La battaglia per scongiurare il salasso sulle imprese derivante dalla restituzione delle tasse non versate dopo il sisma ha varcato i confini cittadini. Ieri sull'argomento è intervenuto il leader della Lega, Matteo Salvini, candidato insieme a Luigi Di Maio del Movimento Cinque Stelle a futuro premier. Lo ha fatto con un post al vetriolo sulla sua pagina Facebook, a commento di un articolo pubblicato da un quotidiano nazionale: « Mai più servi di questa Unione Europea! Prima gli italiani». Un attacco duro, frontale, inequivocabile, che apre scenari piuttosto definiti nel caso in cui fosse Salvini a guidare il futuro governo nazionale. Il caso, d'altronde, desta un certo scalpore per la sua complessità anche oltre le mura civiche. Sono circa 350 le lettere partite qualche giorno che intimano a imprese e professionisti di presentare la documentazione sugli aiuti ricevuti dopo il sisma, sulla correlazione con i danni effettivamente subiti, persino un'autocertificazione che sembra una ammissione di debolezza da parte di uno Stato che in maniera cieca e sorda vuole persino evitarsi il controllo incrociato dei dati. Lettere che fissano il termine di trenta giorni per presentare gli incartamenti prima che arrivino le cartelle esattoriali. Una spada di Damocle da cento milioni, forse più, che costringerebbe molte aziende alla chiusura. Lo Stato pare non tenerne conto visto che, in soldoni, l'unica procedura del genere aperta è quella che riguarda il terremoto 2009. Tutto nasce dai difetti di notifica all'Ue delle agevolazioni. E così l'Europa ha aperto una procedura d'infrazione per possibili aiuti di Stato. Per anni la questione ha vivacchiato tra velate minacce e poco più, ma ora la mannaia rischia di abbattersi in tempi piuttosto celeri. Il commissario nominato per il procedimento di recupero, Margherita Maria Calabrò, direttore regionale dell'Agenzia delle Entrate, ha inviato la comunicazione anche a chi era molto al di sotto dei 200 mila euro di aiuti ricevuti, ovvero al limite del de minimis sancito dalle norme europee. Il che ha fatto sobbalzare un intero sistema economico. In attesa dell'udienza al Tar del 18 aprile, giorno in cui i giudici decideranno almeno sulla sospensiva, il fronte del no alla restituzione (in toto e con gli interessi) pare compattarsi, anche con le necessarie sponde politiche. Quella di Salvini è la più clamorosa, ma simili prese di posizione sono arrivate anche dai parlamentari neoeletti e dai rappresentanti delle categorie. Per domani il vice presidente della giunta regionale Giovanni Lolli ha fissato un vertice che ha come oggetto la definizione di «possibili urgenti azioni di mobilitazione istituzionale».