Pressioni prima su Atac perché non accedesse al concordato preventivo né ad altre «procedure concorsuali», quindi sulle altre municipalizzate del comune di Roma perché facessero fronte contro l'azienda dei trasporti. E, infine, contatti diretti con gli advisor che lavoravano alla proposta di concordato preventivo, per orientarli nelle indicazioni e fare in modo che scrivessero un piano favorevole alle banche. Sempre con la stessa minaccia: «Il socio più importante del comune di Roma sono le banche», diceva Giuseppe Pignataro, Responsabile Mercato pubblica amministrazione Direzione centrale di Bnl di Roma.
«Non si prendono scorciatoie o il Comune cade nel burrone»
Era pronto a qualunque mossa, il dirigente di Bnl Giuseppe Pignataro, per evitare che Atac proponesse un concordato preventivo e mettesse le banche in fondo alla lista dei possibili creditori, con il rischio che non pagassero per intero.
Pignataro, ora sospeso dagli stessi vertici della banca, va su tutte le furie quando il direttore generale della municipalizzata dei trasporti, allora Bruno Rota, spiega ai giornali che Atac sta valutando il concordato. La telefonata in cui si lamenta di quelle dichiarazioni, tra l'altro è del 27 luglio scorso: il giorno dopo, l'amministratore unico Manuel Fantasia accetterà le dimissioni di Rota con una lettera finita su tutti i giornali.
A ricevere lo sfogo di Pignataro sono Maria Grazia Russo, direttore Amministrazione e finanza di Atac e persino Lorenzo Bagnacani, ad di Ama, col quale Bnl sta valutando una linea di credito.
PRESSIONI ANCHE SU AMA
È il 31 luglio, quando Pignataro chiama la Russo per lamentarsi delle dichiarazioni di Rota sul concordato. «Una scorciatoia», dice Pignataro, che mette a rischio tutti: «La prima implicazione sa qual è? Non riguarda Atac, riguarda le altre società del Comune di Roma che andrebbero immediatamente in default perché le banche uscirebbero da tutti i rapporti». E ancora: «Siccome il Comune ha bisogno del socio più importante, cioè le banche! di che cosa stanno parlando, delle scorciatoie? Benissimo! Fate! Quelle non sono scorciatoie quelle portano al burrone!».
Anche con l'ad di Ama, Pignataro è esplicito. «Ama non viene valutata come Ama, ma come Roma Capitale! Allora, il gruppo Roma Capitale nel momento in cui dovesse decidere di andare in concordato preventivo...». L'ad della municipalizzata dei rifiuti prova a frenare, ma Pignataro insiste: «Se, per assurdo, da qui a settembre Atac dovesse continuare a paventare di portare i libri in Tribunale questo creerebbe un vulnus molto significativo alla continuità dei rapporti fiduciari tra Ama e le banche e, quindi, bisogna stare attenti». Bagnacani dice che riferirà il messaggio alla controllante, comune di Roma: «Ho capito, trasferisco il messaggio, sicuramente...». La richiesta di concordato, sebbene senza Rota, è partita ugualmente.
Secondo l'inchiesta della procura di Bari che ha interdetto Pignataro con l'accusa di bancarotta in relazione al crac delle ferovie pugliesi Fse, il dirigente ha usato lo stesso metodo anche con Atac. La procura di Roma ha chiesto le carte a Bari e ha aperto un fascicolo per valutare separatamente le pressioni di Pignataro a Roma. È soprattutto il rapporto tra il manager e Ernest & young - nelle ore in cui quel concordato aspetta la prima valutazione da parte della procura di Roma - a diventare rilevante. Nella società di advising, dicono le carte di Bari, Pignataro può contare su una vecchia conoscenza: Stefano Vitucci, figlio di Amedeo Vitucci che ha lavorato assieme allo stesso Pignataro nella vicenda Fse (Ferrovie sud est) da dove è partita l'inchiesta barese.
«ALLE BANCHE DATE TUTTO»
Al telefono con Vitucci, Pignataro è molto esplicito: «Anche se non sono un banca agente, la situazione la prendo in mano sempre io. Voi di Ernst & Young dovete risolvermi questo problema». Pignataro dice di aver condiviso il modo di «risolvere la faccenda» con «la parte politica e la parte aziendale». In sostanza, Bnl punta al ripagamento integrale del debito che ha Atac (nel complesso la municipalizzata ha circa 80 milioni in mutui contratti con diverse banche). Visto che le procedure di concordato non danno priorità alle banche, però, l'idea è che Ernest and young scriva una lettera in cui dà assicurazioni alla stessa Bnl, specificando che è stato l'azionista comune di Roma a dare questa indicazione: «Ci rispondete che avete ricevuto un mandato dalla società ad elaborare un piano che, nei limiti della fattibilità dello stesso, consenta di dare alle banche il valore integrale in linea capitale nell'ambito della durata del contratto di servizio qualora questo fosse prorogato». Se il fatto sia oppure no penalmente rilevante, sarà la procura di Roma a valutarlo. È un fatto, però, che nella proposta di concordato preventivo ora sotto la valutazione del tribunale Fallimentare, si garantisce, effettivamente, che i debiti 24 milioni di debiti verso le banche saranno tutti pagati entro il 2021.
Il comune di Roma, per ora, non si dice preoccupato: «Le decisioni assunte dall'amministrazione capitolina su Atac, in particolare sul ricorso alla procedura di concordato preventivo, sono dettate dalla sola esigenza di procedere al risanamento e al rilancio dell'azienda, a tutela di lavoratori e creditori».
Il piano salva-azienda verso il sì da rifare le perizie sul patrimonio
La riunione decisiva è prevista per questa mattina. Poi, la Procura invierà al tribunale Fallimentare il parere sulla proposta di concordato preventivo di Atac. L'intenzione è di dare il via libera, ma con alcune prescrizioni. Uno dei dubbi dei pm delegati agli affari civili di piazzale Clodio, che negli ultimi mesi hanno studiato gli atti inviati dalla municipalizzata dei trasporti, riguarda le perizie allegate alla proposta. Una su tutte: quella che sul valore dell'asset immobiliare, cioè il complesso di edifici, magazzini, depositi e terreni da alienare, come la rimesse a San Paolo, a Piazza Ragusa, in zona Garbatella, e gli uffici in via Tuscolana. Il sospetto è che i locali siano stati sottostimati: potrebbero valere di più rispetto a quanto calcolato. Per questo motivo, i pm potrebbero chiedere nuove perizie e rivedere il totale.
IL COMUNE
L'altra raccomandazione della procura riguarda il debito di 493 milioni di euro nei confronti del Comune di Roma: dovrà essere «postergato», cioè saldato in coda agli altri. Tradotto: il Campidoglio dovrebbe essere pagato per ultimo, visto che, come socio, partecipa alla gestione di Atac e al rischio di impresa. Il buco di bilancio nei confronti dell'Amministrazione è stato provocato dai mancati versamenti al Comune dei soldi che la Regione ha anticipato a Tpl. Il commercialista Marco Costantini, nella relazione sulla veridicità dei dati aziendali e sulla fattibilità, allegata al piano, sottolinea che «le società del Tpl non hanno provveduto, anche in considerazione del permanere di criticità finanziarie dovute ad ulteriori esposizioni creditorie vantate nei confronti della stessa Regione, al riversamento di tali importi a Roma Capitale». Per i magistrati, è necessario tenere conto di altri creditori privilegiati: dai fornitori al Fisco, per esempio. Oltretutto, il Comune, oltre a vantare un enorme credito nei confronti della municipalizzata, è anche un debitore: «Atac vanta crediti verso il socio Roma Capitale per complessivi euro 87 milioni 360mila euro», si sottolinea nel piano firmato il 26 gennaio 2018 dal presidente Paolo Simioni. Cifra accumulata tra rinnovo del contratto di lavoro collettivo, contratto di servizio non ancora pagato e un lodo arbitrale per la gestione di Tpl. Nella proposta l'azienda offre una doppia strategia per pagare i creditori: saldare «il 31% del valore nominale del credito chirografaro» e coprire un ulteriore 30% utilizzando «strumenti finanziari partecipativi».
LA FIRMA
Oggi, i magistrati delegati agli affari civili di piazzale Clodio dovrebbero firmare il parere e inviarlo al giudice relatore, Lucia Odello, del Tribunale civile. Nelle prossime settimane la Odello deciderà se dare il via libera al piano salva-Atac, che consentirebbe alla municipalizzata, gravata da 1,4 miliardi di debiti, di evitare la procedura fallimentare. In caso di risposta positiva, la parola passerà ai creditori, che dovranno approvare a loro volta il piano. L'azienda comunale, nel frattempo, sta preparando un'azione in giudizio contro i manager delle precedenti gestioni e in particolare contro i possibili responsabili del crack. Emerge sempre tra le righe delle 133 pagine del piano: se queste cause permetteranno di incassare soldi, saranno ulteriori fondi da utilizzare pagare i debiti.