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Pescara, 24/11/2024
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Data: 04/04/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Mossa Di Maio: FI fuori contratto con Lega e Pd Ma Salvini: niente veti. Il Nazareno bis fa paura ai 5Stelle La scommessa: una scissione forzista

ROMA Un governo a guida M5S, anzi presieduto da Luigi Di Maio, con Partito democratico o Lega. Nessun patto con Forza Italia né con Renzi. E' la posizione delineata ieri dallo stesso Di Maio, in vista delle consultazioni al Quirinale, in una intervista a Di Martedì de La7. L'esponente pentastellato risponde così alla richiesta di concretezza fatta trapelare dal Capo dello Stato e parla di un vero e proprio contratto per il governo da sottoscrivere con Salvini o con i democratici. Con un veto dunque a qualunque alleanza con Forza Italia verso la quale viene sventolata anche la carta di una legge sul conflitto d'interesse. In realtà anche il segnale verso il Pd va interpretato. «E' il nostro primo interlocutore - ha detto Di Maio - In particolare per coloro che hanno lavorato bene come Martima, Minniti e Franceschini». Chiaro il tentativo di spaccare i Dem. Più tardi fonti dei 5Stelle hanno precisato che Pd e Lega sono alla pari sul piano del'interlocuzione politica, una correzione di rotta interpretata come maggiore attenzione verso Salvini.
Comunque l'intesa con Pd o Lega sarà la posizione dei pentastellati durante le consultazioni col Capo dello Stato, Sergio Mattarella. Il modello di «contratto» a cui ha poi fatto riferimento il leader M5S in serata durante l'assemblea con i parlamentari del gruppo («Non deluderò le vostre aspettative») è quello della Grosse Koalition tedesca fra la Cdu della cancelliera Merkel e la Spd in cui vengono elencati uno per uno i punti di programma da portare avanti dall'esecutivo incaricato. È un programma di governo «perimetrato», in cui è esclusa qualsiasi iniziativa non concordata nel «contratto».
ALTOLÀ
Un approccio molto M5S-centrico quello di Di Maio che, almeno in questa fase delle trattative, potrebbe complicare la soluzione del rebus del governo italiano dopo le elezioni del 4 marzo. A meno che nel centrodestra non si consumi una spaccatura tra la Lega di Matteo Salvini e Silvio Berlusconi.
Di certo, almeno per ora, non sembrano esserci spiragli da parte dei democratici. Il capogruppo a Palazzo Madama, Andrea Marcucci, ha infatti prontamente fatto sapere che il Pd dirà al capo dello Stato di non essere disponibile ad alcun governo che abbia Di Maio o Salvini come premier. Pertanto, la proposta del leader 5 stelle è bocciata come «irricevibile». «Il fatto che Di Maio metta Lega e Pd sullo stesso piano e voglia dettar linea e organigrammi agli altri partiti è un pò ridicolo e dimostra, nell'ordine, ricerca spregiudicata del potere costi quel che costi, disprezzo per i programmi e per i valori, un preoccupante delirio di arroganza», ha replicato il renziano Dario Parrini.
Ma anche il leader della Lega, Matteo Salvini, tramite Facebook, fa sapere che «a differenza dei 5 stelle, la Lega esclude qualsiasi alleanza di governo col Pd bocciato dagli italiani» e sottolinea che «la coalizione che ha preso più voti è quella di centrodestra e da questa si riparte, dialogando senza veti o imposizioni» L'alternativa? Il ritorno alle urne.
Gli esponenti di Forza Italia non sono da meno. «Berlusconi - chiarisce la capogruppo di Forza Italia, Maria Stella Gelmini - non ha bisogno di legittimazioni da lui essendo stato in questi anni votato da milioni e milioni di cittadini. Non vedo inoltre quale sia l'interesse di Salvini di fare il socio di minoranza a un governo dei Cinque Stelle».
Oggi intanto partono le consultazioni. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella riceverà nello studio «alla Vetrata» del Quirinale i presidenti delle Camere, l'ex capo dello Stato Giorgio Napolitano, i rappresentanti di Svp, del gruppo Misto di Camera e Senato e Fratelli d'Italia. Domani sarà la volta di Pd, Fi, Lega, M5s.
L'esito finale è ancora un'incognita: un secondo giro di consultazioni potrebbe essere convocato per la prossima settimana ma c'è già chi ne mette in conto un terzo. C'è poi anche chi ipotizza che la situazione possa sbloccarsi solo dopo le regionali in Molise e Friuli Venezia Giulia (22 e 29 aprile).

Il Nazareno bis fa paura ai 5Stelle La scommessa: una scissione forzista

ROMA Di Maio lo dice in tv perché in troppi, dentro, gli hanno chiesto di essere chiaro e di ribadire in pubblico che non ci sarà un Nazareno bis (e questo lo ha effettivamente detto) e neppure un «Nazareno ter».
Perché chi teme l'abbraccio mortale con Forza Italia vorrebbe avere maggiori rassicurazioni. Proprio quelle che sono arrivate puntualmente ieri. Ci sono eletti, i vecchi ortodossi in primis, elettori, garanti che temono quel Nazareno ter.
GOVERNISSIMO
L'obiettivo di Di Maio è arrivare a un governissimo votato da M5S e pezzi sparsi di tutti. E con tutti si intende, secondo le ultime oscillazioni, Lega, e responsabili di Pd e Forza Italia. Progetto arditissimo, vero ma i pontieri sono già al lavoro per ricevere e ricomporre i cocci rotti e le schegge impazzite della coalizione di centrodestra e del Pd, che Di Maio cerca di frantumare a colpi di punti di programma elettorale.
Perché l'abbraccio con Forza Italia fa paura? Beppe Grillo durante il suo ultimo spettacolo al Flaiano di Roma ne ha dette di tutti i colori contro il Cav. C'è da dire che lo stesso trattamento lo ha subito Matteo Renzi, ma se si fossero accese le antenne dell'osservatorio sulla par condicio sul palcoscenico il minutaggio dedicato a Berlusconi era di gran lunga più denso. Grillo, bisogna ricordare, è anche quello che sulla sabbia ha disegnato la maggioranza M5S più Pd e ci è saltato sopra felice. E Di Maio lo sa. Perciò ritira fuori dal cassetto il vessillo antiberlusconiano di cui si è nutrito da quando era adolescente e apre ufficialmente al Pd: ieri per la prima volta lo ha nominato, e guardato negli occhi (seppur attraverso il piccolo schermo) senza apparentemente porre veti su Renzi, riconoscendo ai dem (novità per il leader pentastellato) persino l'onore delle armi, che poi la possibile convergenza si è palesata quando il M5S ha adottato il reddito di inclusione per gettare le basi del suo reddito di cittadinanza così ingombrante per l'austero Def e il girovita europeista che Di Maio ha imposto alla sua dieta da almeno un annetto.
PALETTI
In assemblea coi parlamentari Di Maio ha radicalizzato la posizione, dicendo che sarebbe disposto a interloquire con un Pd senza Renzi. I paletti, anche quelli contro Berlusconi, hanno funzionato, arringava ieri in assemblea Di Maio. Ma dentro c'è tensione perché non è chiaro alla maggior parte dei parlamentari cosa uscirà dall'incontro con la Lega, visto che accadrà dopo le prime consultazioni al Colle e quindi potrebbe essere propedeutico alla conclusione di un accordo politico.
«Noi con tutto il centrodestra non ce la facciamo, saltiamo per aria», confessa un esponente di primo piano. Il Nazareno ter è temuto da quando hanno iniziato a circolare i rumors che il Cav pare osservi ammirato il giovane Di Maio che, da parte sua, vuole realizzare le promesse del Cav senza Cav. Ecco quindi l'idea del contratto con gli italiani (copyright di Berlusconi) in cui compaiono i punti del programma da realizzare tassativamente. Già ma con chi? «Aspettiamo, è presto ancora», ribadisce un fedelissimo di Di Maio. Eppure una exit strategy c'è: ed è una logica applicata con successo: «Paolo Romani no, ma Anna Maria Bernini o un profilo simile, sì». Traduzione: il Cav no, tutto ciò che gli gira attorno vediamo. E questo va dall'auspicio di una scissione, alla formazione di un gruppo autonomo di penta-tentati, a traghettamenti verso la Lega. Per capirci qualcosa bisognerà pure aspettare l'appuntamento di Ivrea che già l'anno scorso ha regalato momenti cari all'anima forzista, ma anche socialista e radicale, come quell'applauso in piedi di fronte alla proposta dello stop ai magistrati in politica.

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