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Data: 19/03/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Telefonata Di Maio-Salvini: ora avviamo il Parlamento Ma su M5S la Lega si spacca. Rottura nel centrodestra: carta Bongiorno al Senato

ROMA Far partire il Parlamento, renderlo subito operativo. L'asse Lega-M5s regge, certificato da una comunanza di intenti dopo la telefonata Di Maio-Salvini. Il candidato premier del Movimento 5 stelle ha sentito anche Martina, Grasso, Meloni e Brunetta, spiega di aver riscontrato «disponibilità da parte di tutti per individuare le personalità che possano ricoprire al meglio un ruolo fondamentale per il funzionamento di un Parlamento che sia al servizio dei cittadini».
LA VERA PARTITA
La rivendicazione resta sempre lo scranno di Montecitorio e la premessa è che la partita sul governo è un'altra cosa. Sulla stessa lunghezza d'onda la Lega che continua a sostenere che sulle presidenze delle Camere occorre «rispettare il voto degli italiani». Non si parla ancora di nomi: «Stiamo ragionando su alcune ipotesi», afferma il leader del Carroccio. Che però si spinge oltre: un governo anche con i grillini? «Nulla è impossibile, si parte dai programmi».
Oggi Berlusconi sentirà Salvini, già domani ci dovrebbe essere un confronto tra i capigruppo del centrodestra ma al momento FI continua ad essere spiazzata e fuori dalle trattative portate avanti dal giovane Matteo. In realtà il segretario del partito di via Bellerio non ha chiuso ufficialmente la porta al partito azzurro sulla guida di palazzo Madama, ma il timore è che possa cavalcare il veto M5S su Romani. Mentre Giorgia Meloni avverte: «La presidenza della Camera a un esponente 5Stelle non è un atto dovuto».L e geometrie non sono ancora definite, FI punta su Giorgetti per la Camera e sul Senato ha intenzione di far pesare i numeri, intende stringere un accordo con il Pd sulle vicepresidenze e sulla guida dell'ufficio di presidenza che - viene fatto notare saranno importanti anche sui temi come il taglio dei vitalizi.
Il Cavaliere sospetta sempre che il suo alleato voglia tornare alle urne ma con i suoi predica calma: «Salvini confida ai fedelissimi - sarà più ragionevole quando capirà di non potersi fidare dei Cinque stelle e quando si confronterà con il Capo dello Stato». Ma Salvini ormai ragiona apertamente sulla possibilità di trovare un'intesa con Di Maio su temi quali la cancellazione della legge Fornero, la riforma della scuola, sul rapporto con l'Europa e sulla giustizia. «Se qualcuno sottolinea - mi aiuta a far ripartire il mondo del lavoro sono disponibile a ragionare con tutti. Vado in Parlamento e ci metto la faccia. Vediamo chi ci sta». Distanze invece sul reddito di cittadinanza, ma «ci sono tanti punti in comune, c'è una base di partenza. Difficilmente potrei andare a governare con Renzi e Boschi. Per serietà è un no». «Si parte dall'alleanza di centrodestra», promette, ma porta sbarrata al piano di Berlusconi di aprire al Pd e alla prospettiva indicata anche da Maroni che ieri ha parlato di larghe intese: un esecutivo così «garantirebbe il parere dell'ex presidente della Lombardia - la compattezza del centrodestra e potrebbe durare un anno per una legge elettorale fatta bene. C'è già la data: il 26 maggio 2019, quella prevista per le europee».
L'ex governatore, dal Cavaliere considerato una riserva da spendere per coinvolgere i dem, dà un consiglio a Salvini («valuti i tempi giusti per la sua leadership») e avverte: tenere fuori FI metterebbe in crisi «i governi regionali e locali», un governo Lega-Movimento 5 Stelle sarebbe insomma una missione «impossibile»: meglio, scandisce, le larghe intese.
L'alt di Salvini ad ipotesi di grande coalizione è però altrettanto netto: «Spero che il Pd dia una mano a far ripartire questo Paese», ma no a governi con tutti dentro o a esecutivi di un anno «per tirare a campare», meglio evitare le urne ma senza un governo vero «io non ci sto ad andare a palazzo Chigi a tutti i costi». Il leader del Carroccio non crede neanche alla tesi di un accordo M5S-Pd: «Se io vado all'opposizione ne risponderebbero agli italiani». Martina intanto ha già chiuso la fase dell'Aventino, «per il bene delle istituzioni è doveroso un confronto tra tutte le forze parlamentari». Per le presidenze delle Camere «bisogna individuare figure autorevoli e di garanzia», dice anche Grasso.

Rottura nel centrodestra: carta Bongiorno al Senato

ROMA «Berlusconi non ha ancora smaltito la botta. Non si spiega il perché del risultato elettorale, ma continua a suicidarsi ospitando Salvini sulle sue reti». Il parlamentare azzurro non si tiene mentre il leader della Lega, sostiene, continua «zompettare» da una trasmissione all'altra delle reti del Biscione «in attesa di prendersi la Rai». A bruciare non è tanto l'affondo di Di Maio contro la candidatura di Paolo Romani e Roberto Calderoli a presidente del Senato, quanto la mancata presa di distanza dei leghisti «da un criterio che se venisse applicato dovrebbe riguardare anche Di Maio». E che il no a «candidati condannati o sotto processo», pronunciato dal leader grillino, sia un assist a Salvini ne è convinto anche il Cavaliere che resta asserragliato ad Arcore mentre il leader della Lega continua di fatto la campagna elettorale promettendo ai 5S di mettere un premio di maggioranza nella legge elettorale e a FI di fare un governo con i grillini.
LA TREGUA
L'asse grillin-leghista tiene e manda in fibrillazione FI come il Pd. Al Nazareno, come ad Arcore, ci si prepara a rispondere alle sollecitazioni che potrebbero venire dal Quirinale affinchè - e dopo lunghi tentativi - si arrivi alla formazione di un governo necessario per mettere in sicurezza il Paese. Questo allarma Di Maio e Salvini che temono la durata del possibile esecutivo di tregua, e insieme lavorano per arrivare alle consultazioni con l'assetto parlamentare più sgangherato e conflittuale possibile. Sicuramente privo di quelle figure superpartes e istituzionali che potrebbero facilitare il lavoro del Colle nella formazione di una maggioranza e di un governo. E' per questo che, malgrado le rassicurazioni, la partita in corso sulle presidenze delle Camere si sta intrecciando con quella della possibile formazione del governo.
Ed è sempre per questo che la tensione dentro il centrodestra è fortissima con Forza Italia pronta a giocarsi la carta del voto segreto per far saltare l'accordo tra Di Maio e Salvini che puntano a far eleggere a Montecitorio Fraccaro e a palazzo Madama la Bongiorno. Due nomi difficilmente spendibili per un dopo con tutti dentro e che aprirebbero la strada a quell'«ultima ratio», evocata dal leghista Giancarlo Giorgetti. Ovvero ad un governo di pochi mesi M5S-Lega durante i quali, come già sostenuto da Di Maio, si metterebbe mano ad uno dei problemi considerato dai 5S tra i più impellenti per il Paese: i vitalizi dei parlamentari.
LE BORDATE
Una prospettiva che viene guardata con un certo allarme al Colle e fa salire la pressione nel Pd dove aumentano coloro che aprono ai grillini proprio per scongiurare l'esecutivo sovran-populista che potrebbe mandare in fibrillazion i mercati e Bruxelles. L'asse governista interno ai dem deve però fare i conti con l'assetto dei gruppi dove i renziani, come confermano le bordate anti di Anzaldi e Marcucci, hanno ancora i numeri per far saltare qualunque ipotesi d'intesa. Tra renziani e azzurri i rapporti restano stretti. Seppur molto indebolito dal risultato elettorale, il Pd ha i numeri per supportare la strategia interdittiva di FI ma una rottura del centrodestra - che passerebbe per l'elezione di Romani a presidente del Senato - significa dare a Salvini le mani libere per chiudere l'intesa con i grillini in modo da riportare il Paese alle urne nel giro di pochi mesi. Il leader della Lega, malgrado le rassicurazioni, non ha nessuna intenzione di andare e palazzo Chigi e tantomeno di favorire un altro leader di centrodestra. Lo ha ben compreso Bobo Maroni che ieri in tv sembrava esprimere più le preoccupazioni di Berlusconi che le ansie del leader della Coalizione.
Un tentativo di spezzare l'asse Lega-grillini lo fa Giorgia Meloni - forse la leader più convinta della necessità di un governo di centrodestra - quando dice «che non è dovuto che si dia un presidenza di una Camera alla forza che è arrivata seconda». Ma Salvini di tenere fuori i grillini e di andare al governo, non sembra avere fretta. L'obiettivo resta quello di prendersi a breve un'altra fetta di FI.

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