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Pescara, 24/11/2024
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30/03/2018
Prima da Noi
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D’Alfonso resiste, ecco perchè il presidente non molla la poltrona. Dissidi interni nel Pd spaccato, frantumato e senza midollo. Da due poltrone a ‘disoccupato’? |
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ABRUZZO. Partito Democratico che chiede a D’Alfonso di resistere? Partito Democratico che si ricompatta? Non proprio: il dissenso c’è così come le richieste di dimissioni (firmate dal trio Fina-Ginoble-Ciafardini). Ma resta salda anche la volontà di mostrare che la squadra è compatta, mettendo la sordina a chi contesta e facendo uscire notizie di comodo.
La verità è che ci sono grossi problemi interni, troppe voci e nessuna guida autorevole e di polso. La storia di sempre che ha permesso che il Pd abruzzese si trasformasse di fatto nel partito di D’Alfonso & Co. soprattutto per mancanza di figure da contrapporre al panzer che tira dritto, trascinandosi dietro assemblee e segretari.
I problemi c’erano persino all’indomani della candidatura di D’Alfonso, blindata per volontà divina (leggi Renzi-Lotti), senza alcuna discussione democratica locale, figurarsi dopo la sconfitta cocente per il Pd.
D'Alfonso resta presidente, anche da senatore, ormai lo ha detto e ridetto più volte.
Secondo la sua personale interpretazione del diritto (a proposito si attendono notizie sulla seconda laurea in giurisprudenza) non ci sono ostacoli a tenere i lombi contemporaneamente su due poltrone per 100 giorni, in attesa della «conclusione dell’attività di convalida» perchè la proclamazione (che già c’è stata) non basta a metterlo fuori gioco.
Quando ormai ne mancano ancora una novantina, di giorni, anche la stampa nazionale si sta appassionando a questo caso e descrive D’Alfonso come quello «incollato alla poltrona».
Su Repubblica, invece, (l’assessore) Vittorio Sgarbi lo prende ad esempio e dice: «avrei potuto fare come D’Alfonso e rimanere in carica alcune settimane, invece mi dimetto», a seguito delle incomprensioni con il governatore della Sicilia Musumeci.
Ma nemmeno questo interesse extra abruzzese smuove il governatore. Dietro alla volontà di mantenere il titolo di presidente (ma gli è stato subito sospeso lo stipendio ) si agitano ovviamente le tattiche politiche e le vere ragioni che sono sempre troppe, specie quando in ballo c’è una figura impegnata su più tavoli.
IL NOME DA NON SBAGLIARE
Perché dopo la debacle del 4 marzo il Partito Democratico è alla folle ricerca di un valido candidato da presentare alle prossime regionali.
No Giovanni Legnini, ha già detto D’Alfonso, facendo fuori il rappresentante del Pd che al momento si trova ‘più in alto’. Lui ha deciso.
Dunque la ricerca continua, senza sosta, forsennata.
C’è bisogno di qualcuno capace di ricompattare tutta la sinistra e riportare a casa anche le voci dissonanti come quelle di Donato Di Matteo (sempre più lanciato verso una lista civica) o Andrea Gerosolimo. Per il momento i due hanno tentato solo di alzare la posta con dimissioni farlocche ma mai ufficializzate. A D’Alfonso il merito di non avergli creduto nemmeno per un minuto, del resto la loro frequentazione è pluriventennale.
A far paura è anche quello che c'è fuori dal Partito Democratico, ovvero la forza travolgente delle urne del MoVimento 5 Stelle: insomma, il Pd sa che non può sbagliare nome.
Dunque più tempo D'Alfonso resta in carica, più le elezioni si allontanano e la ricerca può essere ragionata.
NON FA BENE ALL’IMMAGINE
Una resistenza che, però, non fa bene all'immagine del presidente, subissato di critiche.
Lui affezionato alla sua immagine di lavoratore instancabile rischia di essere ricordato (pure) per questo giochino, passando così da quello che poteva vantare il titolo di «più giovane presidente di Provincia» ad irriducibile del doppio incarico.
E perché D'Alfonso si sta facendo così male?
Le ragioni potrebbero essere tante e variegate ma in alcuni casi è chiaro che il presidente si stia facendo tutt'altro che male. L’obiettivo è sempre e solo uno: mantenere il potere. Però il grafico segna da un pò una flessione costante...
Prima ipotesi: D'Alfonso ama il Partito Democratico, quel partito che nei mesi scorsi -così come da lui stesso raccontato -ha premuto insistentemente affinché si ricandidaasse al Senato.
Adesso, quasi come a sdebitarsi, si sacrifica ballando lo stucchevole valzer del ‘non mi dimetto, resto’ per lasciare ai suoi il tempo di cacciare dal cilindro il nome giusto.
E’ plausibile?
E’ plausibile nel momento in cui vengono fatte circolare voci, alcune finite anche sui giornali, di un PD ricompattato che avrebbe richiesto a Luciano «di resistere» per il bene del partito. Diventa meno plausibile quando si scopre che il Pd era e resta spaccato, come ha ammesso anche Francesca Ciafardini che su Facebook ha smentito le ricostruzioni giornalistiche di un amore rinato.
Va bene la propaganda ma quella “de noantri” ai tempi dei social dura poco e vale ancor meno.
DA DUE POLTRONE A ‘DISOCCUPATO’?
Non bisogna sottovalutare in queste ore nemmeno l’amore di D'Alfonso per se stesso e la sua carriera politica nè tantomeno le sue doti da bravo calcolatore.
E lui adesso sa che questi 100 giorni potrebbero salvargli la vita (politica).
Perché se alla fine Di Maio e Salvini non dovessero riuscire a mettere in piedi un governo (ipotesi che si fa sempre più forte in queste ore con il richiamo a nuove elezioni) senatori e deputati se ne andrebbero a casa ancor prima di iniziare a lavorare e D'Alfonso perderebbe la poltrona appena conquistata.
Gli resterebbe comunque quella di Governatore, per un altro anno intero.
Un anno preziosissimo per recuperare terreno.
Anche perchè in caso di nuove elezioni politiche ravvicinate non è neanche così certo che il PD gli chiederebbe nuovamente di ricandidarsi.
Nonostante le carezze in aula degli ultimi giorni di Matteo Renzi, resta infatti ancora tutto da decifrare il messaggio del sottosegretario Lotti dopo il voto quando scrisse su Facebook: «avremo modo di parlare di come è andata in alcune regioni governate dal Pd, in cui il risultato è stato inferiore alla media nazionale con i governatori che hanno fatto tante interviste ma hanno perso tutti i seggi della loro regione».
Parlava anche di D’Alfonso?
Di certo D’Alfonso sarà ricordato come quello che ha vinto (il seggio senatoriale) essendo riuscito a totalizzare una sonora sconfitta che così non si era mai vista; con questi fatti e con il giglio magico che si appassisce sarà difficile trovare chi blinda il nostro presidente veloce.
Ma D’Alfonso è inarrestabile e inesauribile per cui saprà come risalire la china.
Ma ci vuole tempo ed il tempo cambia la politica, il paese e soprattutto gli elettori.
L’ipotesi peggiore per il nostro sarebbe un governo brevissimo ma superiore ai 100 giorni: a quel punto sarebbe fuori da tutto.
Senza poltrone, padrini politici, rete di protezione e con qualche sponsor sempre più restio a puntare su di lui.
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