VERONA «Sono diventato papale. Avete visto? Bergoglio ha detto pace e diplomazia. Proprio come sulla Siria diciamo noi, anche se lui è molto più importante, e siamo stati ingiustamente presi per pazzi». Si potrebbe anche dire, allora, che il Papa è diventato leghista? Matteo Salvini sorride: «Non oserei mai».
Non c'è quasi più nessuno a Vinitaly, si spengono le luci della fiera veronese, parte l'ultimo bicchiere - miracolosamente il leader del Carroccio è ancora lucido - e spiega: «Mi fanno passare per un pacifista, ma così non è. Quando la guerra ci vuole, ci vuole. Non sono mica Franca Rame, io. O quello... come si chiamava? Ah, Turigliatto! Tutte quelle piazzate di sinistra non ci riguardano. E le bandiere arcobaleno in Senato e altre cose così. Noi siamo gente concreta, non ideologica. Crediamo nel motto: si vis pacem, para bellum. Ma ci devono essere ragioni vere per fare la guerra. E non serve prendere dei missili presunti intelligenti, spararli e poi accorgersi che diventano idioti perché aiutano i guerrieri islamisti e non le popolazioni innocenti».
SEGNALI CONCILIANTI
Si prepara al dibattito parlamentare di domani sulla Siria il leader leghista. «Ho voglia di dire due o tre cose. Senza alcuno spirito polemico. Io un estremista? Un anti-occidentale? Suvvia. Mi dispiace deludere, ma non andrà in scena la rottura plateale, in quel dibattito, del centrodestra. Vedo che anche Tajani, dice che ora la parola deve passare alla diplomazia. Noi lo abbiamo detto prima degli altri. Quanto a Putin, mi sbaglio o Berlusconi è suo amico da sempre e prima che noi lo conoscessimo?».
«NESSUN ISOLAMENTO»
Salvini non si sente isolato sul caso Siria. Non vede una escalation alle porte. E neanche, assicura, una possibile esplosione del centrodestra sulla politica estera. E per il resto? «Non bisogna drammatizzare, se tutti non si impuntano le cose si fanno. E possiamo fare il governo che non solo qui, ma anche fuori da Vinitaly, ce lo stanno chiedendo in tanti. Centrodestra più Movimento Cinquestelle. Se i numeri fossero stati altri, si faceva altro. Siccome sono questi, non si può fare altro che questo. Perciò ho detto a Di Maio di sforzarsi di più. Se poi vogliono fare il governo con il Pd, buona fortuna».
Nel caso si dovesse fare mattarellianamente un governissimo, la Lega però si troverebbe in difficoltà. E avrebbe il problema di stare dentro senza darlo troppo a vedere. Ma al momento, non è questa ipotesi in cima ai pensieri di Salvini. Ragiona su come mantenere le sue posizioni sulla Siria senza che queste diventino un detonatore all'interno della coalizione, a cui resta attaccato. «Vedo che l'esaltazione bellica in Italia e in Europa dei primi momenti, quando sono stati lanciati i missili, si è attenuata. E va bene. Quando si fanno le guerre, bisogna farle dentro le regole internazionali, con il permesso delle Nazioni Unite e con la ragione dalla propria parte. Si è sbagliato troppe volte, questa volta non si deve. Al di là delle differenze dei toni, e in parte dell'impostazione, ma nulla di davvero sconvolgente, nel centrodestra questi sono discorsi condivisi».
Domani sarà dunque una giornata cruciale. Da una parte tutto lo sforzo, ma Salvini assicura che non sarà un grande sforzo, per mostrare in Parlamento un centrodestra che sta superando al proprio interno la crisi siriana, e ciò potrebbe giovare nelle ore in cui il capo dello Stato deciderà a chi dare l'incarico o il pre-incarico. Resta aperta però la questione dell'incontro tra Matteo e Giggino. Ieri sono sembrati d'accordo nel non incontrasi. «Ma c'è sempre tempo per recuperare», sorride Salvini. Che non ha fatto il brindisi di prosecco con Di Maio. Il quale dice che «gli incontri si fanno a Roma» e voci leghiste parlano di un caffè in preparazione. Entrambi sperano che non sia avvelenato.
Berlusconi: la Lega non riuscirà a logorarmi il prossimo anno sarò io a vincere le elezioni
ROMA «Più mi attaccano e peggio è per loro». Ha indossato l'elmetto Berlusconi per difendersi dall'assalto di Di Maio. Ce l'ha con i 5Stelle. «Pretendono che non mi difenda ma io reagirò fino alla fine», continua a sostenere il Cavaliere. Nel suo mirino c'è però anche Salvini che a suo dire lo ha messo sullo stesso piano di Di Battista. «Se pensa si e' sfogato anche ieri - di logorarmi o di prendersi i parlamentari di Forza Italia si sbaglia di grosso».
CAVALIERE IN FORMA
L'ex premier è tornato dalla due giorni in Molise ancora più combattivo. Si dice addirittura pronto a ripresentarsi davanti agli italiani per una nuova campagna elettorale se ce ne sarà bisogno. Dopo il 4 marzo considerava l'ipotesi delle elezioni anticipate una sciagura, non solo per il Paese. Ora non più: «Sono ancora una macchina di voti. Se si va alle urne l'anno prossimo avrò la possibilità di ripresentarmi e di riprendermi il centrodestra», il suo grido di battaglia. Guarda alle Europee per la prossima rivincita. Convinto che prima di quell'appuntamento sia impossibile un nuovo ricorso ai cittadini e che intanto potrà recitare un ruolo centrale nella formazione del governo. «Senza di me Salvini non va da nessuna parte. Scelga tra l'alleanza con noi oppure con quella con M5S», è il suo refrain. Tuttavia il segretario del Carroccio non disponibile a chiudere i canali con Di Maio e né ad aprire un confronto con il Pd.
Tra i leader di FI e Lega è sempre più gelo quindi, ma il giovane Matteo ai suoi ha spiegato che non intende rompere con il suo alleato a meno che una parte di FI non strappi. Un'eventualità, quest'ultima, che però non è in campo tanto che Toti, elogiando il nuovo corso del Capitano, basato su «chiarezza di messaggio, capacità di individuare i problemi veri degli italiani e di coinvolgere e rinnovare la classe dirigente del suo partito», si dice inorridito da chi porta avanti una politica di veti. Inviando così un messaggio a quei parlamentari azzurri del Nord che guardano alla Lega.
In ogni caso il centrodestra affronta questa settimana decisiva per il governo sempre più diviso. «Forse Berlusconi dovrebbe spiegare perché si è alleato con persone che i mercati internazionali non vogliono al governo», afferma la Meloni che comunque considera necessaria l'unità della coalizione. L'attesa è legata alle mosse del presidente della Repubblica. Berlusconi ritiene che il pre-incarico a Salvini e a Di Maio possa comportare conseguenze per il nostro Paese a livello internazionale, ma allo stesso tempo far emergere l'impossibilità di un accordo tra i due. Non disdegna certo un possibile mandato esplorativo al presidente del Senato Casellati l'altra opzione sul tavolo del capo dello Stato ma teme che l'operazione si riveli «una trappola»: impossibile che la seconda carica dello Stato possa smuovere le acque.
La crisi siriana secondo il Cavaliere rende ancor più evidente la necessità di una soluzione di responsabilità. «Serve un governo autorevole», la sua tesi. Ovvero un esecutivo istituzionale a guida moderata che metta un freno a posizioni populiste. Da qui l'insistenza affinché FI non sia messa fuori dai giochi. «Chi oggi alza la voce contro inciuci o governissimi, deve cominciare a chiedersi che cosa è stato fatto fino a oggi per evitarli», afferma il deputato azzurro Napoli. Ma Salvini non ci sta. Il suo no «a governissimi e governoni» è netto.