PESCARA Alla Procura di Pescara, che gli contesta il falso ideologico e gli invia un avviso di conclusione delle indagini, risponderà con un dossier difensivo che può smontare l'accusa. Il governatore, Luciano D'Alfonso, quattro assessori, un capo di gabinetto e un ex segretario particolare, si ritrovano indagati in concorso tra di loro, con la possibilità di produrre atti o testimonianze a discarico, per una delibera di giunta regionale del 3 giugno del 2016, su fondi per 1,2 milioni a un parco di Lanciano. A firmare l'atto di conclusione delle indagini è il pubblico ministero Rosaria Vecchi. Gli indagati, oltre al governatore e neo senatore D'Alfonso, sono Claudio Ruffini, Fabrizio Bernardini, Dino Pepe, Marinella Sclocco, Silvio Paolucci e Donato Di Matteo.
PAROLE TESTUALI. In sintesi, la Procura contesta ai 7 il falso per aver fatto risultare presente D'Alfonso in quella seduta di giunta quando invece, secondo l'accusa, il governatore era assente come si deduce da due telefonate intercettate dagli investigatori tra Ruffini, un autista e lo stesso D'Alfonso. Tutto questo si traduce in un capo di imputazione che riportiamo testualmente: «Luciano D'Alfonso, in qualità di presidente della Regione Abruzzo, Fabrizio Bernardini, Capo di Gabinetto del Presidente della Regione, Dino Pepe, Marinella Sclocco, Silvio Paolucci e Donato Di Matteo, assessori della Regione Abruzzo, Claudio Ruffini, dipendente del Comune di Nereto distaccato alla Regione con funzione di segretario particolare di D'Alfonso, in concorso tra loro, previo accordo telefonico intercorso tra D'Alfonso e Ruffini, la cui azione era consapevolmente diretta al medesimo fine della falsa attestazione dei correi, con delibera di giunta della Regione Abruzzo numero 367 del 3 giugno 2016, avente a oggetto la riqualificazione la realizzazione del parco pubblico Villa delle Rose del Comune di Lanciano, attestavano, contrariamente al vero, la presenza alla seduta straordinaria di Giunta oltre che degli assessori Pepe, Sclocco, Paolucci, Di Matteo e del segretario Bernardini, altresì del presidente D'Alfonso, quest'ultimo viceversa assente».
LA CONTROMOSSA. Il dossier difensivo vuole dimostrare il contrario. Con documenti fotografici e non, recuperati anche attraverso Facebook, D'Alfonso ha ricostruito le tappe di quel suo 3 giugno di due anni fa cominciato alle 7, con la partenza per Roma dove erano previsti due incontri, con l'allora sottosegretario Claudio De Vincenti e con Matt Taylor, console generale degli Stati Uniti a Roma. Alle 17 era prevista la giunta a Pescara ma D'Alfonso, dopo essere ripartito da Roma e aver cambiato l'auto istituzionale con una privata, aveva fatto prima tappa a Collecorvino, per un incontro elettorale. NO REAL TIME. Questi spostamenti sono riportati su Facebook con tre ore di ritardo in quanto le foto non sono state postate in tempo reale. Quindi a fare testo è un solo atto, che pubblichiamo, corrispondente al rapporto di servizio dell'autista che, nel pomeriggio di quel giorno, fa risalire sul mezzo istituzionale D'Alfonso di rientro da Collecorvino e lo accompagna prima a Pescara per la giunta, come è scritto nell'atto che può smontare l'accusa, e quindi a Lanciano per presentare, con il sindaco Mario Pupillo, la delibera appena approvata. Quel 3 giugno era poi proseguito a Francavilla e terminato a Manoppello. Ma torniamo alla delibera.
RATA FIAT. A finire sott'inchiesta è in realtà un semplice atto di indirizzo che, nel 2016, alla vigilia delle elezioni amministrative di Lanciano, annunciava l'erogazione di fondi del Masterplan per riqualificare il parco pubblico lancianese. La vera delibera è stata però approvata un anno fa e oggi, proprio oggi, alle10.30, nella sala "Filomena Delli Castelli" della sede della Regione, in viale Bovio a Pescara, D'Alfonso firmerà le convenzioni sia per la realizzazione del Central Park intitolato al compianto vicesindaco lancianese, Pino Valente, sia per un intervento denominato "Centro polifunzionale didattico alla memoria delle vittime di Marcinelle", nella sua Lettomanoppello. Rata fiat, l'atto c'è. E non è una coincidenza se la delibera, su cui si basa l'inchiesta, dia i suoi frutti a poche ore dagli avvisi di conclusione delle indagini, quasi a voler dimostrare che non si trattava di una promessa elettorale a cui partecipare era un optional.