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Data: 10/03/2018
Testata giornalistica: Mapero'
Lotti affonda D’Alfonso

E adesso ci mancava pure Luca Lotti, mannaggia. Quanti ne fa di guai la sconfitta, quanti livori, quanti colpi bassi, quante girate di spalle. Eccolo qui l’ex ministro allo Sport venuto a Lettomanoppello a inaugurare una porzione di campetto di calcio, eccolo che assesta un colpo dove sapete voi al governatore dell’Abruzzo. Lo fa per difendersi certo, per difendere Renzi e la bottega Pd, ma lo fa:

“Ha ragione il ministro Orlando quando chiede un dibattito nel Pd, sul Pd. Almeno, così, avremo modo di parlare di chi ha perso nel collegio di residenza ma si è salvato col paracadute, di chi non ha proprio voluto correre e di chi invece ha vinto correndo senza paracadute. Avremo modo di parlare di come è andata in alcune regioni governate dal Pd in cui il risultato è stato inferiore alla media nazionale con i governatori che hanno fatto tante interviste ma hanno perso tutti i seggi della loro regione.
Se vogliamo aprire un dibattito interno facciamolo. Perché sentire pontificare di risultati elettorali persone che non hanno mai vinto un’elezione in vita propria sta diventando imbarazzante. Se invece vogliamo essere seri, siamo pronti come sempre ad ascoltare le parole del Presidente Mattarella e il suo appello alla responsabilità. E forse anziché parlare del Pd – che ha perso e starà all’opposizione – è arrivato il momento di vedere cosa vogliono fare i vincitori Salvini e Di Maio”.

Non ci vuole molto a capire che ce l’ha con Emiliano ma come si fa a non pensare anche all’Abruzzo, e a Luciano D’Alfonso quando dice che

“avremo modo di parlare di come è andata in alcune regioni governate dal Pd in cui il risultato è stato inferiore alla media nazionale con i governatori che hanno fatto tante interviste ma hanno perso tutti i seggi della loro regione”.

E con chi sennò? Con chi altri sennò? E’ inutile che il presidente della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso si arrampichi sugli specchi e scomodi Mortati per giustificare il doppio incarico, governatore qui e senatore là, perché alla fine tutti invece pensano a un altro illustre abruzzese, quello che ha coniato il celebre brocardo che legittima la prorogatio finalizzata alla conservazione dello stipendio, il celebre “te lo dico da amico, fatti li cazzi tua” del senatore degli Abruzzi, emerito Antonio Razzi. Altro che Mortati.
In fondo, a fare i conti della serva, il Pd in Abruzzo ha preso solo 150 voti in più della Lega di Salvini, e per poco quindi non è sprofondato al quarto posto. E a voler cavillare, la differenza tra i voti di Camera e Senato è solo dello 0,1 per cento, cioè di 191 voti: a tanto ammonta l’effetto D’Alfonso nel suo collegio, tra l’altro un collegio blindato, senza se e senza ma. A dispetto dell’arroganza, del “senatore degli Abruzzi”, degli accostamenti a Benedetto Croce, delle prove muscolari e della vanità.

Ma la prova che lui e tutto il suo staff non avessero la percezione di quanto stava accadendo durante la campagna elettorale, è tutta in quel manifesto e in quello spot mandato in onda all’infinito: “L’Abruzzo al governo”. Un flop inaudito, una specie di boomerang, uno slogan che ha trasformato la campagna elettorale in una specie di referendum sulla sua persona, così come accadde a Renzi per il referendum: e di conseguenza il no è stato ancora più forte e netto.
ps: Adesso è Lotti a chiedere il redde rationem. Bisognerà che qualcuno glielo spieghi, a Dalfy, che in quelle condizioni e con quei voti, senatore ci sarebbe diventato anche un cavallo.

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