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Pescara, 24/07/2024
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Data: 17/03/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Vitalizi e legge elettorale Di Maio tenta Salvini per ottenere la Camera. Rivolta FI, stop alla Lega «Il Senato tocca a noi»

ROMA Se Di Maio vi sembra il Renzi prima maniera, inzuppato di vocazione maggioritaria, non vi sbagliate. Il leader del M5S torna a surfare i territori del Nord in chiave elettorale. Ieri ha convocato la squadra dei suoi possibili ministri presentati prima delle elezioni e con loro ha analizzato la situazione, spiegando tutti i lunghi passaggi che servono ancora per capire cosa succederà. Continuano i contatti serrati con gli sherpa della Lega a cui Di Maio insiste nel dire che al M5S spetti la presidenza della Camera ma il «dialogo non è semplice», ammette. E promette che se si avvereranno gli auspici, il M5S dallo scranno più alto di Montecitorio abolirà i vitalizi e non utilizzerà la ghigliottina che silenzia il dibattito parlamentare. Ottime ragioni per una Lega che non vuole rinunciare a trattare con il M5S, al netto della rissa che si sta consumando all'interno della coalizione. «La storia non si ferma, Berlusconi si rassegni. Il leader del centrodestra ora sono io», sono le ultime parole di Salvini. Fermo restando che le ricette economiche guardano al riformismo di sinistra (vedi il Def versione pentastellata che sta disegnando Laura Castelli), il M5S continua uno scouting serrato. Sui temi, solo e sempre, ribadiscono sognando il grande appeal rassicurante che fu prerogativa originaria della Dc (ieri Di Maio e Fraccaro hanno rivolto un pensiero al tragico rapimento di Aldo Moro).
Da chi va Di Maio oggi? Va a Bologna alla fiera Cosmoprof. E poi a Carugo, nel comasco, dove i tre seggi vinti sono andati solo new entry, compreso Gianluigi Paragone. Va da Giuseppe Caggiano, fondatore del Drappo Bianco, associazione di imprenditori brianzoli, marmista, figlio d immigrati siciliani e lucani. «Ho sempre votato a destra, stavolta M5S», dice attendendo la seconda visita di Di Maio, la prima fu in campagna elettorale. Caggiano è diretto: «Qui hanno votato in massa Lega, prima votavano FI, io l'ho detto a Luigi: ci sono un sacco di leggi da abolire per noi imprenditori e poi bisogna fare una legge elettorale per sapere chi vince e governa».
IL MAGGIORITARIO
Ecco gli echi di ieri del Renzi maggioritario e le parole di oggi di Salvini che parla di premio di maggioranza. E il M5S a cambiare legge elettorale in chiave maggioritaria con la Lega è disponibilissimo. Dopo aver incontrato l'istituzionalissima Confcommercio e Sangalli l'altro giorno, Di Maio ha rimesso in moto il rally elettorale. «Vogliamo che parta dalla società civile la richiesta di accordarci fiducia», racconta un colonnello pentastellato. «Il messaggio è :non faremo un governo 5 stelle ma daremo un governo al e per il paese, che è più giusto», spiega la stessa fonte.
Di Maio non ha la paura delle urne. L'altro giorno ha pubblicato la foto con il candidato presidente del Molise, unica regione con il Friuli che andrà a elezioni a breve e da cui lui si aspetta un risultato che consolidi la rendita elettorale del 4 marzo.


Rivolta FI, stop alla Lega «Il Senato tocca a noi»

ROMA «Rischiamo di sparire. Se la Lega ha la presidenza di una delle due Camere, la guida della coalizione e il candidato premier, possiamo anche sciogliere Forza Italia». E' una pentola a pressione il partito di Silvio Berlusconi. Il sorpasso della Lega non è stato ancora digerito e Matteo Salvini sino a qualche giorno fa ha infierito sugli sconfitti. Entrare nel ruolo di guida del centrodestra non è facile per uno come il leader della Lega, ma i segnali non mancano. A cominciare dalla mancata reazione del segretario del Carroccio alle bordate di Renato Brunetta, capogruppo di FI in attesa di definitiva conferma. Sarà anche per questo motivo che ieri l'ex ministro della Funzione Pubblica ha dato voce al malcontento di deputati e senatori che alla candidatura di Paolo Romani a palazzo Madama non intendono rinunciare.
LA FIDUCIA
Romani si è però ben guardato dall'attaccare il leader della Lega. Anzi, memore dei voti lumbard che lo hanno aiutato ad essere nuovamente rieletto, continua a mantenere un profilo basso cercando di offrire rassicurazioni all'alleato senza perdere i contatti con il Pd. Berlusconi continua a lasciare Salvini libero di lavorare a nome di tutta la coalizione come suggerito da Niccolò Ghedini e Licia Ronzulli. Una linea che ha creato ulteriori tensioni tra gli eletti e la coppia di consiglieri del Cavaliere, che però non sarebbe una delega in bianco, ma la «giusta fiducia» in attesa che Salvini chiuda un'intesa con Pd e M5S che non danneggi FI.
Berlusconi continua ad essere convinto che il centrodestra potrebbe fare piatto prendendo la presidenza del Senato (Romani) al momento del ballottaggio, e quella di Montecitorio (Giorgetti) d'intesa con il Pd. Salvini però continua a resistere e resta convinto che tagliare fuori i 5S significa escluderli di fatto da ogni ipotesi di governo di tregua. Accontentare l'alleato con il Senato (Romani), e al tempo stesso i grillini (Carelli o Fraccaro), significa però che la Lega dovrebbe fare un passo indietro «per il bene della coalizione» come, ai tempi d'oro di FI, ha più volte detto il Cavaliere. Restare fuori dal gioco delle presidenze permetterebbe al leader del Lega di presentarsi al Quirinale blindato come possibile candidato premier o di svolgere comunque un ruolo da regista quando si dovrà comunque comporre un governo e mettere mano ad un programma che preveda anche la riforma della legge elettorale. Anche se la palla è nel centrodestra, Salvini per ora non scopre le carte e continua a muoversi evitando di irritare ulteriormente gli alleati.
«Salvini ha vinto certamente, ma vincere non è stravincere. Collaborare con l'alleato non umiliarlo», sostiene l'azzurro Osvaldo Napoli. Salvini e Di Maio, seppur lentamente e ognuno a suo modo, stanno comprendendo di essere una parte importante del tutto, ma non il tutto, e che il confronto - come ammette il leader pentastellato, sulle presidenze delle Camere «non è facile». Soprattuto non è facile per Di Maio restare leader del M5S senza andare al governo o, forse peggio ancora, consegnando ad altri del suo Movimento la presidenza della Camera. E' per questo che, malgrado le smentite, Maio potrebbe fare alla fine la mossa che Matteo Renzi gli ha suggerito in una delle sue ultime interviste: fare il presidente della Camera in modo da giocarsi, con il presidente del Senato del centrodestra, un eventuale incarico esplorativo.
IL CORSO
Mancano però ancora cinque giorni al voto e mentre il Pd resta alla finestra, convinto di tornare ampiamente in gioco tra qualche giorno, il M5S accompagna la richiesta della presidenza di Montecitorio alla questione dei vitalizi. Tema molto strumentale, visto che comunque ci sarebbe bisogno di una legge per modificarli e quindi di un governo, ma tanto basta sia per spaventare molti azzurri di lungo corso - che proprio questo temono - sia per brandirlo qualora non dovesse finire come auspica anche la capogruppo M5S Giulia Grillo.
Malgrado tutti lo neghino, la questione delle presidenze delle Camere si sta intrecciando con quella del possibile governo. Salvini non molla i 5S proprio perché non vuole consegnarlo all'opposizione e dargli ulteriori argomenti per sottrarsi al possibile governo di tutti.

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