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Data: 11/03/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Il pressing di Lega e Meloni: governiamo noi o nuove urne

ROMA Maroni, Zaia, Giorgetti, Toti? Un governo di scopo guidato da un moderato o addirittura un governo di tutti? No, grazie. Per la Lega non ci sono altre alternative. «Gli elettori hanno votato un programma e un nome di fiducia. Sulla scheda c'era il nome di Salvini». Due giorni fa il leader del Carroccio, arringando i nuovi parlamentari, aveva indicato la strada: esecutivo politico o il voto. E a via Bellerio si aspettano che Berlusconi sia conseguente con quanto illustrato. Vuol dire che l'ex premier può impegnarsi a tenere il filo con il mondo dem, può cercare responsabili in Parlamento ma il percorso è lineare. Il messaggio è chiaro: l'ex presidente del Consiglio non si presti a manovre di palazzo. Arrivare, magari all'ultimo giro di consultazioni, a dedurre che alla guida di un esecutivo possa esserci qualcun altro e non Salvini porterebbe alla rottura del patto Lega-FI.
Il giovane Matteo al momento attende le mosse all'interno del Partito democratico. Sta costruendo una piattaforma programmatica da presentare in Parlamento, anche tramite il Def, per attrarre chi è interessato, a suo dire, «a risollevare il Paese attraverso un'opera di riduzione della pressione fiscale».
I PALETTI
Ma il paletto è netto: convergenze sono possibili e auspicabili, quello che non è neanche ipotizzabile è che si vada su schemi diversi. Tuttavia Berlusconi si è impegnato a fare di tutto per arrivare ad un governo.
«Ma ogni tentativo dovrà essere portato avanti con l'accordo della Lega e nel perimetro del centrodestra. Non può muoversi in autonomia, significherebbe distruggere l'alleanza», ha spiegato il segretario del Carroccio ai suoi. Senza intese in Parlamento si va avanti ad eleggere a palazzo Madama un candidato della Lega. Poco importa se alla Camera il Movimento 5 stelle riuscisse a portare un proprio uomo sullo scranno di Montecitorio. Anzi Salvini se lo auspica: «Ma per formare un governo non è possibile alcun asse con i grillini», ha sottolineato. «A qualcuno piacerebbe un governo tra Pd e M5S, penso ai poteri forti, all'Europa, a certi ambienti dell'establishment. Se ci riescono bene, noi poi ne trarremo le conseguenze», ha ribadito Salvini ai fedelissimi.
E dunque l'ipotesi più accreditata a via Bellerio è che se non cambiano i numeri in campo, una volta chiusa la partita sulle due presidenze di Camera e Senato, si vada in Commissione Affari costituzionali a modificare la legge elettorale. Inserendo un premio di maggioranza e portando poi il Paese al voto. Non a giugno ma a ottobre. In tempo per la legge di stabilità attraverso la quale Salvini potrebbe mettere in opera la sua rivoluzione fiscale. Solo che Berlusconi non è affatto d'accordo sull'eventualità di un voto bis. In realtà anche nella Lega si è consapevoli che il ricorso a nuove urne sarebbe soltanto una estrema ratio.
Ma il piano B permetterebbe al Carroccio di strutturarsi ancora meglio e al leader del centrodestra, come si è autodefinito nei comunicati ufficiali, di presentarsi ai cittadini con maggior forza e magari con numeri ancora più allargati, visto che il progetto Lega Italia interessa a non pochi forzisti. Berlusconi però ha stoppato qualsiasi scenario simile. «L'importante è che Berlusconi non si metta contro i nostri elettori», il segnale arrivato ad Arcore direttamente da via Bellerio.
Analogo segnale è arrivato da Giorgia meloni, leader di Fratelli d'Italia. «I nostri 50 parlamentari eletti ribadiscono l'impegno preso con gli elettori - ha detto ieri Meloni non siamo disponibili a governi diversi da quello di centrodestra. Ben venga il sostegno esterno di chi voglia condividere le priorità del centrodestra».

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