nuova commissione bicamerale d'inchiesta, istituita con una legge del 2014 e presieduta da Giuseppe Fioroni (Pd), con lo scopo di approfondire il clima politico e l'esatta dinamica dell'agguato e dell'omicidio Moro. E su queste testimonianze si è concentrato anche Andrea Purgatori, giornalista e scrittore, che ha dedicato proprio al caso Moro le prime due puntate di Atlantide, che andranno in onda in prima serata su La7 lunedì 12 e mercoledì 14 marzo. La trasmissione, girata proprio in via Caetani, una traversa di via delle Botteghe Oscure, ripercorre la scena del ritrovamento del cadavere di Moro, attraverso gli occhi e i racconti di Passamonti. Ma non è tutto, perché l'ex questore ricorda anche quando arrivò per primo in via Fani e vide i corpi crivellati dei due carabinieri a bordo dell'auto di Moro, Oreste Leonardi e Domenico Ricci, e poi i tre poliziotti senza vita, gli stessi che incontrava tutti i giorni, con cui prendeva il caffè e scherzava, che viaggiavano sull'auto di scorta: Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi: ques'ultimo respirava ancora quando arrivò Passamonti. E fu allora, anche sulla scorta delle testimonianze immediatamente raccolte, come nel caso della donna che lo prese di petto e lo trascinò urlando «Hanno rapito Moro», che comprese la gravità della situazione. E proprio sulla ricostruzione di quei momenti, sui tempi effettivi di arrivo delle varie auto della polizia e dei carabinieri in via Fani, si incentra l'inchiesta bicamerale, che vuole fare luce sulle numerose anomalie e contraddizioni sugli orari. Arrivando perfino a ipotizzare che, grazie a una segnalazione anticipata, una pattuglia possa essere arrivata a rapimento ancora in corso, e su questa le Br avrebbero fatto fuoco.
GLI INTERROGATIVIInterrogativi su cui anche Purgatori vuole fare chiarezza nella sua trasmissione. «Con l'omicidio Moro - spiega il giornalista - la nostra politica è cambiata per sempre. Con lui, è stata uccisa la possibilità di una politica non conflittuale in Italia. E' necessario capire quanto di quello che è successo sia attribuibile a forze esterne, gli Stati Uniti o l'Unione sovietica, che guardavano entrambe con preoccupazione al fatto che in Italia ci fosse il più grande Partito Comunista occidentale». Secondo Andrea Purgatori, la mancanza di dialogo politico dopo il caso Moro, oggigiorno, è dovuta soprattutto al fatto che «mancano ancora pezzi di verità».

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