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Data: 31/03/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Vitalizi, alla Camera blitz dopo Pasqua M5S vuole isolare FI. Nel mirino 2.600 assegni tagli spot per 70 milioni

ROMA Ora si può. Come ha detto Luigi Di Maio: «I vitalizi non hanno scampo!». Il nuovo Ufficio di presidenza di Montecitorio non è ancora operativo, e quindi deliberante, ma i Cinquestelle hanno le idee chiarissime sui primi provvedimenti da siglare: l'abolizione dei vitalizi.
Ora ci sono i numeri e le condizioni politiche per approvarla senza passare dall'Aula. Vediamo il pallottoliere: l'elezione di Fraccaro con i voti leghisti fa ben sperare, FdI è pure sensibile al tema poiché Giorgia Meloni ha condotto una lotta senza quartiere alle pensioni d'oro, il Pd si è fatto promotore di una sua legge, salvo poi affossarla in Senato. Manca Forza Italia che da sola potrebbe costituire, ma senza successo, un ostacolo al provvedimento. Il partito di Silvio Berlusconi, oltre quindi al suo leader, rappresenta secondo il M5S «un argine al cambiamento». Tradotto: la delibera sui vitalizi ha un doppio obiettivo, quello di lanciare ovviamente un segnale di sobrietà operativa da parte di Di Maio (ieri è sfrecciato su un'utilitaria grigia) e quello di isolare i forzisti. Il vicepresidente azzurro della scorsa legislatura, Simone Baldelli, si dichiarò totalmente contrario alla proposta pentastellata. In Aula disse provocatorio: «Se qualcuno considera il vitalizio un furto legalizzato io dico di codificarlo come reato». Ora, dopo il 4 marzo chi dirà che abolire i vitalizi è demagogia? E infatti vanno lette in questa direzione le prudenti parole del forzista filoleghista Giovanni Toti ieri: «Se si facesse una riduzione dei vitalizi, come quella passata nella scorsa legislatura alla Camera, io non la vedrei di mal occhio, sarebbe un provvedimento che riavvicina politica e opinione pubblica». E pure Mara Carfagna, neovicepresidente della Camera, ha annunciato che devolverà la sua indennità «per sostenere le battaglie per le donne, per i minori, per la famiglia, per i disabili».
Martedì verrà eletto l'ultimo componente, un segretario, in quota Gruppo misto. Poi, per i vitalizi ci saranno davvero le ore contate. A seguire Fraccaro presenterà la delibera In questo momento di stallo il Movimento vuole dimostrare che non si starà con le mani in mano e che inizierà a governare il cambiamento di cui si è fatto portavoce.
Il la lo ha dato proprio Roberto Fico che si è tagliato l'indennità di funzione e sta già compilando un dossier su trasparenza, risparmi e Giunta per il regolamento.
E anche se un governo non c'è, in qualcosa il M5S vuole dimostrare di potersi cimentare. Alla Camera vige l'autodichia, ovvero l'autogoverno. Significa che all'interno del perimetro amministrativo di Montecitorio è il presidente Fico a decidere come disciplinare vita, attività e spese del palazzo.
Breve storia dei vitalizi: la battaglia del M5S inizia nel 2014 con un ordine del giorno al bilancio della Camera. Bocciato. Nel 2015 ci riprovano con un emendamento alle riforme costituzionali. Bocciato. Nello stesso anno viene riproposto un nuovo ordine del giorno. Viene dichiarato inammissibile. Nel 2016 ecco due ordini del giorno leggermente diversi ma vengono dichiarati inammissibili. Il 22 marzo 2017, presentano un'ultima delibera di adeguamento alla legge Fornero per evitare lo scatto delle pensioni a 60 anni con soli 10 anni di contributi. Non è stata né discussa né votata perché Boldrini disse che doveva andare in aula. Poi ci fu l'abbinamento della proposta di legge Lombardi (M5S) a quella di Richetti (Pd) e si è finiti col dare precedenza a quest'ultima approvata alla Camera e affossata in Senato.

Nel mirino 2.600 assegni tagli spot per 70 milioni

ROMA La parola d'ordine ufficiale è eliminazione. Ma in realtà in fatto di vitalizi le proposte concrete dei 5Stelle portano ad un taglio di una settantina di milioni (milioni, è bene ripeterlo, non miliardi) sui 220 stanziati per quest'anno. Le proposte sono due: ricalcolo con il sistema contributivo delle 2.600 rendite erogate prima della riforma del 2012 e passaggio all'Inps dei neoeletti (che il contributivo lo hanno già, appunto, dal 2012) con il risultato di alzare l'età pensionabile dei parlamentari attuali da 65 anni ai 67 anni previsti dal 2019 per tutti i lavoratori italiani.
A soffrire dei tagli sarebbero soprattutto alcuni ex parlamentari poco noti che, approfittando delle regole lasche in vigore fino agli anni Novanta, godono di trattamenti previdenziali faraonici. La letteratura è immensa ma vale rinfrescare la memoria con due casi limite. Come quello dell'avvocato campano Giuseppe Gambale che entrò giovanissimo alla Camera nel 1992 e ne uscì 14 anni dopo, nel 2006, quando aveva solo 42 anni, sull'onda di un dorato appannaggio di 5.000 euro netti. O come quello dell'ex radicale Angelo Pezzana, deputato per una settimana nel 1979 perché si dimise (in polemica tra l'altro con i privilegi parlamentari), che ha maturato un vitalizio di oltre 2.100 euro.
APPLAUSI
E fin qui per gli anti-casta sono applausi. Ma la materia dei vitalizi è complessa e scivolosa. E anche paradossale. Già perché pochi sanno che il ricalcolo dei trattamenti degli ex parlamentari con il contributivo rischia di trasformarsi in un premio per la casta della casta, ovvero per quegli onorevoli di lungo corso, specie della Prima Repubblica, che furono eletti dagli italiani per molte legislature. Un nome per tutti: Arnaldo Forlani, forse il più noto segretario della Dc. Classe 1925, Forlani è stato un deputato dal profilo simil-sovietico avendo occupato uno scranno di Montecitorio ininterrottamente dal 1958 al 1994: 36 anni. Forlani riceve mensilmente un vitalizio di circa 6.000 euro netti ma può contare su una montagna di contributi regolarmente versati, tali per cui il contributivo per lui potrebbe sfociare in un aumento del vitalizio. E il caso Forlani non è isolato. Lo sostiene chi di pensione ne capisce: l'Inps. L'istituto di Previdenza guidato dal professor Tito Boeri nel 2016 ha analizzato a fondo il sontuoso mondo dei vitalizi parlamentari, scoprendo che sarebbero ben 117 gli onorevoli con un gruzzolo contributivo molto consistente ai quali il contributivo converrebbe.
Sia come sia, i 5Stelle non vedono l'ora di attaccare il dossier vitalizi per cui hanno voluto a tutti i costi occupare il maggior numero possibile di poltrone dell'Ufficio di presidenza della Camera: ne hanno ben 7 su 15. Perché? La risposta è chiara: il Movimento punta ad asfaltare i vitalizi non con una legge, come aveva proposto il deputato Pd Matteo Richetti nella scorsa legislatura, ma con un grimaldello più semplice: un regolamento parlamentare approvato dalle presidenze delle due Camere.
La strada non è nuova: anche la riforma dei vitalizi del 2012 fu varata tramite regolamento. E' la strada più diretta perché, come è noto, le Camere sono una specie di Stato nello Stato, si regolano con leggi proprie e persino con propri tribunali perché organi costituzionali in regime di autodichìa ovvero autoregolamentate, appunto, a tutti gli effetti. Dunque fuori anche dall'occhiuta vigilanza della Corte Costituzionale che non vuole che siano danneggiati i cosiddetti diritti acquisiti.
Ma allora davvero i tagli ai vitalizi diventeranno realtà in pochi giorni? E, in caso di risposta positiva, che effetto avranno sui conti pubblici?
Iniziamo a rispondere dalla seconda domanda. Secondo tutti gli addetti ai lavori, quella dei vitalizi è una battaglia simbolica, una bandiera anti-casta, ma sul bilancio dello Stato pesa meno di un caffé. Secondo il rapporto Inps, nel 2016 i vitalizi parlamentari erano 2.600 (ai quali vanno aggiunti alcune centinaia di reversibilità per vedove e vedovi che sono già state tagliate) e il risparmio possibile con il ricalcolo contributivo equivaleva a una settantina di milioni. Irrilevanti sui 260 miliardi che l'Italia destina all'esercito di 16 milioni di pensionati.
Resta sul tavolo un'obiezione da non sottovalutare: è costituzionale cambiare i conteggi delle pensioni di cittadini (anche gli ex-politici sono cittadini) a riposo da anni e in alcuni casi da decenni? In teoria la riforma dei vitalizi via regolamento metterebbe al riparo le Camere da interventi della Corte Costituzionale che può filtrare solo le leggi. Ma il ricalcolo della previdenza per una sola categoria è un unicum giuridico di portata enorme. In Italia una cosa del genere non si è mai vista. Anche perché per molti resta difficile capire la correttezza del ricalcolo dei vitalizi dei politici senza intervenire su altri privilegi e storture, a partire dal regime previdenziale dei dipendenti delle Camere che versano 120 milioni di contributi ma ne prendono ben 423 milioni con un pazzesco rapporto di 1 euro pagato per ogni 3,5 presi. Dunque c'è da scommettere che in qualche modo la Consulta sarà coinvolta a difesa di un'altra bandiera forte come quella dei diritti acquisiti.
Un altro ostacolo da superare per i pentastellati sarà poi quello del consenso parlamentare all'operazione. I 5Stelle contano sull'appoggio della Lega, ma gli ex parlamentari leghisti con vitalizio sono oltre 200. Difficile credere che resteranno con le mani in mano.

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