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Data: 17/04/2018
Testata giornalistica: Il Centro
In Abruzzo la partita è ancora aperta di Camillo D'Alessandro (*)

Il dibattito ospitato dal Centro sul futuro del PD merita il rispetto di una riflessione franca che eviti enunciazioni generiche e sopratutto viziate dal gioco del distinguo che pure vedo albergare nelle speranze di chi vorrebbe tirarsi fuori da un risultato certamente negativo, in una sorta di autoassoluzione, anche da parte di alcuni che in questi anni hanno svolto ruoli e funzioni nel PD, rappresentando il partito, o addirittura di rappresentanza Istituzionale ai massimi vertici, ad esempio in Parlamento, o di collaborazione diretta con componenti del Governo nazionale. Piegare l'analisi del voto cercando ragioni locali o regionali, addirittura su nomi e cognomi, significa voler suonare sul Titanic, come se il crollo subito nel Paese, nel sud ed anche in Abruzzo, possa essere risolto nella semplificazione del dito puntato: concentrandoci sul dito si finisce per smarrire inevitabilmente la luna. Vale qui in Abruzzo, vale a Roma. Il punto non è fare finta che non sia accaduto nulla, peggio è fare finta che le soluzioni siano semplici, che basti un po' di tattica, qualche auto celebrazione del proprio punto di vista, il ritenersi altro pur essendone stato parte. Appare sconvolgente che lo sforzo di analisi di alcuni si concentri, a tratti, sulla circonferenza dell'ombelico, mentre qui ed ora si tratta di mettersi di fronte a domande finali, a come si colloca una forza politica europeista, della tradizione della sinistra democratica e di governo, che non ha fatto i conti, in Italia ed in Europa, con le contraddizioni di una società trasformata dalla lunga crisi, piombata nella rabbia, diffidente e dissacrante , dove sono saltati tutti i paradigmi precedenti, dove la contrapposizione tra lavoro e produzione, dunque tra tutele e produzione e distribuzione della ricchezza, è sostituita nella più ampia e divergente contrapposizione tra inclusi ed esclusi ed in questo profondo stravolgimento non c'è spazio nei confronti di qualunque cosa appaia o sia una minaccia alla propria condizione di vita, già precaria o a rischio precarietà. In Italia ed in Europa una parte consistente di cittadinanza non è diventata di colpo razzista, neanche egoista, molto più drammaticamente l'idea, la percezione della propria esclusione non consente l'inclusione dell'altro, qualunque cosa sia l'altro, immigrati o Europa, la reazione è la stessa, la chiusura. In Italia ed in Europa sono nate e si sono sviluppate terze forze che hanno reso instabile anche la granitica Germania, da molto tempo la Spagna, in modo assolutamente precario l'Inghilterra e non è un caso se stravince e si conferma maggioranza assoluta nelle recentissime elezioni ungheresi il partito sovranista di Viktor Orban. In Francia vince un europeista convinto, batte i nazionalisti, ma scompare la sinistra francese. Credo che i risultati in Italia vadano letti dentro questo contesto, fermo restando tutti i limiti ed errori commessi.Esclusi-inclusi, noi-altri, nuove coordinate cartesiane che hanno disegnato lo spazio all'interno del quale si sono formate forze di rottura che nel mettere in discussione le risposte delle famiglie politiche tradizionali hanno finito nel mettere in discussione ciò che rappresentavano, fino alle Istituzioni nazionali ed all'idea stessa della Europa nei vaneggiamenti usati ed abusati in Italia, salvo ripiegare dopo la campagna elettorale, ma realizzati altrove sull'uscita dall'Euro. Tutto ciò ha inevitabilmente diviso la società, le popolazioni, gli italiani, i nuovi paradigmi hanno introdotto la percezione del nemico da abbattere e le formazioni politiche che, come con una clava, negli anni hanno irresponsabilmente usato ed abusato argomenti dilanianti hanno finito per essere preferiti, rischiando a breve di rimanerne vittime.In questa ottica a nulla sono valsi i risultati di Governo, quello nazionale, tra i migliori nella storia recente e quello regionale, capace di cogliere obbiettivi da sempre attesi in Abruzzo. Non era quella la partita su cui decidevano gli italiani e gli abruzzesi, temo tra qualche mese gli europei. Queste sono tra l'altro le ragioni che rendono impossibile una alleanza di governo tra forze contrapposte sui fondamentali di democrazia, di Europa, di etica del confronto, perché si tratterebbe di "normalizzare" temi e contenuti, toni e argomentazioni che hanno minato nel fondamento la comunità democratica, introducendo una spirale pericolosa.Si è dunque votato per altro. Del resto gli stessi cittadini nel Lazio hanno votato in modo diverso, lo stesso giorno, nella stessa urna, da un lato destra e cinque stelle, dall'altro, alle regionali centrosinistra allargato al contributo prezioso delle liste civiche. L'elettore ha distinto, più di quanto faccia una parte di classe dirigente che oggi vuole trascinare in un tutto indistinto ciò che è in realtà totalmente diverso. Accadrà anche in Abruzzo, non per una sorta di automatismo, che non c'è, nella vittoria e nella sconfitta, ma semplicemente perché scattano altre valutazioni ed il lavoro fatto in questi anni tornerà utile, farà la differenza , mobiliterà impegno, varranno i nomi e cognomi, prevarrà la conoscenza, il reale al virtuale. Il lavoro della Giunta regionale al contrario va svelato fino in fondo ed i primi testimoni saranno i sindaci, non solo quelli del Pd, ma l'intera comunità degli amministratori locali che mai come in questa legislatura non sono stati lasciati soli.

(*) Deputato Pd

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