PESCARA La crisi in giunta si risolve prima di nascere. Tutto è stato deciso in una notte, quella tra martedì e ieri, e con appena tre mosse quasi indolori. Tre mosse con cui il governatore-senatore, Luciano D'Alfonso, intende disinnescare la doppia minaccia Gerosolimo-Di Matteo, i due assessori che, due giorni fa, gli hanno scritto dichiarandosi «pronti» a dimettersi. Le contromisure alle quasi dimissioni non saranno materialmente adottate da D'Alfonso, che però ha creato il terreno per metterle in pratica. Il mini rimpasto in giunta, infatti, sarà il primo banco di prova per Giovanni Lolli che, ieri mattina, ha praticamente ricevuto il testimone dalle mani del governatore. È stato un passaggio di fatto, senza cerimonie vista l'aria che tira. D'Alfonso infatti da lunedì si trasferirà in pianta stabile nel Senato per quello che ha definito il semestre bianco dell'Abruzzo. Lolli invece dovrà utilizzare il cesello per spacchettare il duo Gerosolimo-Di Matteo inserendo peraltro questa operazione politica nella strategia che il Pd ha studiato per i prossimi sei mesi. Una strategia che si riassume in 70mila voti da recuperare sul territorio per blindare una candidatura a governatore di un personaggio di peso del Pd abruzzese. Come farà? Uno dei modi sarà certamente quello di dare molto ossigeno alle liste civiche, come "Abruzzo Insieme" di Andrea Gerosolimo che, proprio grazie a questa dote politica, troverà le motivazioni per rimanere in giunta. La mappa del governo regionale quindi cambierà in modo quasi soft: fuori dall'esecutivo solo Donato Di Matteo, che resta in carica come consigliere regionale in cerca, diciamo così, di una zattera di salvataggio. Al suo posto da assessore subentrerà Mario Mazzocca che, proprio ieri, ha sottoscritto il documento con cui Liberi e uguali detta le proprie condizioni che si riassumono in due parole: discontinuità e collegialità. Entrambe soddisfatte con la poltrona che gli verrà assegnata. La terza mossa studiata nella notte riguarda una new entry in assoluto, è quella del teramano Giorgio D'Ignazio, passato nei ranghi della Civica Popolare della Lorenzin, quindi nella coalizione di centrosinistra, che così viene considerato meritevole dei gradi da sottosegretario di giunta che Mazzocca lascerà per diventare assessore di peso e d'urbanistica. Ma i conti debbono ancora tornare, nel senso che quanto finora scritto è un piano teorico. Toccherà, si diceva, a Lolli trasformarlo in realtà sotto la supervisione del governatore-senatore che, ieri mattina, approfittando della conferenza stampa sui fondi contro le frane per nove gravi emergenze abruzzesi, ha voluto mettere molte carne al fuoco, dopo aver liquidato la lettera dei "quasi dimissionari" con una battuta tra il sarcastico e il sagace: «Non ho letto la pergamena, l'ha invece letta Lolli. Ma io mi aspetto di leggere una lettera che parli di immissione in ruolo e sono convinto che ci sia scritto». Che in parole semplici vuole dire: non ci si può dimettere da una giunta regionale alla quale, dall'inizio dell'anno, Gerosolimo ha preso parte zero volte, mentre Di Matteo appena due, su un totale di nove riunioni servite a sfornare decine di delibere su grandi temi d'Abruzzo. Quindi per D'Alfonso sono immissioni più che dimissioni. Il resto, come dice lui, sarà disvelato sabato. Ed è un progetto scientifico enorme che, se andrà in porto, recupererà quella grande incompiuta che si chiama Interporto di Manoppello.
Ma sulle trivelle ci scappa la gaffe
Ricorso perso per un indirizzo sbagliato, ora l'Abruzzo ci riprova
PESCARA Il Consiglio di Stato ha messo la parola fine alle speranze degli abruzzesi, che si opponevano alle ricerche petrolifere in mare. Col "Ne bis in idem" non si scherza, tanto che il Tar prima, e il Consiglio di Stato poi, non hanno "perdonato" alla Regione Abruzzo la circostanza per la quale il primo ricorso contro la Spectrum Geo Ltd, nel 2015, fu inviato all'indirizzo sbagliato. Un errore che comportò una pronuncia di inammissibilità del ricorso abruzzese, che costituì un "giudicato" di fronte al quale ogni altro tentativo si è rivelato inutile, proprio per il principio del "Ne bis in idem", vale a dire "non due volte per la medesima cosa". Se i ricorsi abruzzesi non sono mai stati esaminati nel merito, quelli della Puglia, che pure da un punto di vista delle notifiche erano corretti, non hanno avuto sorte migliore. Ma ora, il presidente Luciano D'Alfonso riparte alla carica. «Adesso assumeremo tutti gli elementi. Ho chiamato a raccolta il sottosegretario Mario Mazzocca, il più raffinato conoscitore e battagliero in Abruzzo, e anche gli ambientalisti che hanno il senso delle cose. Con loro cercherò di rintracciare il bandolo della matassa per riprendere la battaglia istituzionale. Farò pesare», aggiunge, «anche questo nuovo patrimonio di rapporti che abbiamo a Roma e con le istituzioni, per cercare di riprendere una battaglia. Non da soli, ma con altri, e poi vediamo cosa si può aggiungere. Non sono meravigliato del pronunciamento del Consiglio di Stato, ma mi voglio meravigliare del lavoro che faranno le istituzioni attive, Parlamento e ministeri, perché noi siamo nella condizione di potere rieducare la condotta giusta di ministeri e Parlamento. Io personalmente mi spenderò, come mi sono speso in quel famoso dicembre per avere la norma nuova contro "Ombrina di ferro". Quella norma nuova», conclude,«è stata il risultato di Regione Abruzzo».