Perizie da rivedere, dati non consegnati, indeterminatezza, a tratti superficialità. Nel decreto che il Tribunale fallimentare ha notificato ieri alla municipalizzata dei trasporti vengono analizzati - e criticati - punto per punto i pilastri del piano di concordato proposto da Atac. Un piano costato 12 milioni e 827mila euro, tra compensi per consulenti e parcelle dei periti. Nell'atto, il presidente Antonino La Malfa e i giudici Lucia Odello e Luigi Argan, parlano «di profili di inammissibilità» che dovranno essere chiariti e integrati di fronte al collegio dal legale rappresentante della società - convocato il 30 maggio -, dal redattore e dall'attestatore.
Da rivedere gli strumenti partecipativi, cioè i bond previsti per «coprire il 39 per cento del credito chirografario». Il Tribunale è critico: «Tale operazione appare non conforme a legge». Il nodo riguarda il credito vantato dal Campidoglio, descritto come «postergato» - cioè da pagare per ultimo - ma che, in realtà, verrebbe saldato di pari passo agli altri. Anche la procura, nel parere inviato ai giudici, «ha avanzato dubbi sulla legalità della proposta».
La riuscita del piano poggia poi su un programma di risanamento che, per i giudici, «per alcuni aspetti è delineato solo nei contorni». Atac prevede un incremento dell'offerta chilometrica e dei ricavi, l'aumento di mezzi e risorse. L'azienda propone infatti l'acquisto di 760 nuovi bus, «per 89 milioni autofinanziato», e interventi di manutenzione per 16 milioni. Per i giudici, «non è chiaro come la società possa fare fronte al pagamento di 89 milioni nel 2020, nel periodo in cui dovrebbe pagare i creditori». Anche l'annunciato aumento della qualità del servizio, per il Tribunale, è impossibile da definire, perché «ancorato a elementi (tempi di percorrenza legati anche allo stato del manto stradale) su cui non pare la proponente possa essere in grado di incidere». Atac promette pure una trasformazione digitale dell'azienda e un incremento di ricavi per le sanzioni. Interventi definiti «indeterminati» e «abbozzati». La procura, nel parere, inoltre, «ha messo in dubbio la correttezza dell'analisi sulle cause della crisi» e ha sottolineato «la genericità degli strumenti previsti».
LE PERIZIE
Arrivano poi le perizie, costate milioni e tutte da rivedere. A partire da quella sugli immobili. Il piano prevede la vendita di terreni e fabbricati per 91 milioni e 995mila euro, «a fronte di un valore contabile di 194 milioni e 495mila euro». Per i giudici, «tale perizia è inidonea a fornire il reale valore dei beni». Il perito ha effettuato «un sopralluogo solo esterno», escludendo l'esame dell'impatto ambientale ed eventuali interventi di riqualificazione. Carenti anche le stime di valore di bus e treni.
Le critiche più dure sono per l'ultimo pilastro, che riguarda lo «scenario comparativo». Atac sostiene che, in caso di liquidazione e fallimento, il valore dei beni strumentali al servizio Tpl - la quota più rilevante dell'attivo aziendale - subirebbe «una drastica riduzione, al di fuori dell'attuale collocazione». Per i giudici, si tratta di un'ipotesi non concreta: il servizio pubblico «non potrà che proseguire fino al subentro di un altro soggetto aggiudicatario, che dovrà acquisire il patrimonio». La «continuità liquidatoria», quindi, è uno scenario concreto.
Il tribunale parla anche del debito con le banche. O meglio, dei soldi anticipati da Atac: la società ha già rimborsato al ceto bancario 55 milioni, circostanza che non convince i pm. Il denaro potrebbe essere chiesto indietro. «La possibile revocabilità di tali pagamenti deve rientrare nell'alveo del possibile ulteriore attivo concordatario».
Il Comune prepara il piano B: meno penali e debito rinviato
Nel quartier generale dell'Atac il decreto del Tribunale fallimentare è stato accolto con una certa cautela. I dubbi dei giudici non sono pochi, ma la formula scelta dai magistrati - quando si accenna ai «profili di possibile inammissibilità» e si chiedono «eventuali integrazioni al piano» - lascia margini per condurre in porto l'operazione concordato. Tutti, a via Prenestina come a Palazzo Senatorio, sanno che nei prossimi mesi toccherà lavorare a ritmi serrati per ottenere il via libera finale e che non si possono fare errori. Serviranno aggiustamenti in corsa, insomma, ma il quadro d'insieme ora è chiaro: la «verifica dei dati aziendali», hanno scritto i giudici, è «esaustiva» e «corretta». Certo, servono dei correttivi, anche pesanti.
LE RATE
Il primo bug nella strategia riguarda il pagamento del maxi-debito verso il Comune di Roma, quasi mezzo miliardo di euro. La legge fallimentare impone che il proprietario della società sotto concordato sia rimborsato per ultimo. Atac, nella prima versione del piano di rientro, ha ipotizzato di pagare il Campidoglio a partire dal 2027, attraverso rate spalmate su vent'anni. Probabilmente, invece, toccherà rinviare ancora l'avvio del rimborso verso Roma Capitale. Prima la partecipata dovrà finire di liquidare gli altri creditori, attraverso i cosiddetti bond di tipo B, vale a dire gli «strumenti partecipativi» legati all'aumento degli incassi, che scatterebbero proprio dal 2027. In ogni caso, queste obbligazioni dovranno essere valutate da un soggetto esterno, perché il Tribunale ha chiesto di sapere qual'è «l'effettiva realizzabilità del risultato promesso».
SANZIONI DA RITOCCARE
Nel frattempo, per rimpinguare le malandate casse di via Prenestina, l'Atac spera in una riduzione delle penali previste dal contratto di servizio col Campidoglio. Penali che scattano se l'azienda dei trasporti non assicura le corse pattuite con il Comune. Le sanzioni, d'accordo con la giunta M5S, dovrebbero essere ritoccate al ribasso, considerando che, come hanno annotato i giudici, è difficile ipotizzare, nei prossimi due anni, un miglioramento del servizio davvero significativo.
Altra spina, gli immobili. Atac nel piano appena vagliato dal Tribunale ha scritto di non prevedere cessioni nel primo anno di concordato. I magistrati invece hanno scritto che «l'anticipazione delle attività di dismissione si impone» per pagare i creditori in attesa. Sulla vendita degli immobili in disuso dovrebbe esserci quindi un'accelerazione. Anche perché Atac ha bisogno di fare cassa e dovrà precisare come intende finanziare il rinnovo del parco mezzi, uno dei pilastri del piano industriale. In teoria, l'azienda dovrebbe sborsare 89 milioni di euro ma per il Tribunale «non è chiaro» come la società comunale pensi di pagare l'acquisto dei nuovi autobus.
LE ANALISI
Da qui a fine maggio poi andranno chieste nuove perizie su tanti capitoli, non solo per gli immobili. I magistrati hanno giudicato insufficienti le stime sul valore dei bus, del magazzino, dei treni. Studi che ora, con più tempo a disposizione, andranno ricalibrati e approfonditi. Per evitare il crac.