PESCARA Mani unite alla "tutti per uno, uno per tutti" tra Luciano D'Alfonso e l'Abruzzo di Civica Popolare, ovvero Federica Chiavaroli, Lucrezio Paolini e Giorgio D'Ignazio. A volte basta una foto per trasformare le smentite in conferme. Il piano segreto del rimpasto in giunta, per disinnescare le quasi dimissioni di Donato Di Matteo e Andrea Gerosolimo, ha generato agitazione e una corsa alla smentita. Ma dietro le quinte dell'ufficialità andavano in scena trattative incrociate. Il primo a smentire la possibilità di diventare sottosegretario di giunta è stato il teramano D'Ignazio che si è affidato a un video. Mario Mazzocca, indicato come assessore al posto di Di Matteo, è invece caduto dalle nuvole. In camera caritatis ha però ammesso che accetterebbe. Quindi è toccato a Gerosolimo ribadire le sue dimissioni, ma nella stessa nota rivela di non averle formalizzate. Infine è stato il turno di Silvio Paolucci che, con stile fin troppo dalfonsiano, definisce le anticipazioni del Centro sul rimpasto "ricostruzioni da realtà aumentata con intuizioni suggestive di stampa". Nel frattempo però contattava Paolini mentre D'Alfonso trattava con la Chiavaroli. E in serata si è saputo che Giovanni Lolli avvierà una serie di colloqui per raggiungere l'obiettivo rimpasto. Ma le smentite, se strasbordano, possono anche diventare un boomerang. Così la frase di Paolucci: «Ogni decisione sarà presa collegialmente dalla maggioranza di centrosinistra, ci daremo un itinerario a partire da temi quali la necessità di una nuova legge elettorale», ha innescato la reazione al fulmicotone del 5 Stelle Domenico Pettinari. «La necessità di varare una nuova legge elettorale regionale, avanzata solo oggi dall'assessore Paolucci, cela la grande paura del Pd di affrontare nuovamente il voto degli abruzzesi e il disperato tentativo di inserire qualche norma capestro per ostacolare la vittoria del M5S Stelle alle prossime elezioni». E ancora: «Chi tenta di esasperare ulteriormente la pazienza degli elettori in Consiglio regionale, non ha capito affatto il messaggio arrivato dalle urne lo scorso 4 marzo». E infine: «Qualsiasi cosa si inventeranno, e per quanto proveranno ad allungare questa agonia, tengano a mente che, prima o poi, dovranno passare sempre dal giudizio delle urne», è l'anatema politico dei 5 Stelle.