ROMA Sbanda subito il carroccio-carretto. Ossia il leghismo arrivato in Sicilia con le ultime elezioni e trionfalmente piazzatosi al di là dello Stretto con buona pace del fu nordismo, con il 6 per cento dei voti e con tre parlamentari targati Salvini. Uno di questi, un super-big cattolicissimo che crede in Matteo quanto in San Matteo, e s'avvia sempre dalla Sicilia a Medjugorje, è il neo-deputato Alessandro Pagano. «Il leghismo in Sicilia è un nuovo umanesimo - disse prima delle elezioni Pagano il cui cognome tradisce la sua fede - che va oltre la protesta di pancia». Ma non supera, evidentemente, il bisogno viscerale di consensi. Visto che l'onorevole Pagano, insieme all'altro coordinatore del partito siculo-lumbard, Angelo Attaguile, non entrato alla Camera per un soffio, è appena stato inquisito per voto di scambio. «Se mi fai onorevole ti do un posto di lavoro»: questa l'offerta, alle ultime regionali dello scorso novembre, secondo i pm.
RICICLATI
Due salvinisti doc nei guai, ma altri due ancora più inguaiati di loro in questa terra che ha scoperto il leghismo e che ha visto da tre anni una transumanza senza sosta dalle file dell'ex Dc, dell'ex Msi, della destra sociale e del cuffarismo e dell'autonomismo (versione non sturziana ma targata Raffaele Lombardo) verso il nuovo verbo di Matteo. Il quale ormai è una star nell'isola e tanto ha aiutato l'attuale governatore Musumeci a vincere, ma non a governare, a Palermo e nel resto della Sicilia. Insomma, più inguaiati di Pagano (che organizzò il tour di Salvini per le regionali in treno e con tanto di sagra della ricotta in uno sperduto paesino nei paraggi di Caltanissetta in cui Salvini disse: «Qui mi sento a casa») e di Attaguile (convinto che: «Sarò ministro», essendo stato suo padre tre volte senatore Dc, poi sottosegretario alle Finanze nei governi Rumor e Colombo e infine ministro della Marina Mercantile), ci sono due fratelli del carroccio-carretto finiti addirittura in carcere sempre ieri nell'ambito della stessa inchiesta: si chiamano Caputo, l'uno è Mario (candidato trombato alle scorse regionali) e l'altro è Salvino (e chissà quanto gode a chiamarsi al singolare come il suo leader massimo). E a questi si aggiungono nello scandalo due procacciatori di voti: Benito Vercio e Stefano Vinci.
LA PARABOLA
Non comincia bene, ecco, la storia del siculo-leghismo. Che pure a Lampedusa ha preso il 15 per cento, a Taormina - dove il Pd di governo celebrò i suoi fasti con il G7 - perfino il 23. Il problema è che nessuno è politicamente vergine sul carroccio-carretto. Oltre all'avvocatessa Giulia Bongiorno, andata dritta al Senato, gli altri due eletti sono Pagano e Carmelo Carmeluzzo Lo Monte, che viene dal centrosinistra. E il tutto «non grazie alla Provvidenza - assicura Pagano - ma grazie alla forza di Matteo». Cioè San Matteo, insomma Salvini. Il cui sforzo di cambiare la politica forse poteva essere ricompensato meglio in Sicilia, invece di doverlo costringere - come ha fatto ieri, nel pieno delle consultazioni quirinalizie - a fare una lavata di capo a Pagano e Attaguile. C'è poi il caso di Tony. Chi? Antonino Rizzotto. Stravotato a Messina. Primo leghista nell'assemblea regionale siciliana. Ma anche primo espulso dall'Ars, appena s'è insediata nello scorso dicembre. Il motivo: Tony, ex Dc, ex Mpa, è finito indagato per «appropriazione indebita aggravata» ai danni dei dipendenti di un istituto di formazione per disagiati e disadattati sociali (Isfordd) di cui era presidente. La sua reazione è stata: «Nenti sacciu». Ma cavarsela così, per la vetero-neo-politica, è un po' troppo semplice.