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Pescara, 24/07/2024
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Data: 24/03/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Piano Atac da rifare, strigliata di Raggi. Gelo del Campidoglio sui super-consulenti costati oltre 12 milioni. Debiti, banche pagate in anticipo L'ipotesi restituzione delle somme

«Su Atac serve un cambio di passo radicale, le parole dei giudici non preannunciano nulla di buono. E contengono una forte critica nei confronti dei consulenti arruolati per il concordato, che non ci sono costati poco, anzi...». Lo sfogo è di un esponente di primo piano dell'amministrazione Raggi e arrivano a poche ore dal decreto del Tribunale fallimentare che ha messo in rilievo «profili di inammissibilità» nel piano presentato dalla partecipata del Campidoglio, gravata da un debito di 1,3 miliardi. Nel quartier generale di via Prenestina, tra una riunione e l'altra per studiare le prossime mosse, ripetono «calma e gesso», c'è la convinzione che i margini per arrivare a un verdetto finale positivo ci siano ancora, nonostante la sequenza di lacune messe in evidenza dai magistrati. Ieri l'azienda ha diramato un comunicato per dire che il Tribunale «non si è pronunciato sull'ammissibilità della proposta concordataria», ma ha dato tempo all'azienda «fino al 30 maggio per apportare le integrazioni richieste e produrre documenti integrativi».
A Palazzo Senatorio il clima è diverso. La preoccupazione trapela da chi ha seguito in questi mesi la pratica Atac. Nel mirino finiscono i super-consulenti esterni ingaggiati per l'operazione concordato, incarichi costati oltre 12 milioni euro. Carte alla mano, i magistrati fallimentari hanno considerato «del tutto indeterminati» e «non supportati da alcun elemento concreto» alcuni pilastri del piano industriale come l'aumento dei ricavi pubblicitari e la digitalizzazione, hanno giudicato «del tutto insufficiente» e «non attendibile» la perizia sul valore degli immobili, senza «riscontro» la stima sul valore degli autobus e del magazzino, «non comprensibile logicamente» quella sul valore dei treni, «insufficiente» la stima generale dei beni non strumentali. Anche l'idea di pagare con i bond (in gergo tecnico si chiamano strumenti partecipativi) i creditori, nello stesso periodo in cui avrebbe dovuto essere rimborsato il Campidoglio, proprietario di Atac, per i giudici è un'«operazione che appare non conforme a legge», perché «strumento elusivo delle norme in tema di trattamento dei crediti postergati».
Una sfilza di annotazioni, raccolte in 20 pagine di decreto, accolte con preoccupazione nel M5S e tra i consiglieri della sindaca Virginia Raggi. Nonostante questo, gli esperti esterni non verranno allontanati - toccherebbe aumentare ulteriormente i fondi per le consulenze - anche se non è escluso che nelle prossime settimane possano arrivare alcuni innesti.
VERTICE A PALAZZO SENATORIO
Di sicuro in Comune sono convinti che sia fondamentale accelerare il più possibile sulle «integrazioni» chieste dai giudici, anche per questo tra lunedì e martedì i manager dovrebbero essere convocati in Campidoglio.
In questa fase delicata, Raggi non vuole scossoni in azienda. E conferma piena fiducia al presidente e ad Paolo Simioni. Le opposizioni però attaccano lancia in resta e chiedono una seduta straordinaria dell'Assemblea capitolina. Ilaria Piccolo (Pd), vicepresidente della Commissione Trasporti, chiede che «Simioni venga ascoltato al più presto». Per Davide Bordoni, capogruppo di Forza Italia, sarebbe stata dimostrata «l'incapacità della giunta grillina», mentre Fabrizio Ghera di Fdi sostiene che ora «l'azienda è a rischio fallimento». In allarme anche i sindacati, compresa la sigla filo-grillina CambiaMenti, capeggiata dall'autista Micaela Quintavalle, che ieri commentava così: «Il concordato è stato utilizzato con modalità completamente errata».

Debiti, banche pagate in anticipo L'ipotesi restituzione delle somme

Crediti svalutati per centinaia di milioni di euro e, soprattutto, un pool di banche pagato in anticipo che, ora, potrebbe dover restituire i 55 milioni di euro incassati nel 2017 dalla municipalizzata dei trasporti. Non è tutto. Perché la transazione, con cui Atac ha estinto una parte del maxi debito con gli istituti di credito, è finita anche al vaglio della procura: è confluita nel fascicolo della pm Alessia Miele, che indaga sui rapporti tra Bnl e l'azienda comunale e sulle presunte pressioni che Giuseppe Pignataro, dirigente dell'istituto di credito, avrebbe esercitato per evitare che la municipalizzata proponesse un concordato preventivo e mettesse le banche in fondo alla lista dei creditori. Nel decreto notificato ad Atac dai giudici del tribunale Fallimentare si legge che «nelle more della sottoscrizione di un nuovo accordo, alla data del 31 agosto 2017 Atac ha rimborsato al ceto bancario l'importo di 55 milioni in linea capitale». E «non pare che la restituzione sia stata effettuata a fronte di nuove linee di credito». I giudici sottolineano che il pagamento potrebbe essere revocabile: «Ritiene il Collegio che tale atto debba essere compiutamente valutato dall'attestatore nella comparazione tra gli scenari liquidatorio e di continuità, atteso che la possibile revocabilità di tali pagamenti - essendo i destinatari certamente solvibili - deve rientrare nell'alveo del possibile, ulteriore attivo concordatario, ciò prescindendo da qualsiasi riflessione circa la possibile illiceità degli atti stessi». Anche la procura, nel parere inviato al Tribunale, ha sottolineato «la possibile recuperabilità della somma». Ora, i pm dovranno stabilire se le banche siano state trattate come creditori privilegiati, pur non avendone titolo.
LA CRISI
La procura ha anche messo in dubbio «la correttezza dell'analisi sulle cause della crisi». Viene sottolineata «la mancata chiarezza in ordine alla svalutazione dei crediti verso la controllante». Nel piano si legge che Atac avrebbe perso 121 milioni in crediti svalutati che erano vantati nei confronti del Campidoglio. È «poco motivata» anche «l'assunzione della estraneità delle perdite registrate rispetto alla gestione caratteristica dell'impresa». Il riferimento è alla responsabilità degli ex manager, accusati dagli attuali vertici di avere contribuito, tra mala gestio e ruberie, a trascinare nel baratro la municipalizzata. Nel piano, il dato non viene inserito tra le cause del default - erroneamente - ma viene riassunto in un allegato, finito nel fascicolo della pm Miele, che raccoglie tutte le condotte penalmente rilevanti che verranno analizzate dopo il giudizio del tribunale Fallimentare. Se il piano di concordato non dovesse passare, partirebbe l'inchiesta per bancarotta, sulla base delle anomalie segnalate dal Collegio e contenute nel parere della procura sul concordato proposto da Atac.
LE PERIZIE
I revisori dovranno chiarire anche altri aspetti. Per esempio, «relativamente alla Tari - di rilevantissimo impatto - si afferma nel piano il raggiungimento di un accordo per la rideterminazione delle somme dovute, nonché l'annullamento di altre posizioni debitorie. Tali affermazioni non sono documentate», si legge nell'atto.
La bacchettata più sonora riguarda le perizie: tutte da rivedere. Una delle speranze di Atac, poi, è quella di incrementare la qualità del servizio, in modo da ridurre del 50 per cento le penali da pagare al Comune in caso di mancato raggiungimento di determinati standard. Per i giudici, però, il miglioramento in questione dipende da fattori imprevedibili, come i tempi di percorrenza.

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