ROMA Appena comincia a circolare il nome di Maurizio Martina le facce rimangono tirate. «E quanto resta alla guida del Pd?», chiedono dal comitato elettorale dei Cinque Stelle sbuffando. Che poi l'aura elettorale, in verità, sta scemando in fretta per far posto a una sorta di segreteria ristretta del candidato premier Luigi Di Maio (ieri ha pure stoppato sul nascere tutti i tentativi di chat collettive dei parlamentari). «Un sostegno Pd? Andiamo a sbattere sia noi che voi», allarga le braccia Ettore Rosato parlottando con Sergio Battelli e Simone Valente. Il M5S invece auspica un processo di assunzione di responsabilità da parte del Pd che consiste nel detronizzare completamente il segretario Matteo Renzi. Oggi sarà alla sala stampa estera per «parlare all'Europa e alla Merkel». Le premesse sono dure: «Vedo i soliti giochi di potere sulla pelle dei cittadini», scrive il leader del M5S su Twitter e incolpa Pd, Lega e Fi: «Gli italiani si aspettano responsabilità da chi ha fatto questa legge elettorale». In sostanza Di Maio dice che non è colpa del M5S se c'è questo tripolarismo sbilenco. E pensare che di segnali al Pd, i pentastellati, ne stanno lanciando molteplici. Il primo, frutto di una confidenza di un alto papavero pentastellato, riguardo il reddito di cittadinanza. «È identico al Reddito di inclusione! Ma non si può dire: le due misure sono praticamente uguali solo che arrivano da due partiti che si sono sempre accapigliati». La stessa fonte conferma che è impossibile inserire il reddito di cittadinanza nel Def, ragion per cui si lavorerà sull'esistente. Realpolitik all'ennesima potenza, insomma.
IL RIFORMISMO
L'universo semantico dei messaggi in bottiglia inviati alla sinistra fanno riferimento al mondo del lavoro, salario minimo orario, concertazione e produttività. E quindi il reddito di cittadinanza è in stand by. Ora il ministro del lavoro designato da Di Maio, Pasquale Tridico, lo chiama reddito minimo condizionato. Perché, intanto diventa un bacino di risorse che si autofinanzia, quindi slegato il più possibile dal rapporto deficit /Pil, è pensato strettamente interdipendente dagli investimenti produttivi dello Stato nei settori a più alto ritorno occupazionale e poi, come detto, il provvedimento non esiste al di fuori di ciò che c'è già. E un'ottima base di partenza c'è: il reddito di inclusione, appunto, che quando sarà a regime arriverà a 2,5 milioni di famiglie. Il M5S calcola il reddito di cittadinanza per 2,7 di famiglie. Persino i numeri dei destinatari collimano. Ci sarebbe il trasferimento degli uffici che seguono la pratica: dai comuni ai centri per l'impiego. Un po' come per i vaccini. L'immunologo Guido Silvestri nel programma elettorale elaborato per il M5S ha sottolineato come sia importante non scostarsi da una legge dello Stato comunque approvata, il decreto Lorenzin che prevede il ritorno all'obbligatorietà e il monitoraggio dell'immunità di gregge che per alcune patologie è basso.
Lo spirito è iper pragmatico e deriva dalle ex zone rosse. Andrea Roventini, il prof designato per il Tesoro, è di Mirandola; seppur giovane sa di cosa si sta parlando. Lo raccontò Edmondo Berselli riportando la summa di questo esprit laburista, di sinistra: «Perché se apre un c...o di fabbrica disse in un animato incontro con il sindacato il primo cittadino di Modena Rubes Triva il socialismo avanza più di quando una fabbrica chiude». Se proprio ci deve essere un qualcosa che debba avere cittadinanza è infatti il lavoro. Non a caso ieri Roventini durante una lezione tenuta alla Sant'Anna di Pisa a giovanissimi delle superiori ha parlato di un circuito economico che si riattiva attraverso le banche «che devono ricominciare a prestare denaro alle imprese».
Stare all'opposizione però ha lasciato tracce indelebili se c'è chi solleva dubbi su «1.600 assunzioni di cui 600 dedicate alle misure per l'inclusione attiva e al reddito di inclusione» nei centri per l'impiego come fa l'eurodeputata pugliese Rosa D'Amato che annuncia un'interrogazione. Evidentemente lei non partecipa al grande bagno di realtà che allaga i locali di via Piemonte 32, a Roma.
«Sgarbi dietro le fake news dei Caf» Minacce dopo le accuse di Striscia
ROMA La nuova giravolta nella storia senza fine delle code per il reddito di cittadinanza a Cinque Stelle, sembra arrivare in serata. Ma è una fake news anche questa. Quando Striscia la notizia diffonde un fuorionda tra Vittorio Sgarbi e il suo addetto stampa, Nino Ippolito, tutto sembra apparentemente chiaro. «Domattina voglio fare un post ironico sui Cinque Stelle dice al telefono Ippolito al critico d'arte così lo mandiamo sui social: da oggi sono in distribuzione mille euro presso le sedi M5S». «Oppure suggerisce Ippolito in alternativa - scriviamo che i moduli possono essere scaricati sulle piattaforme del M5s. Una cosa per prenderli in giro». L'assenso di Vittorio Sgarbi arriva diretto: «Sì, sì, fallo». Tutto chiaro quindi? È Ippolito il misterioso untore che ha sparso la notizia in tutta Italia, poi bollata sdegnosamente da Luigi Di Maio come una fake news?
«È solo una cosa satirica nello spirito di Striscia la notizia», assicura il portavoce del critico d'arte. «Quando dico a Vittorio della mia idea la notizia era già uscita sul Corriere del Mezzogiorno il 7 marzo, tanto è vero che la stavano commentando insieme». «Basta verificare i nostri social prosegue Ippolito dove non c'è alcuna traccia della notizia bollata come fake news dai Cinque Stelle. I fatti dimostrano chiaramente come dietro questa storia non ci sono io, né tantomeno Sgarbi. Volevamo soltanto divertirci un po', fare un po' di satira. Ma ci abbiamo rinunciato subito. Uno scherzo che non ha mai avuto seguito». Ma che rischia di costare caro: ieri i grillini hanno inondato di minacce i social dell'uno e dell'altro.
L'ultimo colpo di coda di una vicenda tormentata, non scioglie tuttavia il vero nodo. Le code sono una fake news o sono invece verità? A sentire Repubblica, l'assalto ai Caf c'è stato eccome. Tanto che all'Urban Center di Bari sarebbero state almeno una cinquantina le persone che avevano chiesto informazioni sui moduli necessari per avere accesso al reddito di cittadinanza. La conferma è arrivata autorevole anche dal direttore generale del Comune di Bari, Davide Pellegrino: «In questi giorni sono arrivate decine di richieste per il reddito di cittadinanza». Parole nettamente in contrasto con la tesi della bufala sbugiardata dallo staff comunicativo di Luigi Di Maio. Sempre in Puglia, ed esattamente a Giovinazzo dove il caso è montato, sono arrivate ulteriori conferme. Anche nel piccolo Comune nei dintorni di Bari si sono presentate circa 50 persone, ha spiegato la referente Uil locale, Valeria Andriano. «Soprattutto giovani, gente che non ha mai avuto un posto di lavoro e lo sta cercando, o chi l'ha perso».
IL CASO TORINO
E vai poi messa a verbale la dura reazione del Caf di Torino, preso d'assalto dai cittadini. «Quando si fanno promesse sulla pelle degli elettori disagiati recita il comunicato diffuso su Facebook dal patronato piemontese - il minimo è rendersi conto del danno compiuto. Per questo sul nostro sito trovate il riferimento telefonico e mail del M5S, che ha sottoscritto la promessa elettorale». Bufala o no, l'indicazione che se ne ricava è infine abbastanza chiara: «Per maggiori informazioni, rivolgetevi ai Cinque Stelle».